OraFinanza - Euro in picchiata dopo i dati macro di questa mattina e dollaro che spicca il volo fino a scendere brevemente questa mattina sotto la soglia psicologica di 1,04 (EUR/USD), per la prima volta da un anno, avviandosi a completare la settima settimana consecutiva in verde.
Dal fronte statunitense sono arrivati una serie di dati che hanno raffreddato le prospettive di un taglio dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve, in particolare le letture di inflazione rigide della scorsa settimana e le richieste di sussidi di disoccupazione settimanali migliori del previsto di ieri. “Anche le speculazioni sulle politiche di Trump, che potrebbero riaccendere l'inflazione e limitare l’azione della Fed, hanno favorito l’ascesa”, spiegano gli analisti di WebSim Intermonte.
Attualmente i trader stanno scontando con una probabilità del 61,3% un taglio di 25 punti base alla riunione di dicembre, in calo rispetto al 72,2% di una settimana fa, secondo CME FedWatch. Previsioni che arrivano dopo che il presidente della Fed Jerome Powell ha recentemente dichiarato che la banca centrale non ha fretta di tagliare i tassi, citando la resilienza dell'economia.
Ora l’attenzione si sposterà verso l’indice delle spese per consumi personali (PCE), la misura preferita della Fed per l'inflazione, che sarà pubblicato mercoledì prossimo e dovrebbe fornire ulteriori indizi sui tassi di interesse. L'attesa di consenso è per una accelerazione a +2,30% in ottobre, da +2,10% di settembre per il dato generale, mentre il PCE "core" è atteso in accelerazione a +2,80% da +2,70%.
Dall’altra parte dell’Atlantico, il dato di questa mattina sull'attività economica dell'area euro ha mostrato una contrazione inaspettata nel mese di novembre, segnale dei danni causati dal caos politico e dall'aumento dei rischi sul commercio.
L'indice composito dei responsabili degli acquisti di S&P Global è sceso a 48,1 da 50 di ottobre, tornando sotto il livello che separa la crescita dalla contrazione. Gli analisti avevano stimato che sarebbe rimasto allo stesso livello precedente e non si attendevano il forte deterioramento nei servizi, dove l'attività è diminuita per la prima volta da gennaio.
"Le cose difficilmente avrebbero potuto andare peggio", evidenzia Cyrus de la Rubia, capo economista della Hamburg Commercial Bank, spiegando che “il settore manifatturiero dell'eurozona sta andando nella direzione della recessione, e ora anche il settore dei servizi sta iniziando a faticare dopo due mesi di crescita marginale".
Questi dati alimenteranno le preoccupazioni sulle prospettive dell'economia europea, già minacciata dal crollo del governo tedesco, dalle difficoltà fiscali della Francia e dai dazi commerciali che potrebbero seguire al ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti.
"Non sembra che una ripresa arriverà presto, poiché sia i nuovi ordini che gli arretrati sono diminuiti ancora più rapidamente rispetto a ottobre", secondo de la Rubia, evidenziando la deludente spesa per consumi, nonostante il raffreddamento dell'inflazione e l'aumento dei salari.
La debolezza dell’eurozona potrebbe rafforzare le aspettative di un nuovo taglio dei tassi di interesse da parte della Banca centrale europea a dicembre. La banca ha tagliato i tassi tre volte quest'anno, portandoli al 3,25%, in un contesto di crescenti timori per le scarse prospettive di crescita della zona euro.
Ora i trader scontano maggiori tagli e la probabilità di una riduzione di 50 punti base a dicembre è salita al 50% da circa il 15% di ieri. Un segnale in questo senso è arrivato dal membro del consiglio direttivo della BCE, Yannis Stournaras, ritenendo che l’istituto dovrebbe abbassare il tasso sui depositi ad ogni riunione fino a raggiungere il 2% e una riduzione di un quarto di punto il 12 dicembre è la "risposta giusta".