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Ecco le tendenze per i mercati per il secondo semestre

Pubblicato 27.06.2023, 07:07
US500
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Quando si va corti, si può fare il 90%. Ma quando si va lunghi si può fare molto di più (P. Lynch).
 
Serie di dati USA in uscita oggi: ordini di beni durevoli di maggio in uscita oggi alle 14:30 (stima -1,3% contro +1,1% di aprile), vendita di nuove case di maggio alle 16:00 (stima 657k contro 683k di aprile) e la fiducia dei consumatori di giugno (stima 104 contro 102,3 di aprile).
 
Ieri l’indice IFO di giugno, che come noto è un indicatore precoce dell’attività economica, è risultato più basso delle attese (88,4 contro 90,7 atteso e 91,7 di maggio), a conferma che probabilmente la recessione dell’economia tedesca, risultante dalla variazione negativa del PIL degli ultimi due trimestri, potrebbe essere proseguita anche nel 2Q23.
 
Siamo alla fine del primo semestre dell’anno e crediamo che questo possa essere il momento in cui evidenziare alcune tendenze che ci accompagneranno per il resto del 2023.
 
Prendiamo in esame il mercato “faro” nel mondo: quello USA. Questo nel complesso continua ad essere notevolmente resiliente. L'S&P 500 per esempio è in rialzo di oltre il 15% dall'inizio dell'anno, anche se guidato da una manciata di settori e titoli tecnologici a grande capitalizzazione e sostenuto dall'entusiasmo degli investitori per il settore emergente dell'intelligenza artificiale (AI). Solo recentemente abbiamo notato una modesta crescita anche dei titoli a bassa capitalizzazione e in alcuni settori ciclici come quelli industriali e dei materiali.
 
La FED, per bocca del suo presidente, parrebbe non aver ancora terminato il ciclo di aumento dei tassi, considerato che l’inflazione (soprattutto quella core) continua ad essere più del doppio dell’obiettivo. Non dimentichiamo che comunque l’economia USA continua a sfidare le richieste di recessione, con una crescita del PIL del secondo trimestre che dovrebbe essere ancora positiva (1,4% la stima contro 2,6% del 4Q22).
 
Le domande che si pongono gli investitori sono diverse, ma tendenzialmente vertono su come procederà l’economia e che farà la banca centrale.
 
Sul fronte economico, ci sentiamo di affermare che è molto più probabile che l’economia rallenti, piuttosto che continui a crescere. Il motivo sono gli effetti del rialzo di 500 bp in 12 mesi che cominciano a mordere sull’economia reale (la crisi delle banche regionali è la punta dell’iceberg). A sostenere la crescita dei consumi e, quindi indirettamente del PIL, è stata soprattutto la resilienza del mercato del lavoro, che vanta ancora tassi di disoccupazione vicini ai minimi pluriennali, insieme ad una sana crescita salariale. Non dimentichiamo i risparmi che, se in uscita dalla pandemia erano circa 2,5 trilioni di dollari, al momento sono ancora circa 1 trilione di dollari, in grado quindi di sostenere i consumi. La resilienza del mercato del lavoro è in parte il risultato della distorsione aperta dalla pandemia: molti lavoratori hanno abbandonato la forza lavoro durante questo periodo e alcune industrie hanno ancora difficoltà a trovare lavoratori, specialmente quelli in settori che richiedono lavoratori di persona e in prima linea. Ma dall’altra parte sappiamo che i dati sulla disoccupazione sono gli ultimi segnalatori della recessione.
 
Iniziamo però a vedere i primi timidi segnali che il mercato del lavoro e l'economia in generale potrebbero presto raffreddarsi. Alcuni indicatori anticipatori del mercato del lavoro indicano infatti una debolezza imminente, tra i quali l'aumento delle richieste di sussidio di disoccupazione e il calo delle offerte di lavoro. Inoltre, gli indicatori anticipatori dell'attività economica, come il PMI manifatturiero e dei servizi e gli indici principali dell'OCSE, sono in fase discendente, mentre gli indicatori delle componenti di produzione già segnalano una contrazione.
 
Non ci sentiamo di escludere che potremmo anche assistere ad una recessione “ibrida”, con alcuni settori in crescita negativa mentre altri che si stabilizzano e altri ancora che invece rimbalzano. L'edilizia abitativa, ad esempio, sembrava aver subito un calo all'inizio di quest'anno e ora sembra in fase di stabilizzazione. Nel complesso, questo potrebbe portare ad una crescita economica inferiore al trend, ma potremmo non assistere ai tradizionali due o più trimestri di crescita negativa. E, cosa importante, se recessione sarà, non la vediamo al momento profonda e/o prolungata nella seconda metà del 2023.
 
La FED continua a lottare duramente contro l'inflazione, con il FOMC che nelle sue proiezioni di giugno ha indicato che il picco del tasso sui fondi federali potrebbe raggiungere il 5,6% (che significa ulteriori due rialzi di 25 bp ciascuno). I mercati, dopo l’ultimo discorso di Powell alla Commissione Finanza della Camera, stanno però scontando un solo ulteriore rialzo alla riunione di luglio e un altro “wait and see” forse fino alla fine dell'anno.
 
Crediamo che la FED possa aumentare ancora una volta i tassi e in seguito fare affidamento sui dati, prendendosi probabilmente un’altra pausa (comprando quindi tempo). Sempre al netto di ulteriori e forti rialzi dell’inflazione core.
 
Decisamente improbabile appare quindi un taglio dei tassi entro la fine del 2023, salvo evidentemente un forte shock che spinga l'economia verso una recessione più grave delle attese. La stessa FED ha indicato come probabile nel 2024 un taglio dei tassi, con le sue proiezioni che indicano che il tasso dei fondi federali si abbasserà dell'1,0%. Attualmente i tassi di interesse sono in territorio restrittivo, là dove la FED voleva portarli. La domanda diventa quanto tempo vorrà lasciarceli.
 
Un altro tema importante che terrà impegnati gli investitori, sono le opportunità che si stanno formando sia sul mercato azionario sia su quello obbligazionario per i prossimi 12-18 mesi. Sebbene il 2022 sia stato un anno difficile per gli investitori, stiamo assistendo ai primi segnali di una timida ripresa, in particolare nei settori che sono stati più colpiti lo scorso anno. E’ altrettanto vero che tuttavia i mercati potrebbero non essere in grado di ignorare una lieve recessione o flessione economica, ma siamo convinti che un aumento della volatilità potrebbe essere utilizzato come un'opportunità per posizionarsi in vista di una ripresa più sostenibile.
 
Crediamo però che occorra ancora un po’ di tempo prima di aumentare il peso della componente azionaria nel portafoglio, ma siamo tuttavia convinti che il graduale calo dell'inflazione e il cambiamento delle politiche delle banche centrali in vista del picco dei tassi di interesse, potrebbero aver già posto le fondamenta per un nuovo mercato rialzista. Nelle azioni in particolare, poiché gli investitori cominceranno presto a guardare al 2024, che a nostro avviso potrebbe portare a un'inflazione più bassa, tassi di interesse più bassi e migliori tendenze degli utili, rispetto al 2023.
 
Nelle obbligazioni vediamo in formazione un'opportunità per integrare alcuni posizionamenti a breve scadenza e strumenti simili alla liquidità con obbligazioni a più lunga duration, ma unicamente nell’investment grade di qualità. Questo alla luce del fatto che normalmente il picco dei rendimenti dei titoli di stato si verifica qualche mese prima del picco dei tassi della banca centrale.
 
Se siamo vicini alla fine dei rialzi (uno o due aumenti che siano), significa che con il prossimo aumento i massimi potrebbero essere in vista già nelle prossime settimane. Questo rappresenterebbe un'opportunità per gli asset di durata più lunga, in quanto gli investitori potrebbero ottenere rendimenti a scadenza migliori, tenuto conto che potrebbero anche avere il potenziale per un apprezzamento dei prezzi, proprio perché le banche centrali sono prossime alla fine del ciclo di rialzi.
 
 
 
 

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