Scommettere sulle conseguenze dei disastri naturali fa parte della vita dei trader delle materie prime. Ancor più spiacevole è però pregare per le peggiori conseguenze possibili, soprattutto se lo richiede la posizione.
Ancora prima che cominci la stagione degli uragani atlantici quest’anno, i tori del petrolio hanno scommesso che ci sarà una carneficina come l’anno scorso, o forse peggio, che colpirà gravemente la produzione e le operazioni nel Golfo del Messico, facendo schizzare i prezzi degli energetici.
Ma se la stagione degli uragani si rivelasse meno peggio del previsto? Per cosa pregheranno i long del petrolio?
Ecco una scommessa sicura: enormi esportazioni di greggio e benzina USA.
Quando mercoledì è arrivato il report settimanale sulle scorte petrolifere della US Energy Information Administration (EIA), sono emerse due sconvolgenti rivelazioni.
L’EIA ha riportato che le esportazioni di greggio hanno toccato un minimo di sette mesi la scorsa settimana, scendendo all’incredibile minimo di 2,11 milioni di barili al giorno, livello che non si vedeva dagli 1,96 milioni di barili spediti nella settimana terminata il 7 gennaio.
Le esportazioni di benzina sono invece schizzate a 1,13 milioni di barili al giorno la scorsa settimana, il massimo dal dicembre 2018.
In un periodo di dati sulla domanda petrolifera non omogenei negli Stati Uniti, queste esportazioni possono essere decisive per il mercato.
John Kilduff, socio dell’hedge fund di energetici Again Capital a New York, afferma:
“I disastri naturali devono avvenire in modo naturale e, se non lo fanno, bisogna proteggere la propria scommessa in un altro modo. Il verdetto sulla stagione degli uragani finora è stato: “bazzecole””.
Uno dei motivi per l’aumento delle esportazioni di petrolio USA è la differenza di prezzo tra il West Texas Intermediate newyorkese ed il londinese Brent, con il riferimento USA che solitamente è inferiore di 5 dollari al barile.
Un fattore citato dai tori del petrolio è la valanga di petrolio che arriverà sul mercato per l’utilizzo, da parte del governo Biden, delle riserve strategiche (SPR).
A parte questo elemento, la produzione statunitense stessa sta salendo, e anche di parecchio.
La produzione petrolifera nel Permiano in Texas e in New Mexico, il maggiore bacino di petrolio da scisto negli USA, dovrebbe aumentare di 78.000 barili al giorno al livello record di 5,445 milioni di bpd ad agosto, ha reso noto l’EIA nel suo report sulla produttività del 18 luglio.
L’EIA ha dichiarato che i produttori hanno trivellato 938 pozzi, il massimo dal marzo 2020, e ne hanno completati 964, il massimo dall’ottobre 2021, nei più grandi bacini di scisto a giugno.
Il totale dei pozzi trivellati ma non completati (DUC) scende quindi di 26 a 4.245 unità, il minimo almeno dal dicembre 2013, secondo i dati EIA. Il numero di DUC disponibili scende da 24 mesi di fila.
Ma non sono solo le scorte USA a salire. Nell’ultimo mese è arrivata una pioggia di petrolio sul mercato internazionale.
La produzione OPEC a luglio è salita al massimo dall’aprile 2020, in base ad un sondaggio di Reuters, con il gruppo che ha allentato ulteriormente i tagli alla produzione previsti dal patto con i suoi alleati, e l’Arabia Saudita che ha eliminato gradualmente un taglio volontario delle scorte.
L’Organizzazione dei Paesi Esportatori di petrolio ha estratto 26,72 milioni di barili al giorno (bpd), in salita dai 610.000 bpd della stima rivista di giugno, secondo quanto emerge dal sondaggio. La produzione è salita ogni mese dal giugno 2020, tranne a febbraio.
Le scorte di greggio stanno schizzando, così come le scorte di benzina negli Stati Uniti. E questo probabilmente spiega l’aumento delle esportazioni di benzina USA della scorsa settimana.
La domanda nazionale di benzina è stata irregolare negli USA nelle ultime settimane.
Sebbene il prezzo medio alla pompa di benzina sia sceso a 3,99 dollari al gallone ieri, sotto i 4 dollari per la prima volta da mesi, il greggio USA potrebbe tornare a 100 dollari al barile dopo il selloff della scorsa settimana che lo aveva portato sotto i 90 dollari.
Un rialzo del prezzo del greggio avrebbe ripercussioni sul prezzo alla pompa, pesando nuovamente sulla domanda, soprattutto con il picco della domanda estiva che sta per concludersi. Dunque, i tori del petrolio farebbero meglio a contare sulle esportazioni di benzina piuttosto che sulle vendite alla pompa.
E la stagione degli uragani?
Beh, una perturbazione tropicale, chiamata Invest 97L, sta attraversando l’Atlantico questa settimana. Ma ci sono poche probabilità che si trasformi in una tempesta vera e propria, secondo yaleclimateconnections.org.
L’uragano Ida l’anno scorso a settembre aveva comportato lo stop di oltre il 25% della produzione di gas naturale e di quasi il 17% della produzione petrolifera negli Stati Uniti.
Gelber & Associates spiega che, se si dovesse sviluppare un uragano nel Golfo del Messico e minacciasse le operazioni delle strutture energetiche della zona, potrebbe avere un forte impatto sulla produzione. Ma aggiunge:
“In questo momento, non c’è niente che possa essere considerato preoccupante”.
Nota: Barani Krishnan utilizza una varietà di opinioni oltre alla sua per apportare diversità alla sua analisi di ogni mercato. Per neutralità, a volte presenta opinioni e variabili di mercato contrarie. Non ha una posizione su nessuna delle materie prime o asset di cui scrive.