- L’indice del dollaro potrebbe rivisitare il range 114-114,75
- Una rottura sotto 1.660 dollari sembra vulnerabile per l’oro spot
- Immediato ribasso a 1.650-1.640 dollari potrebbe estendersi a 1.630 e 1.616 dollari
- Ma il range a breve termine ha resistenza a 1.710-1.730 dollari
La storia dell’oro si fa sempre più prevedibile.
Ogni aumento dei tassi della Federal Reserve è una scarica di adrenalina per i long del dollaro e dei rendimenti dei bond, ma mette KO quelli dell’oro. Poi, il metallo giallo vede un’insignificante ripresa del prezzo nelle tre settimane successive, in attesa di segnali di inflazione dall’indice sui prezzi al consumo (IPC). E poi si aspetta per tre settimane la Fed: è di nuovo il momento di vendere l’oro.
Questo ritornello “Sell, Buy, Sell” caratterizza i trade dell’oro da quando sono iniziati gli aumenti della Fed dell’era post-pandemica, a marzo.
Non appena si conclude il vertice del Federal Open Market Committee (FOMC), comincia l’incubo per i long dei lingotti: cosa succederà ai tassi al prossimo vertice? Saliranno di 75 o di 50 punti base? O, Dio non voglia, di 100 bps?
Grafici di SKCharting.com con i dati di Investing.com
L’ironia è che le decisioni del FOMC non stanno facendo quello che dovrebbero fare per l’oro, o almeno in teoria.
Considerato che l’oro è un rifugio dall’inflazione, gli aumenti dei tassi dovuti ai prezzi dovrebbero dare una bella spinta al prezzo del metallo.
E invece i long dell’oro soffrono ad ogni aumento dei tassi, con il dollaro che diventa sempre più il re degli asset post-pandemia, toccando i massimi di 20 anni più volte a settembre e diventando l’asset rifugio per eccellenza a spese dell’oro.
Tra un aumento della Fed ed un altro, si crea un divario di 100 dollari o più dai massimi ai minimi dell’oro. I compratori arrivano nel periodo di attesa prima del prossimo dato IPC. Ma raramente la ripresa supera i 50 dollari per volta, grazie alla volatilità creata non da ultimo dai discorsi dei policymaker della Fed, la cui unica missione sembra essere fare un buco nel mercato del lavoro e nella domanda dei consumatori abbastanza grande da far rallentare l’inflazione.
Ufficialmente, la Fed nega di volere una recessione. Ma le sue parole catapultano in orbita dollaro e rendimenti, facendo colare a picco l’oro.
E ciascuno di questi cicli sta portando l’oro sempre più vicino al supporto critico di 1.560 dollari, come mostrano i grafici.
L’ultima decisione del FOMC, di un rialzo di 75 punti per la terza volta di fila, risale al 21 settembre.
Il prossimo report IPC, relativo all’inflazione di settembre, arriverà dopodomani, il 13 ottobre.
La prossima decisione sui tassi della banca è prevista per il 2 novembre (quasi 3 settimane dopo) e ci si aspetta un altro aumento da 75 punti.
Con un mercato del lavoro USA teso e l’inflazione che fatica a scendere, i policymaker probabilmente andranno avanti imperterriti col piano di aumentare i costi di prestito ad un livello abbastanza restrittivo nei prossimi mesi, spiega l’esperto di strategie sull’oro Diego Colman.
L’indice IPC di settembre dovrebbe salire dello 0,2% su base mensile (mom) e dell’8,1% su base annua. L’indice IPC core dovrebbe registrare +0,5% mom, mentre il tasso annuo dovrebbe accelerare al 6,5% dal 6,3%.
Quindi, dove potrebbe andare l’oro, almeno tecnicamente, nelle prossime tre settimane?
Le migliori indicazioni arrivano dall’indice del dollaro, schizzato per la quarta seduta di fila ieri, toccando il massimo della seduta di 113,27.
Il rendimento dei titoli di stato decennali USA ha toccato il massimo di 10 giorni di poco più del 4,0%.
Sunil Kumar Dixit, a capo delle strategie tecniche di SKCharting.com, spiega:
“Con l’indice del dollaro che attira compratori a 110, arrivando a 113,45 negli ultimi cinque giorni, ci sono segnali che rivisiterà i livelli di 114 e 114,75”.
“Questa ripresa del dollaro sta inoltre facendo schizzare i rendimenti dei bond decennali”.
Dixit, che segue il prezzo spot dei lingotti, afferma che il trend a breve termine dell’oro è bearish, con sporadiche impennate bullish che potrebbero portare ad un retest della zona di resistenza di 1.673 e 1.686 dollari. Aggiunge:
“Una rottura sotto 1.660 dollari sembra vulnerabile, rendendo probabile che il ribasso immediato a 1.650-1.640 dollari si estenda a 1.630 e 1.616 dollari”.
“Il range a breve termine vede una resistenza a 1.710-1.730 dollari e un supporto a 1.616 dollari, controllato da una reazione al range medio di 1.660-1.670 dollari”.
Nota: Barani Krishnan utilizza una varietà di opinioni oltre alla sua per apportare diversità alla sua analisi di ogni mercato. Per neutralità, a volte presenta opinioni e variabili di mercato contrarie. Non ha una posizione su nessuna delle materie prime o asset di cui scrive.