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Tassi d’interesse: ecco perché Fed e Bce non faranno più di 2 o 3 tagli nel 2024

Pubblicato 07.02.2024, 11:43
© Reuters.

Investing.com – Fed e Bce nel 2024 non taglieranno i tassi d’interesse più di 2 o 3 volte, parola di Álvaro Sanmartín, chief economist di Amchor IS. Le ragioni che l’esperto porta a sostegno della sua tesi sono molteplici. Partiamo dalla Banca centrale americana.

Usa: forte crescita e bassa disoccupazione

Anche se l'inflazione continuerà probabilmente a scendere nei prossimi mesi, riteniamo che la Fed non potrà abbassare i tassi di interesse più di due o tre volte nel 2024. In primo luogo – argomenta Sanmartín -, perché l'economia continua a mostrare una crescita molto dinamica, il che potrebbe significare che la politica monetaria non è così restrittiva come potrebbe sembrare.

In secondo luogo, perché questa forte crescita si verifica in un contesto di disoccupazione molto bassa, il che aumenta il rischio che una domanda robusta possa tradursi in una ripresa delle pressioni sui prezzi.

In terzo luogo, perché un'eventuale ripresa dell'inflazione potrebbe disancorare le aspettative di prezzo dei consumatori e delle imprese.

In quarto luogo, perché non è del tutto corretto affermare che il significativo calo dell'inflazione degli ultimi mesi si traduce automaticamente in tassi reali significativamente più elevati e quindi in una politica monetaria sempre più restrittiva.

Infatti, dato che le aspettative di inflazione a medio e lungo termine sono rimaste ben ancorate, i tassi reali "ex ante" (calcolati come tasso nominale meno inflazione attesa) non stanno affatto mostrando lo stesso comportamento dei tassi "ex post" (questi ultimi calcolati sulla base dell'inflazione passata)”.

Allo stesso tempo, l’economista ricorda che le condizioni finanziarie dipendono anche da altre variabili come il premio per il rischio azionario o gli spread di credito. “Se si tiene conto di questi altri elementi – aggiunge -, negli ultimi mesi si è osservato un notevole allentamento delle condizioni finanziarie”.

Inoltre, l’analista sottolinea come Non dobbiamo i prezzi dei servizi siano “ancora piuttosto forti e che il significativo calo dell'inflazione di fondo osservato da diversi mesi a questa parte è dovuto principalmente alla deflazione dei beni che potrebbe non essere sostenibile in futuro”. Insomma, anche se è vero che la produttività ha chiaramente accelerato nel 2023, è anche vero che i salari continuano a crescere in modo abbastanza dinamico.

Eurozona pronta alla ripresa economica

Per quanto riguarda l’Eurozona, Amchor IS a scommette su una ripresa della crescita economica nell'area quest'anno.

“Da un lato – spiega Sanmartín -, i consumi privati godranno di una spinta non trascurabile: salari in crescita nettamente superiore all'inflazione, livelli di disoccupazione molto bassi in termini storici, situazione di bilancio molto sana da parte delle famiglie. Dall’altro, la fine del processo di aggiustamento al ribasso delle scorte nell'industria potrebbe diventare, prima o poi, un vento favorevole per un settore che è stato molto depresso per tutto il 2023.

Allo stesso tempo, dal punto di vista della politica economica, i tassi di interesse reali rimangono a livelli moderati e, pertanto, non dovrebbero rappresentare un ostacolo insormontabile per lo sviluppo economico dell'Eurozona quest'anno. Per il resto, in un contesto di crescita economica sana, salari dinamici e calo solo graduale dell'inflazione, riteniamo che la Bce sceglierà di non abbassare i tassi di interesse più di due o tre volte nel corso del 2024”.

Prospettive incoraggianti dai mercati asiatici

Sanmartín rivolge poi lo sguardo sul resto del mondo.

Guardando ai mercati emergenti, il manager vede prospettive incoraggianti in molte economie, soprattutto in Asia, “dato che sono di nuovo in grado di crescere nettamente al di sopra della media del mondo sviluppato, in un contesto di notevole stabilità macroeconomica”.

Sul fronte Cina, prosegue, “non escludiamo affatto che Pechino possa sorprendere al rialzo quest'anno, per diversi motivi. Le autorità monetarie e fiscali sono più attive rispetto al 2023, il settore immobiliare, pur continuando ad aggiustarsi al ribasso, difficilmente si contrarrà tanto quanto l'anno scorso. Inoltre, come in Europa, il processo di aggiustamento al ribasso delle scorte potrebbe essere giunto al termine e almeno per il momento, il confronto "geopolitico" con gli Stati Uniti sembra aver perso parte della sua intensità. Infine, i dati macro più recenti, pur non essendo esaltanti, puntano nella giusta direzione”.

Infine, il Giappone, dove l'economia “continua a fornire il giusto contesto affinché la BoJ possa portare avanti il processo di normalizzazione della politica monetaria nella prima parte dell'anno. La crescita rimane al di sopra del potenziale, la disoccupazione è molto bassa, le aspettative di inflazione sono aumentate in modo apparentemente sostenibile, l'inflazione al netto dell'energia e dei generi alimentari è da tempo al di sopra dell'obiettivo del 2%”. Di fatto, per l’esperto, “l'unico fattore che manca alla BoJ per sentirsi abbastanza tranquilla da iniziare a ridurre il grado di espansione monetaria è che i salari crescano al di sopra dell'inflazione, cosa che potrebbe verificarsi dopo i negoziati tra sindacati e datori di lavoro di marzo-aprile”.

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