Al penultimo giorno di contrattazione dell’anno i listini finanziari continuano ad essere esclusivamente condizionati dal fronte cinese. Come già discusso nei recenti giorni, dopo aver brindato alla tanto richiesta apertura sulla politica intransigente di Pechino dello Zero Covid, ora gli investitori mostrano invece preoccupazioni. Martedì queste erano vestite sotto forma di pressioni inflazionistiche mentre ieri la maschera è stata sostituita con le preoccupazioni sul contagio.
Roma che diventa notizia persino a Wall Street, come se essa fosse effettivamente tale, imponendo il tampone obbligatorio a chi arriva dal Paese dove sono esplosi i contagi (Cina in primis). A Malpensa i dati riportano come il 50% dei passeggeri in arrivo dalla Cina risulti positivo. Anche gli Stati Uniti hanno annunciato che richiederanno ai passeggeri aerei provenienti dalla Cina di presentare un test negativo per il virus. Casi sì in aumento ma non tali da generare crisi e con nuove varianti che sì prendono piede, ma ancora all’interno della famiglia dell’Omicron.
Ritorna pertanto di scena il rischio recessione, come mostra sia la curva dei rendimenti che quella del petrolio, entrambe che nuovamente virano al ribasso.
Con il calo dei prezzi energetici, il rafforzamento del dollaro US e con il rialzo dei rendimenti americani a 10 anni, ora scambiati a 3,854% (+10% nelle ultime due settimane) i listini americani registrano una nuova correzione. Ovviamente si deve tener conto della possibilità di un ridimensionamento del portafoglio, ma con ieri fanno 65 le sedute di correzioni per lo SPY superiori all’1% da inizio anno, valori a cui non si assisteva dal 2008.
Intanto anche il Nasdaq 100 registra da inizio mese un pesante -11,23%, con quello che rischia di essere il suo peggior mese di dicembre alle spalle del 2002 (-11,8%).
Performance decisamente negativa anche per i mercati emergenti, alle prese con i cali cinesi, gli effetti negativi dell’apprezzamento del dollaro, dei rialzi dei tassi d’interesse e di una minore propensione al rischio. L’ETF EEM registra la peggiore performance annua dal 2008.
Rally di Santa Claus che per il momento si tinge di rosso, con lo S&P 500 a -0,84 e Nasdaq 100 a -2,79% e che pone preoccupazioni sui possibili effetti futuri. Osservando i dati americani ben 15 volte negli ultimi 22 anni (68%) il segno di chiusura del rally è stato uguale a quello di fine anno, mentre in Italia il valore si assesta a 14 volte (64%).
Gabriel Debach
eToro Italian Market Analyst
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