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Il prezzo da pagare per il rialzo del petrolio

Pubblicato 22.03.2022, 16:18
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Di Geoffrey Smith

Investing.com - Che succede quando una necessità economica diventa un lusso?

L’Europa sta cercando la quadratura del cerchio: per fare pressione su Vladimir Putin per fermare il suo assalto all’Ucraina, deve smettere di mandare soldi in cambio delle importazioni di petrolio e gas. Ma se queste importazioni si fermeranno, l’economia europea collasserà.

I governi di tutta Europa stanno cercando di trovare un modo per ridurre le pene dei consumatori, che stanno affrontando costi da record per i trasporti. Il caro carburanti potrebbe rapidamente innescare malcontenti sociali, come hanno dimostrato negli ultimi anni i blocchi delle raffinerie nel Regno Unito e il movimento dei “gilet gialli” in Francia. Data l’estrema emergenza che l’Europa sta affrontando al momento, non si può permettere simili distrazioni.

La scorsa settimana, i prezzi della benzina in Europa andavano da 1,46 al litro in Polonia a 2,26 al litro in Germania. Equivale ad un range di 7,36-11,38 dollari al gallone. Gli autisti statunitensi che si lamentano di un massimo di 4,25 dollari al gallone dovrebbero ricordare che, nelle prime fasi della pandemia, quando i prezzi del greggio erano brevemente crollati sotto zero, i prezzi della benzina in Germania erano arrivati a 5,90 dollari al gallone.

La differenza sono le tasse. Le tasse possono arrivare a rappresentare il 75% di quello che paga un autista europeo per fare il pieno, il risultato di anni di politiche atte ad incentivare la riduzione dell’uso di carburante e l’utilizzo dei trasporti pubblici. Ciò significa che i governi hanno ampio margine di azione.

Ed è infatti in arrivo una raffica di tagli delle accise. La Francia ha reso noto che taglierà 15 centesimi di euro al litro sulla benzina nei prossimi quattro mesi. Nel corso della giornata, il Cancelliere dello Scacchiere britannico Rishi Sunak dovrebbe annunciare un taglio di 5 centesimi al litro, mentre in Italia il Primo Ministro Mario Draghi intende ridurre le accise di 25 centesimi al litro per un mese.

In Germania, il Ministro delle Finanze Christian Lindner ha proposto un sistema di sconti con il governo che rimborserà i distributori per il taglio dei prezzi alla pompa. Ai partner della coalizione non piace l’idea, ma non ci sono proposte migliori finora.

Dei tagli temporanei delle accise hanno senso: i prezzi del carburante non resteranno così alti, perché la gente ridurrà i consumi, facendoli scendere nuovamente. Ma ci sono anche delle tabelle di marcia politiche. Il taglio francese scadrà comodamente dopo le elezioni presidenziali di aprile, mentre le misure di Sunak si rendono necessarie perché altre tariffe energetiche delle famiglie, nonché delle tasse sul reddito, saliranno ad aprile. A qualcosa bisogna rinunciare.

Preoccupa più il rischio che misure originariamente pensate come temporanee diventino permanenti perché è difficile cancellarle. Al momento, l’idea che la guerra in Ucraina possa vedere una rapida fine e le sanzioni sulla Russia, importante esportatore di petrolio, vengano cancellate, sembra sempre più improbabile.

Semmai sta succedendo il contrario: i leader UE discuteranno di un inasprimento delle sanzioni sulla Russia domani, e sono sempre di più quelli che vorrebbero un divieto degli acquisti di petrolio russo, che garantisce uno stabile flusso di denaro contante al Cremlino.

In Russia, il Vice Primo Ministro e Ministro dell’Energia Alexander Novak ha cercato di prevenire una simile mossa ieri, affermando che potrebbe portare il prezzo del greggio a 300 dollari al barile. La storia, tuttavia, suggerisce che gli importatori finiranno il denaro per comprarlo molto prima di allora, innescando un brusco rallentamento globale ed un’inversione dei prezzi altrettanto brusca.

Francisco Blanch di Bank of America (NYSE:BAC) ha riferito ieri a Bloomberg che si aspetta che i prezzi raggiungano un picco solo a metà di quel livello, ma ammette che la guerra ha aggiunto 25-30 dollari a tutti i suoi scenari di previsione.

Il dolore è reale. Le domande da farsi sono: l’Occidente pensa che ne valga la pena? E per quanto potrà sopportarlo?

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