LONDRA (Reuters) - Un'inchiesta britannica ha concluso che la scelta dell'ex premier Tony Blair e del suo governo di unirsi agli Usa nell'invasione dell'Iraq venne presa senza sufficienti basi legali e senza un'appropriata pianificazione.
L'atteso rapporto della commissione d'inchiesta non si è spinto fino a definire illegale l'azione militare.
"Abbiamo concluso che le circostanze, secondo le quali fu presa la decisione che c'erano le condizioni legali per un'azione militare, erano lontane dall'essere soddisfacenti", ha detto il presidente della commissione John Chilcot.
Dall'inchiesta, durata sette anni, emerge che otto mesi prima dell'invasione dell'Iraq nel 2003 Blair aveva detto al presidente Usa George W. Bush "Io sarò con te, comunque" e che l'allora premier britannico si basò su informazioni viziate per andare in guerra.
Blair si è assunto la piena responsabilità della scelta e ha sottolineato che venne presa "in buona fede". E' ancora convinto che fosse meglio cacciare il dittatore Saddam Hussein e ha detto di non vedere legami causali con il terrorismo di oggi in Medio Oriente o altrove.
Secondo l'ex premier laburista, poi, il rapporto dovrebbe scagionarlo dalle accuse di aver mentito portate avanti dai familiari di alcuni dei 179 soldati britannici uccisi nel conflitto.
"Che le persone concordino o meno con la mia decisione di agire militarmente contro Saddam Hussein, l'ho presa in buona fede e in nome di quello che credevo fosse il miglior interesse del Paese", ha dichiarato.
Secondo le conclusioni dell'inchiesta, non c'era una immediata minaccia da parte di Saddam ai tempi dell'invasione nel marzo del 2003 e la scelta militare venne presa senza prima esplorare altre vie. Il caos che ne è seguito in Iraq e nell'intera regione doveva poi essere previsto.
Chilcot ha sottolineato anche che il governo Blair presentò la minaccia delle armi di distruzioni di massa, che nel corso della guerra in Iraq non furono poi trovate, con una "certezza ingiustificata".
Il rapporto accusa infine l'ex primo ministro di aver minato con il suo comportamento l'autorevolezza del Consiglio di sicurezza dell'Onu.