L’idea di intitolare il mio approfondimento su una delle principali materie prime, facendo riferimento alla situazione che tutti gli operatori di borsa e gli analisti continuano a visualizzare graficamente sul gold, ha come obiettivo quello di mostrare la fotografia plastica di un metallo giallo che stenta a trovare la sua direzione, in attesa di intercettare quella spinta che molti auspicano da giorni, come l’immagine di un leone chiuso in una gabbia, in attesa di ritrovare la sua libertà, perimetrata all’interno di un trading range quasi estenuante che vede un supporto in area 1670 dollari l’oncia ed una resistenza in area 1775 dollari.
A partire da quando inizia ad essere quotato a 35 dollari l’oncia, fino ad arrivare al livello attuale, l’oro ha tenuto in molte occasione gli investitori con il fiato sospeso, mostrando le sue particolari caratteristiche di bene rifugio e di assicurazione rispetto al pericolo crollo mercati, così come accaduto negli ultimi mesi, basti osservare il grafico facendo cadere lo sguardo sulle candele del mese di marzo.
Le ragioni della caduta repentina e quindi delle vendite importanti le abbiamo raccontate in più occasioni. Molti operatori hanno dovuto abbandonare asset come il gold fino a farlo cadere in picchiata, spingendolo sino ai minimi del novembre dello scorso anno in area 1457,42 dollari l’oncia. Amara decisione effettuata per dare ossigeno alle posizioni che hanno reso vita difficile a molti operatori, senza trascurare i discorsi riguardanti il ripristino dei margin call… ma questa storia fa ormai parte di una pagina del passato.
Senza dubbio è necessario focalizzare l’attenzione sul particolare storico periodo che ha caratterizzato la nostra vita sospesa, nell’attesa e la speranza di intercettare quelle notizie rassicuranti tali da far guardare il mondo con occhi diversi. Dal punto di vista tecnico, a mio avviso, l’obiettivo atteso è sempre quello di superare la resistenza individuata da diverse settimane e testata nel 2012 dai livelli toccati dalle candele dei mesi di settembre ed ottobre. Questo leone in gabbia volge spesso il suo sguardo ai prezzi storici di agosto e di settembre del 2011 quando le lunghe ombre delle candele mensili arrivarono a testare i 1900 dollari l’oncia. La rottura dei suddetti livelli, la fuoriuscita decisa da questa gabbia, può alimentare la volatilità e per tali motivi il mio invito è sempre di mantenere alta l’attenzione, utilizzando costantemente size ridotte.
In questi giorni, il London Bullion Market Association ha evidenziato l’aumento dei volumi di scambio a Londra rispetto a New York e questo rappresenta un aspetto che deve far riflettere. Ricordo ad esempio le anomalie registrate nel mese di marzo quando la differenza tra le quotazioni al Comex rispetto al mercato spot hanno alimentato le preoccupazioni a Londra scaturite dalla difficoltà per la scarsità di offerta dovuta alla chiusura di molte miniere, come quelle in Sudafrica, e le più importanti raffinerie, come quelle ubicate in Svizzera e nello specifico presso il Canton Ticino, per le misure anti contagio. La situazione è rientrata da questo punto di vista anche se il completo ritorno alla normalità è ancora lontano poichè, ad esempio, non possiamo non sottolineare che un fondamentale Paese come l'India, praticamente uno dei più grandi acquirenti al mondo insieme alla Cina, ha drasticamente ridotto gli acquisti a causa della pandemia.
Per capire l’importanza storica dell’oro, senza dilungarmi su antiche narrazioni, bisogna immaginare che la quantità complessiva di metallo estratto fino ai giorni nostri si avvicina alle 200 mila tonnellate. Se consideriamo che 32.100 once circa equivalgono ad una tonnellata, capiamo bene che i quantitativi sono davvero elevati, così come si è manifestata costantemente elevato l’interesse da parte della politica che è riuscita anche grazie all’oro ha modificare molti scenari internazionali, a partire ad esempio dai famosi accordi di Bretton Woods nel 1944 quando all’interno di un albergo di questa città americana i protagonisti dell’incontro hanno accettato gli accordi proposti e discussi tra John Maynard Keynes (per il governo inglese) e Dexter White (per il governo americano).
Decisioni rilevanti che nel 1971 sono state accantonate dal momento in cui Nixon per far fronte alle ingenti spese della guerra in Vietnam decide sostanzialmente di stampare moneta…Fatta questa brevissima parentesi storica, oggi la significativa iniezione di liquidità da parte delle banche centrali ha contribuito alla ripresa della quotazione della commodity in questione. Lo stesso World Gold Council (rappresenta a partire dal 1987 l’associazione industriale delle principali aziende minerarie aurifere che ha come obiettivo quello di stimolare la domanda) ha evidenziato l’importante aumento degli investimenti sull’oro già nei primi mesi dell’anno in corso. Le politiche monetarie espansive e la paura latente dell’inflazione spingono molti investitori a riprendere la corsa all’oro, metallo che tende tradizionalmente ad accogliere con positività le misure di stimolo all’economia e resta un osservato speciale come copertura rispetto alla svalutazione della valuta di riferimento.
Tuttavia, questi tempi di inondazione di liquidità mi ricollegano inevitabilmente ad una bellissima metafora letta su un libro interessantissimo scritto da Guido Maria Brera, che di recente ho terminato di approfondire, dove l’autore brillantemente sostiene che stampare moneta è come una nevicata copiosa, fittissima. All’inizio hai l’impressione che il bianco sia ovunque ma poi quando smette capisci che non è così e che la neve si accumula sempre su altra neve e noti degli spazi vuoti privi della stessa neve caduta…