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Meloni andrà in Libano, chiede garanzie su sicurezza truppe

Pubblicato 15.10.2024, 15:03
© Reuters. La premier Giorgia Meloni durante un intervento a Roma. REUTERS/Guglielmo Mangiapane/

ROMA (Reuters) - La premier Giorgia Meloni andrà in Libano e ha chiesto che vanga garantita la sicurezza del contingente italiano, dopo che le forze di pace delle Nazioni Unite sono state coinvolte in scontri a fuoco nel conflitto tra Israele ed Hezbollah.

L'Italia ha più di 1.000 soldati dispiegati nella missione di pace delle Nazioni Unite nota come Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite (Unifil). Ha anche truppe in una missione separata, nota come Mibil, che addestra le forze armate locali in Libano.

Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha espresso timori ieri dopo che diverse postazioni di mantenimento della pace dell'Onu sono finite sotto il fuoco nel sud del Libano e ha esortato tutte le parti - senza menzionarle esplicitamente - a rispettare la sicurezza del personale e dei locali dell'Unifil.

Dall'inizio delle operazioni di terra israeliane in Libano, l'1 ottobre, le postazioni dell'Unifil sono state colpite 20 volte, anche con fuoco diretto e in un incidente avvenuto domenica, in  cui due carri armati israeliani hanno sfondato i cancelli di una base Unifil, ha detto l'Onu.

"Riteniamo che l'atteggiamento delle forze israeliane sia del tutto ingiustificato", ha detto Meloni al Senato, definendolo una "palese violazione" della risoluzione delle Nazioni Unite sulla fine delle ostilità tra Hezbollah e Israele.

© Reuters. La premier Giorgia Meloni durante un intervento a Roma. REUTERS/Guglielmo Mangiapane/

"È già previsto che io vada in Libano, mentre il ministro (degli Esteri Antonio) Tajani si sta preparando per andare in Israele e Palestina la prossima settimana", ha detto la Meloni al Senato, senza fornire dettagli sui tempi del suo viaggio.

Riferendo in Senato prima del Consiglio Ue di giovedì e venerdì a Bruxelles, la premier ha aggiunto che le azioni di Israele non sono accettabili e che ha espresso questa posizione al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

(Tradotto da Enrico Sciacovelli, editing Francesca Piscioneri)

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