Questo articolo è stato scritto in esclusiva per Investing.com
- Un 2020 folle nei mercati dei future di petrolio e gas
- La politica USA potrebbe ridare all’OPEC+ il potere sui prezzi
- La domanda tornerà quando ci sarà l’immunità di gregge attraverso il vaccino
- Il panorama globale politico e finanziario supporta i prezzi di tutte le materie prime
Il greggio si sta spostando verso il 2021 con una nota rialzista, mentre il gas naturale resta sotto pressione. Le materie prime energetiche hanno sperimentato una forte pressione alla vendita nel 2020 in quanto la domanda è svanita durante la pandemia.
I future del greggio sul NYMEX sono scesi al prezzo più basso mai registrato ad aprile, quando sono scesi sotto lo zero. Il punto di consegna dei future NYMEX è a Cushing, in Oklahoma, un punto di stoccaggio senza sbocchi sul mare.
La mancanza di capacità di stoccaggio ha fatto crollare il prezzo in territorio negativo in quanto la materia prima è diventata una patata bollente per chi era in possesso di posizioni long con scadenza a maggio 2020. Il greggio Brent, gli altri contratti future scambiati sull’Intercontinental Exchange, è un petrolio che si trasporta via mare. I future Brent sono scesi al prezzo più basso del secolo, a 16 dollari al barile a fine aprile.
Nel frattempo, i future del gas naturale sono scesi al minimo di un quarto di secolo a giugno, quando sono scesi al minimo di 1,432 per MMBtu. I prezzi di petrolio e gas sono risaliti in maniera apprezzabile alla fine del 2020, con i future NYMEX e Brent rispettivamente a 48,52 e 51,80, ed il gas naturale sopra i 2,50 dollari per MMBtu. In questo inizio del 2021 i mercati energetici saranno volatili, ma la propensione direzionale è verso l’alto.
Un 2020 folle per i mercati dei future di petrolio e gas
Il massimo del 2020 per il mercato dei future del greggio NYMEX è stato toccato nella prima settimana dell’anno. In meno di cinque mesi, il prezzo è arrivato sotto lo zero da oltre 100 dollari al barile.
Fonte dei grafici: CQG
Il grafico qui sopra mostra l’andamento dal minimo del 20 aprile agli oltre 48 dollari al barile della fine del 2020. I future WTI in consegna a Cushing, in Oklahoma, sono stati scambiati in un range di 105,97 dollari nell’anno terminato la settimana scorsa.
Il prezzo di chiusura per il WTI è stato di 17,13 meno del massimo e di 88,84 sopra il minimo.
I future del gas naturale con consegna presso l’Hub di Henry a Erath, in Louisiana, sono stati scambiati in un range di 1,964 dollari nel 2020 con il minimo di fine giugno di 1,432 dollari ed il massimo del 30 ottobre di 3,396 dollari per MMBtu. Alla chiusura del 31 dicembre di 2,539 dollari, il prezzo del gas naturale è stato di 1,107 sopra il minimo e di 0,857 dollari sotto il massimo.
La volatilità è un incubo per gli investitori, ma crea un mare di opportunità per i trader in grado di tastare il polso dei mercati.
La politica USA potrebbe ridare all’OPEC+ il potere sui prezzi
L’amministrazione entrante di Biden si è impegnata a portare la politica energetica statunitense verso un approccio più green per coprire il fabbisogno energetico della nazione e del mondo intero. Il contesto normativo diventerà molto più rigido e si passerà dalle politiche di Trump del “drill-baby-drill” e “frack-baby-frack” al supporto di fonti energetiche che non comprendano combustibili fossili.
Minori estrazioni e costi normativi più elevati potrebbero portare al calo della produzione statunitense di petrolio e gas nei prossimi anni. Le elezioni del 5 gennaio in Georgia determineranno quanto l’amministrazione entrante possa spingersi nel limitare la produzione di idrocarburi, in quanto determinerà l’equilibrio dei poteri nel Senato. Una vittoria dei Repubblicani potrebbe aprire la strada ai negoziati e al compromesso, e potrebbe restringere l’agenda verde.
Se i democratici dovessero conquistare entrambi i seggi al Senato, l’amministrazione Biden avrebbe modo di far partire tutte le sue iniziative e rendere ancora più incisivi i cambiamenti nelle politiche energetiche. Se il Presidente eletto Biden dovesse aderire nuovamente all’accordo di Parigi sul clima, la produzione di carburanti di origine fossile probabilmente scenderà dai livelli visti negli ultimi anni.
Nel marzo 2020, la produzione di greggio è salita al livello record di 13,1 milioni di barili al giorno. Probabilmente non vedremo più livelli di produzione simili nel prossimo futuro. E mentre la produzione russa e saudita supera quella statunitense, il potere sui prezzi potrebbe ritornare all’OPEC+. I membri del cartello vogliono che i prezzi tocchino i livelli più alti possibile.
Per decenni la politica energetica statunitense ha mirato a raggiungere l’indipendenza dal petrolio estero. Il calo della produzione potrebbe far aumentare la dipendenza sull’OPEC+ in quanto il petrolio greggio è ancora una fonte di energia importantissima negli USA e nel mondo.
La domanda tornerà quando ci sarà l’immunità di gregge attraverso il vaccino
I prezzi del petrolio e del gas nel 2020 sono stati una causa del crollo della domanda dovuto alla pandemia. Mentre la gente in tutto il mondo lavorava da casa, viaggiava poco e praticava il distanziamento sociale, il bisogno di energia è diminuito, mandando il petrolio greggio WTI ai minimi storici e il gas naturale al livello più basso dal 1995.
L’immunità di gregge raggiungibile attraverso i vaccini potrebbero causare un improvviso aumento della domanda di energia quando tutti finiranno di restare confinati in casa, ritorneranno negli uffici e si prenderanno le tanto attese ferie. L’OPEC+ ha operato un taglio record della produzione nel 2020. Il cartello continuerà a ridurre i tagli, ma un cambiamento della politica energetica statunitense potrebbe compensare eventuali aumenti del cartello nei mesi e negli anni a venire.
Dopo il crollo della domanda del 2020, la ripresa dal coronavirus potrebbe creare un’impennata della domanda nel 2021.
Il panorama globale politico e finanziario supporta i prezzi di tutte le materie prime
Il panorama finanziario e politico mondiale supporta dei prezzi più elevati per le materie prime. L’indice del dollaro USA è sceso dal massimo dal 2002 di 103,96 a marzo 2020 al sotto il livello di 90 alla fine dell’anno, il minimo dal 2018. Il dollaro è la valuta riserva mondiale ed è in dollari che sono valutate quasi tutte le materie prime, energetici inclusi. Un dollaro in calo tende a supportare prezzi più elevati per le materie prime.
Inoltre, le politiche monetarie e fiscali delle banche centrali e dei governi rimangono molto accomodanti. L’ondata di liquidità sotto forma di bassi tassi di interesse a breve termine e di programmi di quantitative easing che deprimono i tassi lungo la curva dei rendimenti stimola l’indebitamento e la spesa e inibiscono il risparmio. Le politiche monetarie riducono il costo di stoccaggio delle scorte di materie prime. Contemporaneamente, il passaggio della politica della Fed da un obiettivo di inflazione del 2% a una media del 2% incoraggia l’inflazione, che è rialzista per i prezzi delle materie prime.
I programmi di stimolo del governo aumentano i deficit e l’offerta monetaria. Anche la liquidità della banca centrale provoca un aumento dell’offerta monetaria. Il sistema finanziario mondiale ha gettato molti semi inflazionistici nel 2020 che probabilmente fioriranno nei prossimi mesi e anni. Sebbene la pandemia del 2020 sia stata un evento decisamente diverso dalla crisi finanziaria globale del 2008, le banche centrali e i governi hanno utilizzato gli stessi strumenti per stabilizzare l’economia mondiale. Dal 2008 al 2011, i prezzi delle materie prime sono saliti ai massimi pluriennali e, in alcuni casi, hanno toccato dei massimi storici. Se la storia dovesse ripetersi, dovremmo aspettarci la stessa price action sui mercati delle materie prime nei prossimi anni.
Da un punto di vista politico, la produzione di energia degli Stati Uniti diminuirà sotto l’amministrazione Biden. Il Medio Oriente detiene ancora oltre la metà delle riserve mondiali di petrolio greggio. L’assassinio del principale scienziato nucleare iraniano alla fine del 2020 mette in evidenza la natura politica turbolenta del Medio Oriente. Inoltre, poiché Israele e molte nazioni arabe hanno rafforzato i loro legami, il golfo con l’Iran si è allargato. Qualsiasi aumento delle ostilità nell’area che abbia un impatto sulla produzione, sulla raffinazione o sulle rotte logistiche potrebbe causare picchi di prezzo a breve termine sui mercati dei future del greggio. Nulla è capace di far salire il prezzo del petrolio come la paura di non riuscire ad approvvigionarsene.
In questo inizio 2021, il panorama politico e finanziario delle materie prime è il più rialzista degli ultimi anni. I mercati dei tori raramente si muovono in linea retta. L’acquisto di materie prime in base al calo dei prezzi nelle settimane e nei mesi a venire potrebbe essere l’approccio ottimale a questa classe di asset per il prossimo anno.
I prezzi del petrolio greggio e del gas naturale potrebbero continuare a subire una forte volatilità nel 2021 e non dovremo attendere a lungo il primo evento significativo del nuovo anno. Le elezioni del 5 gennaio in Georgia determineranno l’entità del cambiamento nella politica energetica statunitense. Tuttavia, è sempre l’ignoto che tende a causare la volatilità più sostanziale dei prezzi.
Nel 2020 è stata la pandemia ad arrivare all’improvviso. Nel 2021, un evento che dobbiamo ancora considerare - e che potrebbe non essere ancora sul nostro radar - potrebbe essere il fattore in grado di causare la maggiore variazione dei prezzi.