di Gavin Jones
ROMA (Reuters) - "Ogni promessa è debito. Pensaci", avverte il maxi-led che accoglie i passeggeri alle stazioni di Roma e Milano.
L'annuncio, affisso dall'Istituto Bruno Leoni (Ibl), è collocato sotto un enorme 'contatore del debito pubblico' e invita gli elettori a temere le promesse dei politici, che potrebbero portare il bilancio fuori controllo, secondo alcuni economisti.
Con un livello pari a circa il 132% del Pil, il più alto della zona euro se si eccettua la Grecia, il debito pubblico rende l'Italia vulnerabile al ripetersi di nuove crisi finanziarie come quella di fine 2011.
Sabato scorso, in un'insolita incursione nel mondo della politica, il governatore della Banca d'Italia ha avvertito i partiti che un aumento del disavanzo "rischierebbe di essere controproducente, visto che il problema del debito non può essere eluso."
Il centrodestra guida i sondaggi di gradimento nella corsa al voto del 4 marzo ed ha, secondo gli analisti, il programma più stravagante, tra massicci tagli alle tasse e impegni ad aumentare pensioni e spese assistenziali.
Il provvedimento porta-bandiera della coalizione è la flat tax sotto il 23% per cittadini e imprese, il cui costo oscilla tra i 50 e gli 80 miliardi a seconda di quale aliquota si decida di adottare.
Il Movimento Cinque Stelle e il Partito Democratico sono un po' meno generosi ma anch'essi promettono meno tasse e più spese, aumentando tra l'altro il deficit oltre i livelli concordati con l'Unione europea.
Ma, soprattutto, ciò che lascia gli economisti increduli è che tutte le parti in campo promettono allo stesso tempo di ridurre drasticamente il debito.
Forza Italia, il partito di Silvio Berlusconi, assicura di poterlo tagliare di circa 30 punti in cinque anni fino ad arrivare al 100% del Pil. Il Pd si è impegnato a raggiungere lo stesso risultato in 10 anni. Nello stesso arco di tempo i cinque stelle garantiscono un taglio di 40 punti.
"Ci stanno imbrogliando, sono numeri in libertà che non hanno senso", dice Roberto Perotti, economista all'Università Bocconi ed ex consulente del governo.
"SCENARI TROPPO OTTIMISTICI"
Aumentare il deficit per ridurre il rapporto debito/Pil contraddice l'ortodossia che ha regnato in Europa per decenni. Ma i partiti italiani sono concordi nel dire che occorre un nuovo approccio, perché la strategia del 'tirare la cinghia' ha fallito.
La chiave è la crescita, dicono. Se si stimola l'attività economica anche aumentando l'indebitamento ci saranno più posti di lavoro, più gettito e meno debito in rapporto al Pil.
È scettico Carlo Cottarelli, ex commissario alla spending review ed ex dirigente del Fondo monetario internazionale. I programmi elettorali si basano su "scenari macroeconomici molto ottimistici... e non si capisce quale sia la coerenza tra le misure che vengono annunciate e l'obiettivo di riduzione del debito".
I tagli alla spesa sono troppo vaghi per essere credibili. Perotti stima che il programma del centrodestra possa costare fino a 160 miliardi di euro e spingere il debito in rialzo di sette punti di Pil. Rigetta l'idea che le misure si possano autofinanziare stimolando la crescita.
Il Pil dovrebbe crescere del 10% per garantire le coperture della flat tax, dice.
Forza Italia propone di tagliare le agevolazioni fiscali a parziale copertura del suo programma ma finora nessuno ci è riuscito.
"Potremmo considerare quello di FI un piano credibile se ci dicessero quali agevolazioni tagliare", dice Lorenzo Codogno di Lc macro advisors.
Finora il mercato non ha reagito, forse perché non si ritiene che i partiti sapranno mantenere le promesse.
Perotti mette in guardia: "Non faranno tutto ma devono pur fare qualcosa. Si trattasse anche solo della flat tax sarebbe sufficiente a far salire significativamente il debito".
(Hanno contribuito Luca Trogni, Giulio Piovaccari)