Market Brief
Pare che i dati sul commercio internazionale di luglio siano stati la goccia che ha fatto traboccare il vaso: la pazienza della Cina nei confronti di un’economia stagnante è finita. La PBoC ha deciso di ingranare la marcia, tagliando il prezzo ufficiale dello yuan dell’1,9%, portandolo questa mattina a 6,2280. Non è una coincidenza che la decisione arrivi a quasi una settimana da quando l’FMI ha suggerito di rinviare la decisione sull’inclusione dello yuan nel paniere dei diritti di prelievo speciali (SDR); ci aspettavamo che la banca continuasse a stimolare l’economia, ma avevamo scommesso su un aggiustamento del quoziente di riserva obbligatorio e del tasso sui prestiti a un anno. La Cina sta chiaramente giocando la carta della svalutazione competitiva e si è unita alla guerra delle valute in corso. Sul fronte dei dati, i nuovi prestiti cinesi sono saliti di 1.480 mld di CNY rispetto ai 750 mld previsti e ai 1.279,1 mld di CNY del rilevamento precedente. A luglio, la massa monetaria M2 è cresciuta del 13,3%, rispetto all’11,8% di giugno e all’11,7% previsto. La decisione della PBoC ha avuto un forte impatto soprattutto sul mercato dei cambi asiatico, con il dollaro australiano, il dollaro neozelandese, il won sudcoreano e il dollaro taiwanese in calo di più dell’1% contro l’USD. L’AUD, molto sensibile a ciò che avviene in Cina, ha ceduto fino all’1,80% contro il biglietto verde, dopo che l’indice NAB sulle condizioni delle imprese è sceso a 6 punti dai 10 del mese precedente, mentre la coppia NZD/USD è calata dell’1,30%. Per quanto riguarda le borse, le piazze asiatiche sono per lo più in territorio negativo, con il Nikkei giapponese a -0,42%, l’S&P/ASX a -0,65%, la borsa neozelandese a -0,73% e il Kospi sudcoreano a -0,82%. Il Composite di Shanghai guadagna invece lo 0,64%, il Composite di Shenzhen l’1,38% e l’Hang Seng di Hong Kong lo 0,75%. In Europa, la situazione non è migliore: il DAX tedesco cede lo 0,41%, il CAC lo 0,51%, l’Euro Stoxx 50 lo 0,52%, il Footsie lo 0,48% e l’SMI lo 0,33%. Ieri il dollaro ha ceduto terreno dopo che il vice presidente della Fed, Stanley Fischer, ha affermato che i livelli d’inflazione rimangono bassi sebbene il mercato del lavoro si stia avvicinando ai livelli ottimali. Secondo Fischer, “la preoccupazione riguarda il non agire prima che l’inflazione, e anche l’occupazione, ritorni a livelli più normali”. L’EUR/USD ha raggiunto quota 1,1042 a New York, in rialzo dell’1% su base giornaliera, ma poi non è riuscito a violare al rialzo il livello a 1,1049 (38,2% di Fibonacci sulla svalutazione di giugno-luglio). L’euro alla fine si è stabilizzato al ribasso, intorno a 1,0970 dopo l’annuncio della PBoC. La sterlina ha seguito quasi lo stesso andamento, guadagnando circa l’1% contro l’USD prima di stabilizzarsi intorno a 1,5560. L’USD/CHF riprende fiato dopo la corsa rialzista in atto da due mesi ed è inciampato nella resistenza a 0,9863 (massimo 13 aprile), al momento si sta stabilizzando appena sotto questo livello. Il dollaro troverà un forte supporto intorno a 0,9540 (media mobile a 200 giorni) e 0,9463 (38,2% di Fibonacci sul rally in atto da gennaio a marzo). Anche l’EUR/CHF viene ostacolato da un livello di resistenza chiave. L’euro non è riuscito a violare la forte resistenza costituita dal massimo del 20 febbraio a 1,0812 e dalla media mobile a 200 giorni, posta attualmente a 1,0868. Tuttavia, prevediamo che il franco svizzero s’indebolirà ulteriormente contro queste due valute vista la divergenza economica fra la Svizzera da una parte e gli USA e l’Eurozona dall’altra. Oggi gli operatori monitoreranno il sondaggio ZEW in Germania ed Eurozona; l’IPC in Italia; i nuovi cantieri residenziali in Canada; le rimanenze dei grossisti negli USA; la bilancia commerciale in India; le cifre settimanali sull’inflazione in Brasile.