Standard & Poor’s ha declassato il rating del credito britannico da AAA ad AA, con outlook negativo.
La decisione non ha sorpreso, era, infatti, ampiamente attesa dai partecipanti al mercato, soprattutto dopo che, venerdì, Moody’s aveva rivisto negativamente le prospettive sul credito del Regno Unito.
Di solito, un rating più basso implica costi di finanziamento più elevati. Ironicamente, non è ciò a cui stiamo assistendo sul mercato, infatti i rendimenti dei titoli del Regno Unito sono scesi marcatamente dopo il voto sulla Brexit.
I rendimenti dei titoli a due anni sono calati allo 0,15%, una flessione di 37 punti base, quelli dei decennali sono in calo di 44 punti base, allo 0,935%.
Gli investitori non vogliono tenere asset rischiosi in fasi di mercato turbolente e preferiscono acquistare bond e, poiché il prezzo dei bond è legato inversamente al tasso d’interesse, i tassi sono in calo.
Il declassamento del rating del Regno Unito non ha avuto conseguenze sulla coppia GBP/USD, perché la mossa era già prevista.
Inoltre, il giudizio AA rimane un ottimo livello di investimento nella situazione complessiva.
Dopo aver toccato il minimo da 31 anni lunedì, durante la seduta asiatica la sterlina si è ripresa leggermente, tornando a 1,3380, in rialzo dello 0,48%.
L’inversione di rischio delta 25 a una settimana per la coppia GBP/USD lunedì ha continuato a salire, raggiungendo il -3,27% rispetto al livello, pari quasi al -14%, toccato giovedì scorso.
Tuttavia, la cifra rimane molto sotto la soglia neutrale, il che suggerisce che gli investitori non escludono un ulteriore indebolimento della sterlina.
Ieri, negli USA, i PMI di Markit hanno fornito un quadro contrastato dell’economia USA. L’indice sui servizi di giugno ha deluso le previsioni medie, attestandosi a 51,3 punti rispetto ai 52 previsti, rimanendo comunque stabile rispetto al dato precedente, il PMI composito è salito invece a 51,2 punti dai 50,9 di maggio. L’indice sull’attività manifatturiera della Fed di Dallas si è attestato a -18,3 punti a giugno, in rialzo rispetto ai -20,8 di maggio, ma mancando la previsione pari a -15.
Nel complesso, l’ultima serie di dati economici suggerisce che la maggiore economia mondiale sta facendo fatica a ingranare.
E, poiché crescono le incertezze sulla scia della Brexit, il biglietto verde sarà probabilmente oggetto di solide pressioni all’acquisto, perché gli investitori si riparano dalle turbolenze delle Brexit, che di certo non aiuteranno l’economia USA ad accelerare. Martedì l’EUR/USD si è ripreso a Tokyo, raggiungendo quota 1,1075, in rialzo dello 0,30% durante la seduta.
Stanotte le valute legate alle materie prime si sono riprese con forza: NZD, AUD e NOK si sono apprezzate rispettivamente dell’1,03%, dello 0,93% e dello 0,62% contro l’USD. Il solido recupero dei prezzi del greggio ha contribuito a dare una spinta al complesso delle divise legate alle materie prime.
I future sul Petrolio Greggio West Texas Intermediate sono saliti dell’1,47%, quelli sul Brent dell’1,25%. Anche il Gas naturale si è apprezzato dello 0,81%, il Rame ha guadagnato più del 2%.
La coppia NZD/USD ha stornato tutti i guadagni di ieri, tornando a 0,7075.
Se ci fosse un ulteriore miglioramento della propensione al rischio, la coppia continuerebbe a rafforzarsi. La prossima resistenza si osserva a 0,7159 (massimo 24 giugno).