Lo yen ha continuato a rafforzarsi contro l’USD dopo le cifre sul PIL superiori alle attese. Nell’ultimo trimestre dello scorso anno, l’economia giapponese si è contratta del -0,3% t/t, meno della previsione media e della prima stima pari al -0,4%.
Nonostante questa notizia relativamente positiva, le prospettive economiche del Giappone non appaiono incoraggianti: i consumi privati non mostrano segnali di ripresa, le esportazioni sono scivolate dello 0,8% e le importazioni sono precipitate dell’1,4%.
Nel complesso, la mancanza di dinamismo dell’economia giapponese getta un’ombra sulle prospettive d’inflazione, e ciò fa aumentare le probabilità di un altro intervento di allentamento dalla BoJ. La coppia USD/JPY al momento tratta intorno a 113, in calo dello 0,45% rispetto alla quotazione di apertura a Tokyo. In un’ottica di medio termine, la coppia continua a muoversi lateralmente, fra 112,16 e 114,87.
Oltre ai dati giapponesi, è stata la pubblicazione delle cifre commerciali cinesi a guidare i mercati finanziari globali.
A febbraio le esportazioni sono calate di un sorprendente 20,6% a/a (in yuan), deludendo il -11,7% atteso e in calo rispetto al -6,6% del rilevamento precedente; le importazioni sono diminuite dell’8,0% a/a, a fronte del -11,7% previsto e del -14,4% di gennaio.
A pochi giorni dall’annuncio del Congresso Nazionale del Popolo, secondo il quale la nuova fascia obiettivo per il PIL va dal 6,5% al 7%, il massiccio calo delle esportazioni e la debolezza delle importazioni sollevano interrogativi sulla capacità del paese di raggiungere il nuovo obiettivo.
Di conseguenza, gli operatori hanno perso fiducia nell’attuale rimbalzo e hanno liquidato gli asset più rischiosi a favore dei rifugi sicuri. L’Oro ha guadagnato lo 0,45%, salendo a 1.273 dollari all’oncia, invece i prezzi delle altre materie prime hanno perso terreno. Il Rame ha ceduto più dell’1%, il Palladio l’1,15%, il Petrolio Greggio West Texas Intermediate è precipitato dello 0,95% a 37,54 USD al barile.
Sul mercato dei cambi, il franco svizzero e lo yen giapponese hanno guadagnato terreno perché è tornata in primo piano l’avversione al rischio. L’USD/CHF ha ceduto quasi l’1% dal massimo di lunedì, in calo a 0,9915 da 1,0012. Al rialzo si osserva una resistenza a 1,0038 (massimo 29 febbraio), al ribasso un supporto giace a 0,9847 (minimo 16 febbraio).
Nel complesso, l’approccio attendista del mercato in vista della riunione della BCE probabilmente impedirà grosse oscillazioni sul forex, anche se continuerà a favorire valute ritenute rifugi sicuri come il franco svizzero. Dopo aver guadagnato l’1,20% la settimana scorsa, l’EUR/CHF è riuscito a consolidarsi leggermente sotto la soglia a 1,10, perché il temuto intervento della BNS fa rimanere defilati i venditori allo scoperto. Tuttavia, poiché ci avviciniamo alla riunione della BCE, il rischio rimane inclinato nettamente al ribasso per la coppia.
Sulle borse, i future sui listini europei sono tutti negativi, sulla falsariga delle piazze asiatiche. Il Footsie è in calo dello 0,71%, il DAX dello 0,63%, l’SMI svizzero dello 0,62%. Anche i future sui listini USA sono negativi, l’S&P ha ceduto lo 0,53% e il Nasdaq lo 0,64%.
Oggi gli operatori monitoreranno il tasso di disoccupazione in Svizzera; la produzione industriale in Germania, Turchia e Spagna; la bilancia delle partite correnti in Sudafrica; l’IPC in Svizzera; il PIL dell’Eurozona; i nuovi cantieri residenziali e i permessi di costruzione in Canada.