di Massimiliano Di Giorgio
ROMA (Reuters) - Il discorso con cui giovedì scorso il premier Matteo Renzi ha candidato Sergio Mattarella al Quirinale ha tratteggiato in poche battute il ritratto di un "padre" moderno della Repubblica: uno con "la schiena dritta" capace di dire "no" anche ai suoi, nemico della mafia, garante della Costituzione, difensore della centralità del Parlamento, autore della legge (parzialmente) uninominale e maggioritaria, paladino del cosiddetto "interventismo umanitario" nei Balcani.
Ma Mattarella, 74 anni, figlio e fratello di democristiani illustri, personalità sobria, è stato anche un avversario di Silvio Berlusconi ancor prima di diventare un sostenitore di Romano Prodi, e un fondatore del Partito Democratico.
Il suo impegno inizia ai tempi dell'università, nell'associazionismo cattolico nel quale ha sempre militato nell'area della Lega democratica di Pietro Scoppola e Achille Ardigò.
Mattarella entra però in Parlamento solo dopo l'uccisione da parte della Mafia del fratello Piersanti - presidente della Regione Sicilia - nel 1983, nelle fila della Dc. Quattro anni dopo diventa ministro per la prima volta, ai Rapporti col Parlamento, sotto il giovane premier Giovanni Goria. Nel frattempo, a Palermo, ha sostenuto la giunta di rinnovamento di Leoluca Orlando, combattendo contro la corrente di Giulio Andreotti, già avversaria del fratello.
Proprio con un governo presieduto da Andreotti, nel 1989 diventa ministro della Pubblica istruzione. Ma nel 1990 si dimette ("Uno dei pochi democristiani che hanno avuto il coraggio di dimettersi", ha detto oggi Renzi): succede quando il governo pone la fiducia sulla cosiddetta legge Mammì, che rivoluziona il sistema radio-tv legittimando la posizione del gruppo media di Berlusconi, all'epoca vicino al Psi.
E' Mattarella a scrivere la nuova legge elettorale, dopo il referendum pro-maggioritario del 1993. Ne esce il "Mattarellum", un sistema uninominale maggioritario con una correzione proporzionale al 25%. Nel 1994, al primo voto dopo la riforma, è la coalizione guidata da Berlusconi a vincere, mentre il Partito popolare (di cui Mattarella è stato un promotore, dopo il crollo della Dc per Tangentopoli) e il Pds finiscono all'opposizione.
Nel 1995 Mattarella è tra i sostenitori di Romano Prodi e poi dell'Ulivo. Torna al governo nel 1998, quando l'ex comunista Massimo D'Alema arriva a palazzo Chigi dopo una faida interna nel centrosinistra. Resta ministro della Difesa con D'Alema e Giuliano Amato, quando l'Italia partecipa alla missione Nato contro la Serbia e il governo vara l'abolizione della leva obbligatoria (poi però attuata dal centrodestra).
Nel 2001, col Ppi, entra nella Margherita. Nel 2006 è parlamentare dell'Ulivo. Nel 2007 firma il manifesto del nascente Pd, ma con lo scioglimento anticipato del Parlamento, per la crisi del secondo governo Prodi, non si ricandida.
Docente di Diritto parlamentare, nel 2009 guida il consiglio di presidenza della giustizia amministrativa. Dal 2011, anche grazie ai voti del centrodestra, è eletto giudice costituzionale.
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