MILANO (Reuters) - La seconda sezione della Corte d'Appello di Milano ha condannato gli ex AD di Finmeccanica (MI:SIFI) e AgustaWestland, Giuseppe Orsi e Bruno Spagnolini, per le imputazioni di corruzione internazionale e false fatture al termine del processo di secondo grado sulle presunte tangenti per l'appalto da 560 milioni per 12 elicotteri all'India nel 2010.
La sentenza, letta dopo oltre sette ore di camera di consiglio dal presidente del collegio Marco Maria Maiga, ribalta l'assoluzione disposta in primo grado per la corruzione e stabilisce per Orsi una condanna di 4 anni e 6 mesi, per Spagnolini di 4 anni. Per i due, inoltre, è stata disposta una confisca complessiva di 7,5 milioni di euro. Oltre a 300.000 euro di provvisionale da versare alla parte civile Agenzia delle Entrate.
In particolare, dal dispositivo della sentenza si evince che, contrariamente al capo di imputazione originario, i giudici d'appello hanno ritenuto di configurare la corruzione per atto conforme ai doveri d'ufficio e non quella per atto contrario.
Per quel che riguarda l'imputazione di false fatture i giudici di secondo grado hanno confermato la sentenza del Tribunale.
DIFESA: "SENTENZA NULLA"
L'avvocato Ennio Amodio, difensore di Orsi, ha detto che entrambi gli imputati faranno ricorso in Cassazione. "Questo reato non può sussistere e verrà travolto dalla corte di Cassazione", ha detto. "Questa condanna è assolutamente inspegabile perché l'orientamento giurisprudenziale nella corruzione internazionale esclude l'ipotesi di questa corruzione 'impropria'".
A Orsi, che insieme a Spagnolini e alle rispettive consorti ha lasciato l'aula senza rilasciare dichiarazioni, la Corte d'Appello ha revocato la condizionale, revoca che verrà eventualmente applicata solo dopo la pronuncia della Cassazione, quando la sentenza diverrà definitiva.
Amodio, insieme alla collega Novella Galantini, ha spiegato poi di ritenere che questa sentenza possa essere ritenuta nulla dalla Cassazione. "E' nulla per due motivi: perché c'è una sentenza della Corte Europea, recepita dai paesi membri, che sancisce che una sentenza di asssoluzione in primo grado non si può ribaltare in secondo grado se non vengono ripetute anche in appello le dichiarazioni dei test d'accusa; e perché la condanna è stata disposta con un mutamento del capo di imputazione senza che il nuovo reato venisse contestato alle parti".
In primo grado il Tribunale di Busto Arsizio il 9 ottobre 2014 aveva assolto entrambi gli imputati dall'imputazione di corruzione internazionale "perché il fatto non sussiste" e li aveva condannati a due anni di reclusione per false fatture.
La procura generale il 24 marzo aveva chiesto la condanna a sei anni di reclusione per Orsi e a cinque per Spagnolini, oltre alla confisca per entrambi gli imputati di 7,5 milioni di euro. La parte civile Agenzia delle Entrate aveva chiesto inoltre un risarcimento di 8,35 milioni di euro.
Le difese la settimana scorsa avevano sollecitato la conferma dell'assoluzione in primo grado dalla corruzione internazionale e la riforma della condanna per false fatture in "assoluzione perché il fatto non costituisce reato".
Il caso degli elicotteri mise in forte imbarazzo il governo indiano dell'epoca che nel 2014 sospese l'esecuzione del contratto, escusse fidejussioni per circa 225 milioni e si tenne i primi tre elicotteri, che valgono circa 37 milioni di euro l'uno. Al momento, la fornitura risulta ancora sospesa, mentre è in corso un arbitrato sulla stessa sospensione del contratto.
LE TESI DI ACCUSA E DIFESA
Secondo l'accusa una parte delle presunte tangenti sarebbero state originate da contratti di consulenza al gruppo dell'italoamericano residente in Svizzera Guido Ralph Haschke, uscito dalla vicenda con un patteggiamento a un anno e 10 mesi per corruzione internazionale. Il gruppo comprende anche lo svizzero Carlo Gerosa e i tre fratelli Tiagy, imprenditori indiani. Haschke, grazie al collegamento con Sashi Tiagy, cugino dei suoi soci, all'epoca capo di stato maggiore dell'aeronautica indiana e presunto destinatario delle mazzette, avrebbe garantito il buon esito della gara d'appalto. Un'altra parte della presunta tangente, sempre secondo l'accusa, sarebbe arrivata da altri contratti AgustaWestland col consulente britannico Christian Michel.
Altrettanto sinteticamente, le difese hanno sostenuto l'assenza di prove sia di un accordo corruttivo, sia dell'atto contrario ai doveri d'ufficio di pubblici ufficiali indiani, sia delle sovraffatturazioni ai consulenti. Per le difese prima di tutto Haschke avrebbe esagerato il suo ruolo per poter accreditarsi presso Finmeccanica e ottenere così dei lavori, il maresciallo Tiagy non sarebbe stato nella posizione di influenzare alcunché, visto che le decisioni sulle caratteristiche della gara vennero assunte da altri organi, ogni consulenza era giustificata e ogni pagamento rendicontato a fronte di un lavoro effettivamente svolto.
PATTEGGIAMENTI E PROCEDIMENTO ANCORA IN CORSO IN INDIA
Nella vicenda sono state disposte una serie di archiviazioni, prima fra tutte quella della capogruppo Finmeccanica come persona giuridica. Oltre a quello di Haschke, ci sono stati poi i patteggiamenti di AgustaWestland Ltd (che ha visto al confisca di 7,5 milioni di euro come "prezzo del reato presupposto di corruzione") e AgustaWestland spa.
In procura a Busto Arsizio sono ancora in sospeso le posizioni di Michel, dell'avvocato indiano Gautam Khaitan e di Gerosa, il cui fascicolo sarà trasmesso in Svizzera.
In India invece è ancora in corso l'inchiesta su riciclaggio e corruzione che vede fra gli indagati anche alcuni dei protagonisti del procedimento italiano. Fra questi anche Michel, destinatario di un'ordinanza d'arresto internazionale emessa da Nuova Delhi, contro la quale ha fatto ricorso all'Interpol citando anche di essere vittima di una "vendetta politica" da parte del nuovo governo indiano.
Proprio due giorni fa, infine, la procura di Busto Arsizio ha notificato a Orsi e Spagnolini l'atto di chiusura indagini di un procedimento per fatture per operazioni inesistenti in relazione a un appalto per la fornitura di elicotteri in Algeria.
(Emilio Parodi)