L’indice manifatturiero della Fed di Philadelphia non ha compiuto la marcata correzione che molti analisti avevano previsto dopo i solidi dati di novembre. L’indice ha fatto invece segnare un nuovo massimo dallo scoppio della crisi finanziaria.
L’indice sulla fiducia delle imprese è schizzato a 43,3 rispetto ai 18 previsti.
La componente dell’indice riferita all’occupazione è risultata più debole di quanto ci si potesse aspettare sulla base del risultato complessivo, soprattutto l’occupazione manifatturiera a livello regionale. Il tono generale del mercato occupazionale rimane però solido.
Il rapporto di oggi rafforza la nostra previsione di un miglioramento modesto della salute dell’economia USA. Continuiamo a prevedere due rialzi di 25 punti base a partire da giugno, anche se non escludiamo un rialzo proattivo a marzo (il mercato dei Fed Fund sconta una probabilità del 30%).
Anche le forti aspettative di crescita sostengono un aumento dei corsi azionari USA, sebbene il rapporto prezzo/utili superi la media storica.
I tassi d’interesse più bassi e la volatilità globale, oltre alle stime più elevate sugli utili per azione (EPS) e i dati fondamentali, suggeriscono che nuovi massimi sono giustificati.
Affinché il rally continui, Trump deve però fare la riforma fiscale promessa e questo punto ci preoccupa.
Come abbiamo detto ieri, Trump non ci ha ancora convinti come statista di successo e sembra ancora solo uno spaccone, e ciò lascia presagire che metterà in discussione tutte le politiche (anche quelle per cui vi è un sostegno bipartisan).
Le nostre aspettative su un rally sostenuto dell’USD sono basse e vediamo nell’acquisto di USD un’opportunità per ricaricare i corti in USD (soprattutto in valute selezionate dei mercati emergenti).