di Massimiliano Di Giorgio
ROMA (Reuters) - Dopo l'apertura di ieri del premier e segretario Pd Matteo Renzi, il principale partito di governo sembra vicino a raggiungere un'intesa interna sulle modifiche all'articolo 2 del disegno di legge costituzionale, quello sull'eleggibilità del nuovo Senato, anche se la minoranza resta diffidente sui dettagli della nuova proposta.
Sull'accordo pesa però l'incognita di quanto deciderà nei prossimi giorni il presidente del Senato Pietro Grasso, hanno detto a Reuters diverse fonti Pd.
Ieri Renzi ha aperto a una modifica che consentirebbe di eleggere i membri di Palazzo Madama contemporaneamente ai consigli regionali, i quali poi dovrebbero formalmente ratificare la scelta dei cittadini.
Ma per una fonte della minoranza Pd "deve essere chiaro e inequivocabile che i cittadini scelgono i senatori e i consigli regionali ratificano come presa d'atto".
L'attuale articolo 2 prevede invece che i "nuovi" senatori verrebbero eletti dai consigli regionali.
Secondo la minoranza Pd (e le opposizioni), la riduzione dei poteri del Senato e la nuova legge elettorale fortemente maggioritaria della Camera creano uno scompenso di rappresentatività, rischiando di lasciare nella nuova Costituzione troppo potere al governo. Da qui la richiesta di conservare l'elezione diretta dei senatori.
La "tecnicalità" suggerita dal premier consentirebbe invece un riequilibrio, dice la maggioranza Pd, senza modificare di nuovo il testo del ddl Boschi e allungarne i tempi di approvazione. Renzi vuole infatti tenere il referendum confermativo entro il 2016.
ATTESA PER DECISIONE GRASSO
Ma l'intesa resta appesa alle decisioni di Grasso. Il presidente deve infatti pronunciarsi sugli emendamenti che devono essere presentati entro domani mattina. Se accettasse anche quelli relativi alle parti dell'articolo 2 già approvate in modo identico al Senato e alla Camera al primo passaggio, l'intesa interna al Pd probabilmente sfumerebbe, e la minoranza (circa 25 senatori) potrebbe votare insieme alle opposizioni, mettendo in imbarazzo il governo, che a palazzo Madama conta su un margine di vantaggio di circa 10 seggi.
Se invece Grasso confermasse la decisione della presidente della commissione Affari Costituzionali, Anna Finocchiaro (Pd), che aveva accettato gli emendamenti su un solo comma dell'articolo 2, allora ci sarebbe spazio per la trattativa sull'emendamento concordato.
Al momento è difficile capire quale decisione prenderà la seconda carica dello Stato, e quando. Una fonte a lui vicina dice che dipenderà dal numero degli emendamenti: se fossero fino a un migliaio, il Senato potrebbe cominciare a votare già da giovedì prossimo. "L'esame degli emendamenti sarà caso per caso", dice la fonte.
In Commissione erano stati presentati oltre 513.000 emendamenti, in gran parte dalla lega Nord, poi ritirati. Tutte le opposizioni, e anche la minoranza Pd, hanno annunciato che ripresenteranno proposte di modifica alla riforma, e in particolare agli articoli relativi alla composizione e alle funzioni del nuovo Senato.
Intanto oggi Grasso è stato contestato in Senato dalle opposizioni per aver deciso di ridurre a 10 minuti il tempo di intervento di ogni senatore così da concludere il dibattito entro domani, come da calendario.