Di Alessandro Albano
Investing.com - Dal picco di metà settembre, l'Indice del Dollaro ha conosciuto una fase di deprezzamento dovuto all’allentamento dell’inflazione statunitense che potrebbe portare a un rallentamento del ciclo di inasprimento monetario della Federal Reserve.
Con un'inflazione rallentata al 7,1% come mostrato oggi dati del Us Bureau of Labor Statistics, il dollaro sta perdendo rapidamente terreno contro valute principali quali euro, sterlina e yen.
Secondo diversi economisti, il dollaro ha già raggiunto il picco in questo ciclo e continuerà a scendere verso quota 100, prevedendo al tempo stesso un rapido calo dell’inflazione negli Stati Uniti nei prossimi mesi, alleviando le tensioni del mercato.
Per altri, invece, il deprezzamento è soltanto una fase temporanea, per cui il greenback tornerà ad apprezzarsi se i rischi associati alla recessione globale si concretizzeranno.
Una visione condivisa anche da iBanFirst, secondo cui "ci trovaiamo di fronte a un universo economico in cui il dollaro rimarrà forte per un lungo periodo e potrebbe superare quota 115".
"In base al tasso di cambio effettivo reale (che misura la valutazione di una valuta rispetto a un'altra), il dollaro USA è sopravvalutato del 34% rispetto all'euro, ad esempio. Si tratta di un massimo storico” ha spiegato Michele Sansone, Country Manager di iBanFirst in Italia.
In termini assoluti, inoltre, l'inflazione continua a preoccupare. È vero che negli Stati Uniti l'inflazione si sta attenuando rispetto al picco raggiunto lo scorso giugno, ma -spiega Sansone - il punto di partenza (intorno al 10%) non lascia tecnicamente altra scelta alla Fed se non quella di continuare a stringere la politica monetaria nei prossimi mesi (anche se la crescita dovesse rallentare) per tornare all'obiettivo esplicito del 4%".
A questo, va ad aggiungersi la ripresa dei casi di Covid in Cina che, secondo iBanFirst, rappresenta "un'altra spiegazione dell'apprezzamento del dollaro per effetto domino".
"Se prima del Covid la Cina contribuiva alla crescita mondiale per circa il 30%, da allora il contributo è sceso al 10%. Ciò significa che, a differenza della crisi del 2007-08, questa volta il Paese non salverà l'economia mondiale. Inoltre, i periodi di turbolenza economica tendono ad essere sinonimo di dollaro forte", sottolinea infine Michele Sansone.