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Crollo dell’AUD per effetto dell’inflazione debole

Pubblicato 27.04.2016, 11:12
Aggiornato 07.03.2022, 11:10

L’ultima serie di dati economici pubblicati ieri negli USA è stata per lo più all’insegna della debolezza e ha gettato un’ombra sulle prospettive economiche del paese.

A marzo gli ordini di beni durevoli sono rimbalzati meno del previsto, suggerendo che la contrazione nel settore produttivo non è finita. A marzo l’indicatore è salito dello 0,8% m/m, mancando l’1,9% delle previsioni medie, mentre il rilevamento del mese precedente è stato rivisto al ribasso, al 3,1%. Al netto della domanda di beni legati ai trasporti, i nuovi ordinativi sono scesi del -0,2% a fronte del +0,5% previsto. Subito dopo la pubblicazione, l’EUR/USD è balzato dello 0,60% a 1,1340, per poi consolidarsi intorno a 1,13 per effetto del lieve miglioramento dei PMI composito e servizi. Il primo si è attestato a 51,7 punti ad aprile, rispetto ai 51,3 di marzo, il secondo è salito a 52,1 da 51,2 punti. In definitiva, ancora non ci sono chiari segnali di ripresa, gran parte dei settori USA continua a sorprendere in deciso ribasso. Il comunicato della Fed porrà quindi l’accento sulle deboli prospettive per gli USA.

Fatta eccezione per il dollaro australiano, colpito duramente, in Asia la seduta si è svolta in modo relativamente tranquillo, gran parte delle valute G10 ha mostrato un andamento laterale. L’AUD/USD ha ceduto il 2%, scendendo a 0,76, dopo che l’inflazione primaria è crollata ai minimi dal quarto trimestre del 2008, attestandosi al -0,2% rispetto al +0,2% previsto. L’inflazione di fondo (escluse le componenti più volatili) si è attestata al +0,2% rispetto al +0,5% previsto, in calo rispetto allo 0,6% del trimestre precedente.

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Prevediamo che l’AUD continuerà a scendere, perché i venditori si precipiteranno sul mercato, spingendo al ribasso l’AUD in previsione che la banca centrale australiana (Reserve Bank of Australia) interverrà per abbassare il tasso d’interesse chiave nel tentativo di stimolare l’inflazione.

In Nuova Zelanda, la bilancia commerciale è risultata debole, attestandosi a 117 mln di NZD rispetto ai 401 mln di NZD della previsione media, perché le esportazioni sono calate più del previsto. Il crollo del valore delle esportazioni di beni primari ha fatto aumentare il deficit commerciale annuale.

A marzo le esportazioni di prodotti caseari sono calate di un altro 12,2%, dopo la flessione pari al 5,7% del mese precedente. Analogamente, le esportazioni di prodotti della carne sono scese del 10,9% dopo il -8,3% registrato a febbraio.

Nel mese considerato, solo il prezzo basso del petrolio e l’aumento del valore delle esportazioni di frutta hanno contribuito a limitare i danni. Si tratta, infatti, del deficit commerciale maggiore dall’aprile del 2009. Con queste premesse, la coppia NZD/USD ha ceduto lo 0,50% a Wellington. Inoltre, la decisione sui tassi di questa sera della RBNZ probabilmente ricorderà agli investitori che la banca centrale ha ancora un’impostazione accomodante e non guarda con favore al recente apprezzamento del kiwi (NZD).

Oggi gli operatori monitoreranno le vendite al dettaglio in Spagna; il sondaggio sulla tendenza dell’economia e la bilancia commerciale in Svezia; la fiducia dei consumatori, la fiducia delle imprese e il sentiment economico in Italia; le cifre sul PIL nel Regno Unito; le domande di mutui MBA, le vendite di case in corso e la decisione sul tasso del FOMC negli USA; la decisione sul tasso della RBNZ (in Nuova Zelanda) e in Brasile.

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