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Dopo un 3° trimestre forte, Facebook rimane in stallo; cosa lo trattiene?

Pubblicato 05.11.2019, 16:52
Aggiornato 09.07.2023, 12:31

Negli ultimi quindici mesi, il titolo di Facebook (NASDAQ:FB) è rimasto praticamente in stallo. Un tempo uno dei preferiti dal mercato, il titolo del colosso dei social è rimbalzato di solo il 3,6% in questo periodo di tempo, restando significativamente indietro rispetto alla performance dell’indice S&P 500 dell’8,6% nello stesso periodo.

FB Weekly 2018-2019

Il prezzo attuale di 194 dollari è lo stesso del gennaio 2018, con il titolo scambiato perlopiù lateralmente da allora.

Persino dopo il grande successo dei ricavi emerso dal report sugli utili trimestrali della scorsa settimana, Facebook sembra non stare andando da nessuna parte. Da quando il titolo ha fatto il suo debutto in borsa nel 2012 non è mai rimasto bloccato allo stesso prezzo per due anni, un qualcosa che è pericolosamente vicino a fare. Se l’attività va così bene, allora cos’è che sta andando male?

In effetti, le cifre della compagnia continuano a salire: i ricavi nel terzo trimestre sono stati di 17,6 miliardi di dollari, il 29% in più rispetto all’anno prima. Gli utili sono pari a 2,12 dollari ad azione, il 20% in più in confronto allo stesso trimestre dell’anno scorso. Sebbene il prezzo del titolo sia rimbalzato dopo gli utili, raggiungendo i 198 dollari, è poi prontamente sceso a 193 dollari subito dopo.

Il problema allora per Facebook non riguarda la redditività. Riguarda piuttosto la percezione: è semplicemente peggiorato il sentimento degli investitori riguardo a quello che fa la compagnia e a quello che rappresenta.

Questo perché il colosso dei social si è ritrovato sotto i riflettori su due fronti allo stesso momento, combattendo due importantissime battaglie, ciascuna con un impatto significativo sulla compagnia e sul suo titolo.

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Politica, faziosità e pubblicità vietata

Dopo le elezioni presidenziali USA del 2016, Facebook è involontariamente diventato un “operatore” politico, in seguito alle accuse emerse secondo cui la piattaforma social sarebbe stata determinante per aiutare la Russia ad influenzare il processo e forse anche i risultati. Inoltre, i Democratici credono che Facebook sia schierato contro di loro mentre i Repubblicani sono convinti di essere discriminati.

Facebook è incastrato tra i due fronti, senza alcuna possibilità di convincere uno dei due che si sbaglia. Ovviamente, questo particolare problema non è un’esclusiva di Facebook: anche Twitter (NYSE:TWTR) e Google (NASDAQ:GOOGL) vengono accusati delle stesse cose.

Le udienze al Congresso USA nel settembre 2018 e nell’aprile 2019 sull’argomento hanno introdotto la possibilità di controlli normativi più severi nei confronti di Facebook e di altre piattaforme social, spaventando gli investitori. Inoltre, non aiuta il fatto che Twitter di recente abbia annunciato che vieterà ogni pubblicità politica dalla sua piattaforma mentre Facebook ha reso noto che non controllerà neanche la veridicità delle inserzioni politiche postate sul suo sito.

Ritrovarsi al centro di un aspro dibattito politico in cui si viene accusati di reati letteralmente da tutti non è proprio il modo migliore per spingere le vendite.

Potere in aumento, maggiori dati degli utenti

Come se ciò non bastasse, anche l’annuncio di Facebook di una criptovaluta proprietaria, Libra, non è stato esattamente un colpo da maestro per le pubbliche relazioni.

Con le crescenti richieste da parte del pubblico e dei governi globali per limitare il potere di Facebook considerato il volume dei dati degli utenti che già raccoglie (e che è accelerato dopo la notizia del 2018 della violazione dei dati di Cambridge Analytica), sviluppare un'altra piattaforma da cui estrarre ancora più informazioni sugli utenti, stavolta finanziarie, sembra proprio un passo falso da parte dell'azienda. Per non dire che si tratta di un modo sicuro per mettersi contro i governi.

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In effetti, a fine ottobre il Congresso ha tenuto un’altra udienza in cui l’amministratore delegato Mark Zuckerberg ha discusso dei suoi piani per il progetto Libra. Ma, leggendo fra le righe, la sessione si è centrata in realtà di più su come, sviluppando una criptovaluta appoggiata da un'azienda, Facebook lederebbe le banche centrali globali ed ostacolerebbe il potere dei governi di controllare le valute in corso legale, nonché sul ruolo che le stablecoin dovrebbero avere all’interno dell’economia statunitense.

Il progetto Libra sembra morto a questo punto. I grandi partner, come Mastercard (NYSE:MA), Visa (NYSE:V), Stripe e PayPal (NASDAQ:PYPL), hanno fatto un passo indietro. Sarebbe saggio per Facebook indicare di stare ripensando alla premessa senza distruggerla del tutto. Fatto strategicamente, questo sarebbe un bene per le pubbliche relazioni e consentirebbe anche un allentamento delle pressioni da parte degli enti regolatori governativi internazionali e degli USA.

Cosa succederà?

Facebook riuscirà a tirarsi sufficientemente fuori dalla luce dei riflettori per tornare a fare quello che gli riesce meglio, evitando la forza dei controlli governativi e rimettendo in sesto la sua reputazione? Probabilmente.

Sebbene stia ora portando il peso maggiore dell‘attacco normativo mirato ai social in generale, nessuna legislazione probabilmente finirà per discriminare solo Facebook. Nel peggiore dei casi, l’ambiente normativo diventerà eccessivamente severo, influendo sul modo in cui la compagnia fa affari oggi. Questo peserebbe sui ricavi e probabilmente renderebbe più proibitive le iniziative imprenditoriali future.

Tuttavia, i social non scompariranno. E, data l’ampia portata di Facebook insieme alla profondità dei suoi forzieri, la compagnia probabilmente sarà ancora in grado di ottenere un forte vantaggio competitivo sui rivali a prescindere da quanto i legislatori avranno la mano pesante.

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Inoltre, in quanto leader riconosciuto nel suo segmento, Facebook è meglio equipaggiato rispetto ai suoi rivali per gestire i cambiamenti. Ha dopotutto dimostrato più volte la sua abilità nel monetizzare efficacemente le sue piattaforme.

E poi delle norme troppo severe potrebbero ridurre la concorrenza, il che probabilmente spingerebbe ad un'innovazione interna portando al contempo sempre più utenti su Facebook ed alimentando la partecipazione di mercato della compagnia. Come prova, questo è esattamente quanto è successo quando è entrato in vigore il RGPD europeo contro gli inserzionisti online a metà del 2018. Il regolamento ha portato Facebook e Google ad avere più potere relativo, anziché meno.

La domanda forse più importante è: quando si fermerà la controversia? Questo, ovviamente, è difficile da prevedere. Potrebbe, sfortunatamente, durare un anno o più, a meno che Facebook non torni sotto i riflettori in qualche altro modo.

Ciononostante, gli utenti continuano ad accorrere su Facebook. Al momento conta 2,4 miliardi di utenti mensili attivi, il 31% dell’intera popolazione mondiale. Persino con le pubbliche relazioni negative e l’aumento dei controlli normativi, sul lungo termine, resta difficile scommettere contro questi dati.

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