ROMA (Reuters) - I promotori del referendum contro il taglio dei parlamentari hanno annunciato di aver raccolto il numero di firme sufficiente a rimettere al voto popolare la riforma fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle per tagliare i costi della politica.
Lo hanno annunciato gli stessi promotori, che mettono così in moto l'iter che potrebbe spazzare via la riduzione di un terzo del numero dei deputati e dei senatori approvata lo scorso ottobre con un voto bipartisan.
"Al Senato abbiamo appena raccolto la 64esima firma per indire un referendum sul taglio dei parlamentari. Così capiremo se arriveranno una buona legge elettorale e i correttivi istituzionali che la maggioranza si è impegnata a introdurre. E l’ultima parola spetterà ai cittadini", ha scritto su Twitter il senatore del Partito Democratico Tommaso Nannicini.
L'articolo 138 della Costituzione prevede che le leggi costituzionali e di riforma costituzionale possano essere sottoposte a referendum entro tre mesi dalla loro pubblicazione in Gazzetta ufficiale, qualora "ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali".
Al Senato, che ha 315 membri elettivi e attualmente 6 componenti a vita, si è dunque raggiunta la soglia delle firme richieste per chiedere il referendum confermativo, per il quale non è previsto il quorum.
Il traguardo delle 64 firme può essere letto come favorevole a coloro che sperano in una conclusione anzitempo della legislatura, primo tra tutti il leader della Lega Matteo Salvini.
In caso di crisi di governo, qualora fosse impossibile formare una nuova maggioranza, sarebbe inevitabile sciogliere le camere e indire nuove elezioni.
Il voto anticipato, qualora l'iter referendario non fosse portato a termine, prevederebbe ancora una volta l'elezione di 630 deputati e 315 senatori.
La riforma taglia invece a 400 il numero dei deputati e a 200 quello dei senatori. Era stata approvata in quarta lettura alla Camera con 553 voti favorevoli, 14 contrari e 2 astensioni.
I primi tre voti si erano svolti sotto il precedente governo Lega-M5s, con l'opposizione del PD e delle sinistre.
In agosto, dopo la crisi del primo esecutivo Conte, i pentastellati avevano posto il via libera definitivo alla riforma come condizione imprescindibile al via libera della nuova alleanza con i dem.
Il PD aveva infine detto sì alla riduzione del numero degli eletti, legandola però a un progetto riformatore comprensivo di una nuova legge elettorale capace di mettere ordine nei collegi in seguito alla contrazione della rappresentanza.
(Angelo Amante, in redazione a Roma Giuseppe Fonte)