Di Geoffrey Smith
Investing.com -- I mercati finanziari si preparano a ricevere dei regali di Natale anticipati molto diversi tra loro quando tre delle più importanti banche centrali del mondo si incontreranno nell’arco di appena 24 ore questa settimana.
La Federal Reserve, la Banca Centrale Europea e la Banca d’Inghilterra vivranno delle riunioni chiave: la Fed probabilmente annuncerà una riduzione più rapida, e di conseguenza, un inizio più rapido del nuovo ciclo di aumenti dei tassi di interesse rispetto a quanto segnalato lo scorso vertice. La BCE dovrà fare i conti per la prima volta con l’eventualità di reintrodurre dei limiti agli acquisti di bond e la Banca d’Inghilterra dovrà scegliere se lasciare andare ancor più fuori controllo le aspettative sull’inflazione o alzare i tassi di interesse proprio quando una nuova ondata di Covid si prepara a rallentare l’economia.
(Anche la Banca del Giappone terrà il vertice di politica monetaria venerdì, ma dal momento che il Giappone sembra ben lontano dal liberarsi dalle grinfie della deflazione, la probabilità di indizi di un inasprimento della sua politica è pari a zero).
Le previsioni suggeriscono che la Fed annuncerà l’intenzione di portare gli acquisti di asset da 120 miliardi di dollari al mese a zero probabilmente non oltre fine marzo, molto più velocemente rispetto al ciclo precedente. Una simile mossa rappresenterebbe una bella sfida per i mercati che si sono abituati a livelli straordinari di liquidità. Aprirebbe inoltre la strada al primo aumento dei tassi di interesse a metà del prossimo anno. Ma la ragione alla base della decisione sembra chiara: l’inflazione al consumo è la più alta dal 1982 ed i prezzi alla produzione stanno salendo al massimo in un decennio. Entrambi i report di questo mese hanno rivelato rialzi diffusi dei prezzi e forti dinamiche mensili, minando l’ipotesi che i dati deludenti siano semplicemente il risultato di una distorsione rispetto all’anno scorso (anche se la pandemia sta ancora seminando il caos per quanto riguarda gli aggiustamenti stagionali).
La Banca d’Inghilterra potrebbe anche spingersi oltre, sebbene le probabilità indichino che non lo farà. I mercati avevano più o meno messo in conto un incremento di 15 punti base del tasso di riferimento della banca allo 0,25% prima che la variante Omicron del Covid-19 arrivasse nel Regno Unito.
Con il governo che ora sta operando nuovamente una stretta con il distanziamento sociale, persino i falchi della banca suggeriscono che potrebbe permettersi di aspettare e vedere quanto si metteranno male le cose con Omicron prima di premere il grilletto. E questo malgrado il fatto che l’inflazione abbia superato il 5% a novembre e i tassi del mercato implichino che le aspettative a medio termine dell’inflazione sono superiori al 4%.
A Francoforte, intanto, la BCE adotterà un approccio più rilassato. L’inflazione è salita anche nella zona euro ma quasi certamente comincerà a scendere all’inizio del prossimo anno, in quanto non sono stati calcolati due grossi aumenti delle tasse in Germania un anno fa. La mancanza di dati aggiornati sui livelli dei compensi nella zona euro rende difficile fare dei paragoni, ma i funzionari della BCE sono certi che il grado di pressione dalle trattative sugli stipendi non sia abbastanza grande da dare il via ad una vera spirale prezzi-compensi.
Il dilemma della BCE sarà (come spesso accade) interno. All’inizio della pandemia aveva sospeso le norme su quanto può intervenire sul mercato dei bond governativi, creando un “programma di acquisti di emergenza per la pandemia” che finalmente gli ha permesso di avere piena flessibilità nel supportare i membri più deboli o più indebitati dell’unione monetaria.
Il programma scadrà a fine marzo e i falchi della banca sono intenzionati a ripristinare delle limitazioni sugli acquisti di bond. Tuttavia, gli analisti intervistati da Reuters questa settimana si aspettano ancora acquisti per 40 miliardi di euro di bond al mese fino alla fine del prossimo anno. Gli aumenti dei tassi non sono attesi prima del 2023.
Come scrive in una nota ai clienti Holger Schmieding, capo economista della Berenberg Bank a Berlino, la BCE può permettersi di prendere tempo: sebbene esista una carenza di lavoratori, non è così grave come negli Stati Uniti perché i sistemi di garanzia dell’occupazione nella regione hanno comportato una minore perdita di lavoratori fin dall’inizio. E, dal momento che la zona euro non ha immesso così tanto denaro nelle tasche delle famiglie all’inizio della pandemia, l’inflazione ora sta salendo meno rapidamente.
Di conseguenza la BCE, al contrario della Fed, difficilmente “ritirerà” la parola “transitoria” dalla descrizione dell’inflazione giovedì. Dunque, il 2022 inizierà con grandi differenze di politica monetaria tra la BCE e i suoi rivali, che probabilmente faranno durare le pressioni ribassiste sull’euro nell’immediato futuro.