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Il dilemma della Bce complicato dal conflitto russo-ucraino

Pubblicato 08.03.2022, 15:56
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Di Geoffrey Smith

Investing.com - Sarebbe un’esagerazione dire che è la Banca Centrale Europea ad avere il compito più duro in Europa questa settimana, ma la guerra in Ucraina ha reso una già complicata operazione di bilanciamento ancora più difficile.

La banca è in bilico tra due rischi sempre più spaventosi. L’invasione, e le relative sanzioni occidentali contro la Russia che ha innescato, ha fatto schizzare i prezzi degli energetici, minacciando di spingere ancora più su l’inflazione, già ad un massimo dell’era-euro a febbraio. Dall’altra parte, intervenire ora per inasprire le condizioni finanziarie rischia di infliggere ulteriori dolori ad un’economia della zona euro che sta emergendo solo adesso dalla pandemia, pesando sulla fiducia sia di imprese che famiglie.

“Nessuno può seriamente aspettarsi che la BCE cominci a normalizzare la politica monetaria in questo momento di incertezza elevata”, afferma l’economista di ING Carsten Brzeski. Ma, considerato il movimento dei prezzi degli energetici, Brzeski avverte che “la zona euro ha davanti un alto rischio di stagflazione”.

L’inflazione è schizzata al 5,8% a febbraio, a causa soprattutto dei prezzi degli energetici. Nell’ultimo decennio, l’energia, era stata poco più di una distrazione per la BCE: volatile di mese in mese, ma essenzialmente con lo stesso trend in discesa dei prezzi generali della zona euro.

Tutto questo è cambiato negli ultimi mesi. Ci sono sempre più prove che i prezzi in salita siano stati causati da cambiamenti strutturali a lungo termine.

I prezzi quest’anno hanno rispecchiato non solo un incipiente sovrapprezzo per la guerra, ma anche questioni più datate che interessano i mercati energetici: politiche a sostegno dell’ambiente che hanno rallentato la crescita delle scorte di combustibili fossili, l’incapacità dell’OPEC e degli alleati di soddisfare la domanda di carburante di un’economia globale in ripresa, ed i grossi problemi di disponibilità degli ormai vecchi reattori nucleari in Francia.

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Se le cose sembravano brutte a febbraio, da allora sono drasticamente peggiorate. I prezzi di riferimento del gas naturale sono andati alle stelle quando l’Europa ha realizzato di essere dipendente, per la sua energia, da un paese repressivo ed espansionista che sembra determinato a farsi valere. I future erano scambiati ad oltre 205 euro/MWh ieri, circa 14 volte la media recente.

I prezzi del geggio, intanto, che oscillavano intorno ai 60 dollari al barile prima della pandemia, sono raddoppiati ad oltre 120 dollari. Se i prezzi dovessero restare a questo livello a lungo, i consumatori ne saranno inevitabilmente colpiti. Il denaro speso per riscaldare la casa o andare al lavoro non può essere speso per altri beni e servizi.

Negli Stati Uniti, le oscillazioni dei prezzi dell’energia tendono a ridistribuire la ricchezza nel paese, tra regioni che sono netti produttori e netti consumatori. Ma in Europa, che importa quasi tutta l’energia di cui ha bisogno, dei prezzi alti implicano un netto trasferimento di ricchezza fuori dalla regione.

Di conseguenza, dice Mark Dowding di BlueBay Asset Management a Londra, il colpo per la crescita della zona euro quest’anno probabilmente sarà tra l’1% e l’1,5%, con l’inflazione che probabilmente supererà le precedenti aspettative della stessa percentuale.

L’incertezza è ancora talmente tanta che sembra esserci poco da fare se non resistere e aspettare di capire se i prezzi alti dell’energia creeranno più inflazione della crescita che distruggeranno. Holger Schmieding, a capo delle ricerche di Berenberg Bank, afferma che la BCE, al contrario della Fed, può permettersi di aspettare perché lo stimolo per la pandemia della zona euro non ha creato neanche lontanamente lo stesso livello di domanda in eccesso.

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Brzeski si aspetta dunque che Christine Lagarde e le sue truppe si attengano al piano di chiudere il programma di acquisti di emergenza per la pandemia questo mese, spostando alcuni degli acquisti di asset al regolare Programma di Acquisti di Asset, per evitare di togliere troppo stimolo tutto in una volta.

Intanto, le aspettative di un aumento dei tassi di interesse entro l’autunno nate solo il mese scorso ora appaiono fuori luogo.

Brzeski di ING ammette che “se andrà tutto bene, gli acquisti di asset netti potranno ancora terminare nel terzo trimestre ed i tassi di interesse potranno essere alzati per la prima volta entro la fine dell’anno”.

Potrebbe anche succedere. Ma le ultime due settimane hanno lasciato poche persone a credere che andrà tutto bene. Le aspettative sull’inflazione difficilmente resteranno sotto controllo a meno che non venga fatto qualcosa, qualunque cosa, per far scendere i prezzi degli energetici. E questo al momento sfugge più che mai al controllo della BCE.

Ultimi commenti

Unica ricetta lasciare piu' soldi nella tasca delle persone e continuare una politica di stimolo monetario
La crisi Ucraina peggiora il quadro inflattivo ma non dimenticate che, oggi in USA il 75% dell’inflazione è causata dalla domanda. E quini da un’economia che comunque “tira”.In Eurozona, il CPI dipende fortemente dalle materie prime (inflazione non-core) ed è legata soprattutto a strozzature nell’offerta.Due inflazioni diverse che devono essere “curate” diversamente, e soprattutto quella europea NON si cura con la politica monetaria (leggasi: alzare i tassi di interesse in Eurozona sarebbe totalmente inutile e peggiorerebbe solo drasticamente le cose).Vi scrivo questo solo per dirvi che, in questo contesto, la FED si può muovere con un’efficacia limitata ma con una logica sostenibile e sostenuta da una crescita economica vera. L’inflazione UE invece definiamola “farlocca” e quindi non gestibile dalla BCE.Quindi, se parliamo di rischio stagflazione (e qui concludo) in molti guardano agli USA perché l’inflazione è a livello molt
...ma L'ONU ke azzo fa???
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