di Lisa Jucca
MILANO (Reuters) - Il nuovo amministratore delegato di Atlantia (MI:ATL) sta tracciando un sentiero per arrivare ad una tregua con Roma nella disputa sulla revoca della concessione autostradale.
Carlo Bertazzo, che questo mese ha preso in mano il timone del gruppo da 19 miliardi di dollari posseduto per il 30% dalla famiglia Benetton, ha dichiarato oggi che sono benvenuti nuovi investitori nelle partecipate del gruppo.
Tra queste c'è il gestore autostradale Autostrade per l'Italia (Aspi), che rischia di perdere una redditizia concessione a seguito del crollo del ponte Morandi nel 2018. Il nuovo approccio potrebbe contribuire a risolvere l'attuale crisi con il governo.
I primi commenti pubblici di Bertazzo segnalano un significativo cambio di rotta. Fino ad ora, i Benetton sono apparsi più interessati ad aspettare che la coalizione di governo implodesse piuttosto che a concludere un accordo.
Ma in un'intervista oggi al quotidiano La Stampa, il nuovo numero uno di Atlantia si è scusato per la prima volta a nome del gruppo per il crollo del ponte di Genova, costato la vita a 43 persone.
Fatto ancora più importante per gli investitori, l'AD ha segnalato un cambiamento della strategia aziendale: Atlantia diventerà una holding strategica e ridurrà la propria partecipazione in controllate come Aspi, che contribuisce per circa un terzo all'Ebitda del gruppo, e Aeroporti di Roma.
La strategia potrebbe aiutare l'AD a ingraziarsi il governo italiano, che sembra determinato ad affidare a un nuovo gestore la licenza autostradale di ASPI dopo non essere riuscito ad ottenere riduzioni considerevoli dei pedaggi e altre concessioni.
Se Roma dovesse riprendersi la licenza, Aspi sarebbe destinata al fallimento. Un'opzione migliore per Atlantia è quella di aprire a nuovi azionisti come il fondo infrastrutturale sponsorizzato dallo stato F2i, o la Cdp. Questo darebbe al governo voce in capitolo, limitando il colpo sui conti di Atlantia.
Sembra, questo, un terreno di gran lunga migliore su cui Bertazzo può muoversi rispetto alla guerra di parole del passato.