L’attesissimo dato sull’indice sui prezzi al consumo USA di gennaio potrebbe significare cose diverse per i diversi mercati.
Una lettura annuale inferiore alla stima del 7,3% (ad esempio bassa come il 7,0% di dicembre) potrebbe ridurre le aspettative sui tassi di interesse, far crollare i rendimenti dei bond ora ai massimi di oltre due anni e placare i timori sui mercati azionari, facendo schizzare gli indici S&P 500 e Dow. Una lettura decisamente superiore, invece, potrebbe essere un’altra dose di criptonite per i titoli ad alta valutazione sul NASDAQ, già crollati di quasi il 10% sull’anno.
Dove si inserisce l’oro tra questi due estremi? Bella domanda.
Grafici gentilmente forniti da skcharting.com
L’oro è tradizionalmente considerato uno scudo dall’inflazione e dovrebbe schizzare quando le pressioni sui prezzi vanno fuori controllo, come nel caso di una lettura dell’indice IPC del 7,5% per gennaio.
Una settimana fa, mi ero chiesto: Oro: ancora di salvezza a 1.800 dollari ma sopravvivrà a dati su occupazione USA?
Sì, l’oro è sopravvissuto a quel report sull’occupazione, che ha mostrato un aumento di 467.000 posizioni per gennaio contro le appena 125.000 stimate dagli economisti.
La Fed ha una doppia missione: far crescere l’occupazione e tenere l’inflazione sotto controllo. Quindi la combinazione di un’alta crescita dell’occupazione, un’inflazione alta e di un’economia forte solitamente è la ricetta perfetta per tassi di interesse alti. E dei tassi di interesse alti sono ottimi per i rendimenti e per il dollaro, ma non per l’oro.
I mercati monetari si aspettano che la Fed alzi i tassi ben cinque volte tra i vertici mensili di marzo e novembre. L’incognita è la dimensione di questi aumenti. La scorsa settimana, le aspettative erano che la Fed avrebbe effettuato un aumento di 25 punti base a marzo.
Se la crescita dell’indice IPC di domani dovesse essere sbalorditiva, molto probabilmente rendimenti e dollaro andranno alle stelle, mentre l’oro crollerà di conseguenza. Il metallo giallo potrebbe impiegare un giorno o due a riasserire il suo ruolo di scudo dall’inflazione e solo allora potrebbe schizzare, anche se limitatamente.
Perché?
Perché un indice IPC forte potrebbe convincere la Fed ad effettuare un aumento di 50 punti base a marzo.
L’oro è riuscito a restare al livello rialzista chiave dei 1.800 dollari per la maggior parte delle ultime cinque settimane. Anche nel ribasso, è arrivato solo a 1.778,80 dollari.
Un motivo è rappresentato dalle tensioni geopolitiche associate al conflitto Russia-Ucraina, dicono alcuni analisti.
Negli scambi di ieri sul COMEX a New York, il contratto dei future dell’oro più attivo, quello di aprile, si è attestato a 1827,9 dollari l’oncia.
Il picco del giorno è stato 1.830,15 dollari, interessante perché si tratta di un punto “molto sicuro” tecnicamente, appena al di sotto dei livelli di resistenza superiori del metallo giallo, fa notare Sunil Kumar Dixit, a capo delle strategie tecniche di skcharting.com.
“La ripresa dell’oro mostra che è tornato alla grande e che ora si trova sopra i livelli di Fibonacci del 50% e del 61,8% di 1.817 e 1.825 dollari rispettivamente, del ritracciamento da 73 dollari dal livello di 1.853-1.780 dollari”, spiega Dixit.
I livelli di Fibonacci del 50% e del 61,8% sono già considerati posizioni tecniche di forza che potrebbero portare ad ulteriori massimi (76,4% a 1836 in questo caso) e ritestare l’apice di 1.853 dollari di quest’anno, aggiunge.
“Se l’attuale slancio rialzista otterrà abbastanza supporto, l’oro probabilmente testerà i 1.860 dollari, ossia la prossima resistenza critica, e potrebbe arrivare ancora più su, raggiungendo i 1.877 dollari”, continua.
“Al contrario, se non dovesse riuscire a restare sopra i 1.817 dollari potrebbe innescarsi molto rapidamente un calo a 1.808-1797 dollari. L’oro ha urgentemente bisogno di un fattore decisivo che lo porti ad infrangere i 1.830-1.835 dollari, senza del quale gli orsi sbraneranno di nuovo i tori”.
E per quanto riguarda le aspettative sull’indice IPC, secondo Dixit una lettura annuale marginalmente superiore è stata già messa in conto dai long sull’oro per gennaio, il che significa che la crescita prevista del 7,3% potrebbe in realtà essere un bene per il metallo prezioso.
“Un’inflazione considerevolmente più alta con elevati timori per la situazione Russia-Ucraina potrebbe innescare un’ulteriore mossa rialzista verso 1.853-1.877 dollari, forse non subito ma alla fine succederà. Altrimenti, potrebbe essere un fiasco”.
Nota: Barani Krishnan utilizza una varietà di opinioni oltre alla sua per apportare diversità alla sua analisi di ogni mercato. Per neutralità, a volte presenta opinioni e variabili di mercato contrarie. Non ha una posizione su nessuna delle materie prime o asset di cui scrive.