Il Black Friday è Ora! Non perderti lo sconto del 60% su InvestingProAPPROFITTA DELLO SCONTO

Perchè non serve il vincolo sul debito

Pubblicato 01.12.2010, 10:56
Aggiornato 01.12.2010, 11:00

L’accordo tra i ministri dell’Economia e delle Finanze dei paesi dell’area euro sulla riforma del Patto di stabilità e crescita ribadisce che sarà rafforzato non solo il vincolo sul deficit, ma anche quello sul debito. E le sanzioni scatteranno anche nel caso in cui quest’ultimo non si riduca in modo adeguato.

La motivazioni addotte per questa scelta sono quelle sottolineate da Marco Buti e Martin Larch: prima e soprattutto nel corso della crisi, la dinamica del debito pubblico è stata guidata in misura sempre maggiore da fattori diversi dal deficit e il parametro del 3 per cento del Pil sul deficit non sarebbe più sufficiente a garantire un calo del rapporto debito/Pil.

DEFICIT E DEBITO SONO SEMPRE MENO LEGATI TRA LORO?

La variazione del debito tra l’anno t-1 e l’anno t è pari (a meno di alcuni fattori residuali) al fabbisogno finanziario dell’anno t e non al deficit. Il fabbisogno è il saldo tra entrate e spese, però, a differenza del deficit, è un saldo di cassa che include anche il risultato delle operazioni finanziarie che non entrano nel deficit (oltre alle operazioni effettuate dagli Stati per conto dell’Unione Europea). In realtà, nell’area euro la variazione annuale del debito, sino al 2007, è stata quasi sempre strettamente legata all’ammontare dei deficit. Il risultato delle operazioni finanziarie e gli altri fattori hanno inciso in misura trascurabile sull’aumento del debito.

È solo con l’esplosione della crisi, nel 2008, che gli Stati sono stati costretti a erogare ingenti somme di denaro al sistema finanziario in cambio di titoli, facendo crescere la quota di debito attribuibile alle operazioni finanziarie e riducendo molto l’incidenza del deficit sulla variazione del debito. In altre parole, durante l’ultimo decennio, la variazione del debito è rimasta strettamente legata al deficit se si escludono le risorse destinate a sostenere le banche e altre frizioni che hanno avuto un impatto occasionale.

In un contesto di questo tipo non è sicuro che imporre sia un vincolo sul deficit sia uno sul debito abbia senso. Se deficit e debito sono legati, una adeguata diminuzione del primo è condizione sufficiente per ridurre il secondo (sempre che non vi siano altre crisi bancarie) e costituisce la via principale per farlo. A conferma di ciò diversi economisti (Paolo Manasse, Giuseppe Pisauro) si sono affrettati, per l’Italia, a tradurre la regola sul debito in termini di deficit.

Un vincolo aggiuntivo sul debito avrebbe invece l’effetto di bloccare per il futuro ogni possibilità di sostegno alle banche che fossero in difficoltà (per i paesi con debito oltre la soglia del 60 per cento del Pil, circa la metà dei 27). Dal punto di vista dei contribuenti, questo sarebbe certamente auspicabile ma, per quanto la nuova regolamentazione sia restrittiva, non è da escludere che in futuro sia necessario aiutare di nuovo le banche e finché non si elabora una soluzione alternativa, temo che toccherà ancora ai governi farlo.

Inoltre, non sembra logico imporre il vincolo sul debito per quei paesi che lo hanno aumentato solo per effetto del sostegno alle banche. Li costringerebbe a cedere il più in fretta possibile i titoli acquisiti per ridurre il debito pubblico e non incorrere nelle sanzioni, senza tener conto del momento più conveniente per farlo. Le passate crisi bancarie mostrano che i tempi di recupero dei capitali pubblici erogati alle banche sono molto diversi tra paesi e nelle diverse crisi. Il rischio è che per non incorrere nelle sanzioni, i governi siano obbligati a svendere le partecipazioni.

D’altra parte, l’obiettivo ultimo del Patto deve essere quello di prevenire gli effetti negativi che conti pubblici fuori controllo possono produrre nel singolo paese in difficoltà e negli altri paesi membri. Il principale tra questi è l’aumento dei tassi di interesse legato al rischio di insolvenza degli Stati. Le analisi empiriche mostrano che l’aumento del debito ha effetti molto inferiori sul tasso di interesse di quanto non ne abbia il deficit.

A conferma di ciò, quest’anno, lo spread nel rendimento dei titoli di Stato a dieci anni rispetto al rendimento dei Bund tedeschi è cresciuto in Irlanda, Portogallo e Spagna, molto più di quanto non sia cresciuto in Italia. Ma il debito pubblico di Irlanda, Portogallo e Spagna è molto inferiore al debito italiano. Viceversa, tutti e tre i paesi hanno registrato nel 2009 deficit molto più consistenti dell’Italia.

Forse è sufficiente rendere più stringente il vincolo sul deficit, come ha correttamente proposto la Commissione, soprattutto nelle fasi cicliche positive. Si possono prevedere sanzioni più onerose, per i paesi che violano il limite sul deficit avendo un debito pubblico oltre la soglia del 60 per cento. Sembrerebbe una soluzione più razionale di quella sinora prospettata.

Autore: Alessandro Fontana - LaVoce.info

Ultimi commenti

Installa le nostre app
Avviso esplicito sui rischi: Il trading degli strumenti finanziari e/o di criptovalute comporta alti rischi, compreso quello di perdere in parte, o totalmente, l’importo dell’investimento, e potrebbe non essere adatto a tutti gli investitori. I prezzi delle criptovalute sono estremamente volatili e potrebbero essere influenzati da fattori esterni come eventi finanziari, normativi o politici. Il trading con margine aumenta i rischi finanziari.
Prima di decidere di fare trading con strumenti finanziari o criptovalute, è bene essere informati su rischi e costi associati al trading sui mercati finanziari, considerare attentamente i propri obiettivi di investimento, il livello di esperienza e la propensione al rischio e chiedere consigli agli esperti se necessario.
Fusion Media vi ricorda che i dati contenuti su questo sito web non sono necessariamente in tempo reale né accurati. I dati e i prezzi presenti sul sito web non sono necessariamente forniti da un mercato o da una piazza, ma possono essere forniti dai market maker; di conseguenza, i prezzi potrebbero non essere accurati ed essere differenti rispetto al prezzo reale su un dato mercato, il che significa che i prezzi sono indicativi e non adatti a scopi di trading. Fusion Media e qualunque fornitore dei dati contenuti su questo sito web non si assumono la responsabilità di eventuali perdite o danni dovuti al vostro trading né al fare affidamento sulle informazioni contenute all’interno del sito.
È vietato usare, conservare, riprodurre, mostrare, modificare, trasmettere o distribuire i dati contenuti su questo sito web senza l’esplicito consenso scritto emesso da Fusion Media e/o dal fornitore di dati. I diritti di proprietà intellettuale sono riservati da parte dei fornitori e/o dalle piazze che forniscono i dati contenuti su questo sito web.
Fusion Media può ricevere compensi da pubblicitari che compaiono sul sito web, in base alla vostra interazione con gli annunci pubblicitari o con i pubblicitari stessi.
La versione inglese di questa convenzione è da considerarsi quella ufficiale e preponderante nel caso di eventuali discrepanze rispetto a quella redatta in italiano.
© 2007-2024 - Fusion Media Limited. tutti i Diritti Riservati.