di Massimiliano Di Giorgio
ROMA (Reuters) - Il riavvio della discussione in Senato, martedì prossimo, sulla legge costituzionale sarà un nuovo banco di prova per Matteo Renzi e per la sua capacità di tenere insieme il Pd e la maggioranza senza indugiare sul percorso delle riforme.
Il premier vuole un Senato che non voti più la fiducia al governo, che non sia più eletto direttamente e che intervenga solo su alcune leggi. Un anno fa aveva ricevuto il sostegno di Forza Italia: dopo il dietro-front di Silvio Berlusconi, però, ora deve fare i conti non solo con le opposizioni, ma anche con almeno 25 senatori del suo partito che chiedono di tornare all'elezione diretta dei membri di Palazzo Madama.
Al Senato la maggioranza conta solo una decina scarsa di senatori in più oltre il quorum, ed è dunque più esposta a dissidi e ricatti interni.
VERDINIANI VOTERANNO SÌ, MA POTREBBERO NON BASTARE
A favore della riforma voteranno i senatori di centrodestra del gruppo ex Forza Italia di Denis Verdini, ex sparring partner di Silvio Berlusconi, come ha confermato a Reuters il loro capogruppo, Lucio Barani: "Non rinneghiamo quello che abbiamo già votato quando eravamo in Fi: voteremo sì alla riforma".
Il supporto dei verdiniani potrebbe però non bastare. Se in aula dovessero arrivare gli oltre 510.000 emendamenti già presentati in commissione Affari costituzionali, per il governo il rischio di franchi tiratori e assenze strategiche diventa alto.
E oltrettuto l'iter della riforma ritarderebbe, visto che la Costituzione prescrive l'approvazione dello stesso testo da parte delle due Camera con un intervallo minimo di tre mesi.
L'8 settembre la commissione inizierà a discutere della questione degli emendamenti all'articolo 2, quello che abolisce di fatto l'elezione dei senatori, sostituiti da rappresentanti delle Regioni. Per la presidente della commissione Anna Finocchiaro (Pd) gli emendamenti non sono accettabili e vanno cassati. Ma siccome il testo dell'articolo è stato modificato lievemente durante l'approvazione alla Camera, nel marzo scorso, il presidente del Senato Pietro Grasso potrebbe ammettere gli emendamenti durante i lavori in aula.
IL "CERINO" DI GRASSO
Grasso, che torna domani in Italia da un viaggio negli Usa, ha detto ieri alla stampa di non aver ancora visto le carte e che occorre trovare "un accordo politico" sulla questione. "Il presidente non vuole ritrovarsi col cerino acceso in mano", ha detto a Reuters una fonte a lui vicina.
Secondo il verdiniano Barani, su Grasso starebbero facendo pressione, perché ammetta gli emendamenti, "alti dirigenti del Senato per non perdere le loro prerogative".
Roberto Calderoli, ex ministro e uomo di punta della Lega Nord per le riforme, ha detto a Reuters che è pronto a rinunciare alle centinaia di migliaia di emendamenti che ha presentato, salvandone solo quattro. Ma se la maggioranza non dovesse ascoltarlo su questi 4, è intenzionato invece a presentare in aula "6 milioni e mezzo di emendamenti".
I senatori dissidenti del Pd, per parte loro, hanno presentato 17 emendamenti sui quali chiedono il confronto. "Prima di depositarli abbiamo scritto a Renzi e ai capigruppo Pd, ma nessuno ci ha risposto", ha detto a Reuters Federico Fornaro, vicino all'ex segretario Pier Luigi Bersani.
"Spazio per una sintesi? Auspichiamo di sì, ma chiediamo che i senatori vengano eletti. Una buona Costituzione deve tenere insieme l'equilibrio tra governabilità e rappresentanza. Siccome alla Camera con la nuova legge elettorale ci sarà un peso maggiore per la governabilità, al Senato bisogna riequilibrare", dice Fornaro, che un anno fa aveva votato la riforma.
MEDIAZIONE SUL "LISTINO"
L'unico punto di mediazione possibile, secondo alcune fonti politiche sentite da Reuters, gira attorno all'introduzione del cosiddetto "listino". Al momento di votare per i consigli regionali, sulla scheda elettorale verrebbero indicati i nomi di coloro che sono anche candidati come senatori, invitando i cittadini a votare per loro, dando così una legittimazione ulteriore agli eletti.
Questa sera il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi parlerà alla Festa dell'Unità a Milano. Per il suo portavoce, il ministro ribadirà che "c'è tutta la volontà di ragionare e intervenire per piccole correzioni, ma il punto fermo è di approvare la riforma e andare al referendum nel 2016, non si può ripartire da capo".
(ha collaborato Crispian Balmer)