di Massimiliano Di Giorgio
ROMA (Reuters) - Sarà un processo senza i protagonisti principali, quello che si aprirà domani a Roma contro una quarantina di imputati per la cosiddetta "Mafia Capitale".
Saranno assenti gli imputati principali: Massimo Carminati, ex militante del gruppo armato neofascista Nar e legato alla Banda della Magliana, ritenuto il capo dell'organizzazione che avrebbe visto operare insieme criminali, politici e imprenditori; Riccardo Brugia, considerato il suo braccio destro, e Salvatore Buzzi, presidente di una cooperativa di servizi composta in parte da ex detenuti, vicino alla sinistra, seguiranno il processo in videoconferenza dal carcere.
Tutti respingono le accuse, in particolare di associazione mafiosa.
Non ci sarà l'ex primo cittadino Gianni Alemanno, sotto la cui giunta di centrodestra, secondo i magistrati, Mafia Capitale avrebbe prosperato.
A dicembre del 2014, quando scattò la prima operazione, Alemanno (che rivendica la propria innocenza) era indagato per associazione mafiosa. Poi l'accusa è caduta, e ora l'ex sindaco potrebbe essere rinviato a giudizio per corruzione e finanziamento illecito. Ma saranno comunque in aula, in qualità di accusati, diversi suoi uomini, già ai vertici di aziende municipalizzate.
Non ci sarà Ignazio Marino, il sindaco che aveva fatto costituire il Comune parte civile nel processo e che sarebbe voluto andare alla prima udienza con la fascia tricolore ma che è stato "deposto" dopo le dimissioni di massa dei consiglieri (soprattutto quelli del suo partito, il Pd) a fine ottobre.
Marino rivendica di aver cercato, in due anni e mezzo, di "ripulire" Roma e bloccare il malaffare. Il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone ha detto però, nei mesi scorsi, che gli sforzi dell'amministrazione di centrosinistra sono stati pochi. Tanto che il primo assessore alla Casa, Daniele Ozzimo (Pd), è stato arrestato nell'inchiesta. Ma non sarà neanche lui domani in tribunale: è già comparso nei giorni scorsi in un processo col rito abbreviato, con l'accusa di corruzione.
Non ci saranno, almeno per il momento, i dirigenti della cooperativa "La Cascina" (storicamente legata a Comunione e Liberazione) accusati di usare metodi illegali per ottenere appalti nei centri di accoglienza per immigrati: aspettano, a fine il dicembre, la decisione del gup sulla richiesta di patteggiamento.
Il processo dovrebbe andare avanti a tappe forzate, secondo le intenzioni del tribunale, con tre o quattro udienze a settimana. Una decisione contro cui gli avvocati hanno già protestato, proclamando uno sciopero.
La grande battaglia in aula comunque si giocherà su un punto: è mafia oppure una "semplice" tangentopoli romana?
Non che a Roma la mafia non esista: per la prima volta, nel gennaio scorso, una sentenza del tribunale ha condannato per associazione mafiosa diversi esponenti di un clan di Ostia, il municipio sciolto poi quest'estate per infiltrazioni mafiose.
E ieri, nelle prime quattro condanne inflitte, col rito abbreviato, ad altrettanti imputati di Mafia Capitale per uno è scattata l'aggravante del metodo mafioso.