MILANO (Reuters) - Il Tribunale di Brescia, accogliendo le richieste dell'accusa, ha condannato oggi i due pubblici ministeri milanesi del processo Eni-Nigeria a otto mesi di reclusione per "rifiuto di atti d'ufficio".
Il Tribunale ha disposto la sospensione della pena nei confronti di Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, e un risarcimento, da quantificarsi in separata sede, da parte dei due pm in solido con la presidenza del consiglio dei ministri a uno degli imputati del processo Eni (BIT:ENI), che si era costituito parte civile in questo procedimento.
Quel processo - che ipotizzava una corruzione internazionale per l'acquisizione di un giacimento petrolifero in Nigeria - si era concluso nel marzo 2021 con l'assoluzione di tutti e 13 gli imputati, oltre alle società Eni e Shell.
Al centro di questo processo di Brescia c'è la gestione da parte dei due magistrati di alcune informazioni a loro arrivate da una indagine parallela condotta da altri colleghi, che sarebbero risultate a favore di Eni, Shell e di tutti gli imputati.
Informazioni che i pm non valutarono alla stregua di prove e che ritennero avrebbero dovuto essere approfondite e verificate, e che quindi non inserirono nel processo allora in corso.
Il Tribunale di Brescia ha invece ritenuto che fossero obbligati a depositarle nel processo.
"E' un precedente pericoloso perché mette in discussione un principio fondamentale che è quello della autonomia nelle scelte processuali di un pubblico ministero", ha detto l'avvocato avvocato Massimo Dinoia, difensore dei due pm, dopo la lettura della sentenza.
Il legale ha precisato che i suoi assistiti faranno ricorso in appello, dopo il deposito delle motivazioni, previsto fra 45 giorni.
(Emilio Parodi, editing Claudia Cristoferi)