di Elvira Pollina e Valentina Consiglio
MILANO/ROMA (Reuters) - La crescita dell'economia italiana nel primo trimestre è stata trainata in prima battuta dalla ricostituzione delle scorte e dai consumi delle famiglie, mentre gli investimenti hanno dato un contributo negativo e l'export mostra segnali di frenata.
É il quadro che emerge dallo spaccato del Pil del primo trimestre, diffuso oggi insieme ai dati definitivi da Istat, che hanno confermato tra gennaio e marzo un'espansione congiunturale di 0,3% e tendenziale di 1,4% da +0,4% (rivisto al rialzo di decimo di punto) e +1,6% del primo trimestre.
Al netto delle scorte, la domanda nazionale ha dato un contributo nullo alla crescita trimestrale, per effetto dell'apporto positivo della spesa delle famiglie (+0,3 punti), in un contesto di ripresa in cui prosegue la creazione di posti di lavoro, anche se prevalentemnte a tempo determinato, mentre gli investimenti hanno rappresentato un freno (-0,2 punti). Nullo il contributo della spesa della pubblica amministrazione.
Il segnale poco confortante degli investimenti è interpretato da Nicola Nobile, economista di Oxford Economics, come rientro dal balzo visto nella seconda parte del 2017, quando l'incertezza sulla proroga degli incentivi su Industria 4.0 aveva spinto le imprese ad approfittarne.
D'altra parte, la fase di instabilità politica apertasi con il voto del 4 marzo, e conclusasi ieri con un accordo di governo in extremis tra Lega e Movimento Cinque Stelle, che ha evitato un ritorno alle urne in autunno, o addirittura prima dell'estate con i mercati finanziari in fibrillazione, potrebbe aver lasciato qualche strascico.
Anche perchè bisognerà capire come il nuovo ministro dell'Economia Giovanni Tria combinerà le costose misure di politica economica contenute nel programma del nuovo governo (reddito di cittadinanza, flat tax, revisione della riforma delle pensioni), con la tenuta dei conti pubblici e il contenimento del debito, per i quali l'Italia resta un'osservata speciale sui mercati e a Bruxelles.
Tornando ai numeri odierni, il contributo più consistente all'espansione del Pil arrivato dalle scorte (+0,7 punti), che evidentemente le imprese sono tornate ad accumulare dopo due trimestri consecutivi di smaltimento. "L'accumulo di stava, dopo la riduzione recente grazie al buon livello di ordini di fine 2017", dice Loredana Federico, economista di UniCredit (MI:CRDI).
E, tuttavia, se si abbina questa variabile al rallentamento del canale export (-2,1% su trimestre), tratto comune anche alle altri grandi economie europee e su cui nel prosieguo dell'anno potrebbero pensare le tensioni sul commercio internazionale, dopo l'estensione all'Unione europea dei dazi Usa su acciaio e alluminio, si intuisce come sulle prospettive di crescita nel 2018 gli elementi d'incertezza non manchino.
"Sembra che il meglio sia alle spalle, e il secondo trimestre potrebbe essere più soft", avverte Paolo Pizzoli, economista di Ing, che per quest'anno conferma una previsione di crescita del Pil di 1,3%, con qualche rischio verso il basso, dopo 1,5% segnato nel 2017. Per l'intero 2018 Istat prevede una crescita di 1,4%, mentre la stima contenuta nel quadro programmatico lasciato in eredità dal governo uscente incorpora un'espansione di 1,5%.