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Chiusi i mercati USA

Pubblicato 02.09.2019, 15:16
Aggiornato 09.07.2023, 12:31
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Oggi i mercati USA sono chiusi per il Labor Day, dopo la conclusione prudente di venerdì. Le notizie principali che condizionano il mercato sono l’imposizione, domenica, di dazi USA del 15% su merci cinesi per un valore pari a $110 miliardi, cui se ne aggiungeranno altri, su importazioni per $160 miliardi, il 15 dicembre. La Cina dovrebbe reagire con dazi su merci importate dagli USA per un valore di $75 miliardi. Nel complesso, con il rallentamento del flusso di notizie, i mercati mostrano un andamento attendista. I prezzi del petrolio hanno ceduto gran parte dei guadagni perché l’uragano Dorian ha cambiato direzione. La scorsa settimana è continuato l’esodo dall’EUR verso l’USD, la coppia è scesa dell’1,5%, e, nella sola giornata di venerdì, dello 0,8%, a 1,0980. Il rendimento dei TIPS USA decennali è sceso, in territorio negativo, ai minimi da 6 anni.

Il dato, uscito la settimana scorsa, sulla seconda revisione della crescita del PIL nel T2 mostra qualche elemento positivo. Il dato è stato rivisto al ribasso, al 2,0% dal 2,1% t/t, ma i consumi personali hanno registrato un miglioramento, dal 4,3% al 4,7%. Si tratta del ritmo più veloce della spesa dei consumatori da più di quattro anni. Poi, il PCE core si è attestato all’1,7% a/a rispetto all’1,8%: il rallentamento dell’inflazione dà alla Fed più spazio di manovra. Come previsto, la bilancia commerciale si è indebolita, salendo a $982,5 mld rispetto ai 978,7 del mese precedente. Sembra che vi sia un allentamento delle tensioni commerciali, dopo che Trump ha suggerito che per “oggi” sono in programma dei colloqui sugli scambi commerciali. Il portavoce del ministro del Commercio Gao Feng ha detto alle agenzie: “La Cina ha molti strumenti di rappresaglia, ma ritiene che la questione da discutere ora riguardi la rimozione di nuovi dazi per evitare un’escalation”. Anche la prossima settimana i mercati valutari saranno in balia delle tensioni commerciali fra gli USA e la Cina. Tuttavia, inseguire la volatilità casuale provocata dai lanci d’agenzia e dai tweet di Trump potrebbe provocare un colpo di frusta per i trader.

In Tailandia, a luglio le esportazioni sono aumentate del 3,8% a/a, dopo la contrazione del 2,1% di giugno, mentre le importazioni sono salite marginalmente, dello 0,9% a/a, a seguito del calo precedente pari al 9,6%. È un segnale incoraggiante, considerando che il settore esterno pesa sull’economia. L’attuale surplus commerciale è rimasto solido, pari a $1,8 mld, a fronte dei $3,9 mld precedenti. Il calo delle esportazioni potrebbe, però, gravare sui consumi privati nella seconda metà dell’anno. Inoltre, a conferma della sensazione di una ripresa, le consistenze in riserva estera sono quasi ai massimi storici, pari a $220 miliardi. Nonostante i venti contrari sul fronte macro, pare che l’economia del Sud-Est asiatico abbia già toccato il fondo. Per quest’anno la Tailandia mostra una crescita rispettabile del PIL pari al 2,4%. A differenza di altre valute asiatiche, che hanno seguito l’USD/CNY al rialzo, il THB si è opposto alla tendenza. L’USD/THB ha ceduto il 6,5% nell’anno corrente, facendo aumentare la probabilità di un intervento della BoT per ridurre la forza del baht. La motivazione della Bot per il taglio dei tassi d’interesse del mese scorso è stata proprio ridurre la forza del baht. I verbali recenti della BoT indicano titubanza nel tagliare i tassi solo per frenare l’apprezzamento del TBH, ma sono ipotizzabili misure più incisive nel caso in cui la valuta continuasse a perdere competitività a livello regionale.

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