di Paolo Biondi
ROMA (Reuters) - Ne ha per tutti, e senza riguardi. A iniziare dai suoi editori che sono "troppi e litigiosi". Non è un addio in punta di piedi quello che Ferruccio de Bortoli scrive oggi ai suoi lettori sul Corriere della sera, giornale del quale lascia la direzione dopo sei lunghi anni (dodici complessivi quelli delle sue direzioni a via Solferino) e dopo un inusuale preavviso di sfratto di nove mesi, come non manca di ricordare oggi.
Gli schiaffoni sono per tutti i presidenti del Consiglio di questi anni (tutti tranne uno: Enrico Letta), con particolare riferimento all'attuale, "il giovane caudillo [Matteo] Renzi" definito "un maleducato di talento".
Poi un ultimo ceffone lasciato in eredità: l'auspicio che Sergio "Mattarella non firmi l'Italicum".
Quello che de Bortoli dimentica di scrivere è il saluto a tutti i lettori persi in questi anni. Non ci spiega perché e come mai i giornali italiani negli ultimi 20 anni hanno lasciato per strada metà dei loro clienti, in un declino che prosegue inarrestabile. Non ci dice come i giornali e i giornalisti stanno (o non stanno) rispondendo alla sfida dei new media. Non ci spiega come mai il primo giornale italiano è passato per lo "stato di crisi" e ancora tanti tagli dovrà fare. E, come tutti i giornali italiani, rappresenta uno dei settori industriali che campa grazie ai contributi pubblici.
E' vero: sono sfide che pesano sul futuro. Quindi sono in capo al successore. Ma le colpe (come i meriti) non sono sempre tutte degli altri.