In Asia le borse hanno aperto la settimana contrastate.
Il Nikkei (-0,63%) è sceso perché i dati hanno mostrato che, nel secondo trimestre, l’economia giapponese si è contratta del 7,8% e del 27,8% su base annua; si tratta della cifra peggiore mai registrata, con la pandemia che ha avuto un pesante impatto su consumi, spesa in capitale ed esportazioni. A giugno la produzione industriale ha recuperato l’1,9% a/a, meno del 2,7% previsto dagli analisti dopo il crollo pari all’8,9% registrato il mese scorso.
L’ASX 200 è scivolato dello 0,69%.
L’azionario cinese è invece salito marginalmente, dopo che la banca centrale cinese (People’s Bank of China, PBoC) ha iniettato 700 miliardi di yuan attraverso lo strumento di rifinanziamento a medio termine (MLF) a un tasso del 2,95% per il quarto mese consecutivo. L’importo di questa iniezione di fondi ha superato i 550 miliardi immessi complessivamente negli ultimi due mesi.
La liquidità cinese in eccesso ha stuzzicato l’appetito degli investitori, attenuando un po’ le pressioni negative sui future azionari USA, spingendo al rialzo i future su Dow (+0,37%), S&P (+0,30%) e Nasdaq (+0,44%) dopo la chiusura contrastata di venerdì. Ma lo stallo nei negoziati per gli aiuti fiscali negli USA probabilmente peserà sul sentiment degli investitori; i nuovi stimoli non vedranno infatti la luce nelle prossime settimane perché le sedute del Senato sono state rinviate all’inizio di settembre.
Intanto i colloqui fra i funzionari americani e cinesi sull’accordo commerciale di fase uno, inizialmente in programma la scorsa settimana, sono stati rinviati. Il ritardo nelle trattative solleva preoccupazioni sull’accordo commerciale, anche se una riunione posticipata è comunque meglio dello scenario peggiore, ovvero la rottura dell’accordo. Viste le pressioni crescenti di Donald Trump sulla Cina nell’ambito della sua strategia per la campagna elettorale, è comunque poco probabile che dalla prossima tornata di negoziati arrivi qualcosa di buono. L’assenza di novità su questo fronte è pertanto positiva.
Di conseguenza, le incertezze sul prossimo pacchetto di aiuti fiscali USA e il deterioramento delle relazioni sino-americane costituiscono I maggiori rischi al ribasso per l’azionario USA e per la propensione degli investitori nel breve termine.
I future sul FTSE (+0,07%) suggeriscono un avvio fiacco a Londra.
Il rendimento dei decennali USA ora è superiore allo 0,70%, livello massimo da due mesi, e il dollaro USA è per lo più stabile contro le altre valute principali. Oggi gli investitori monitoreranno come il mercato assorbirà l’asta di titoli USA a 3 e 6 mesi, dopo la scarsa domanda di titoli trentennali registrata la scorsa settimana. Una domanda debole dovrebbe incoraggiare un ulteriore aumento della curva dei rendimenti USA.
L’oro ha trovato richiesta sopra i $1930 all’oncia, ma gli investitori sono ancora attendisti, in seguito alla marcata correzione ribassista che la scorsa settimana ha fatto scendere fino a un massimo di $200 il prezzo di un’oncia. Anche il recupero dei rendimenti USA dovrebbe frenare l’appetito per il metallo giallo perché ora gli investitori si chiedono se vi sia potenziale per rialzi sostenibili oltre i $2000 all’oncia. Visti gli umori contrastati, l’oro potrebbe non essere la protezione indicata in caso di una nuova ondata di avversione al rischio sui mercati globali. Il supporto cruciale nel trend positivo di medio termine si attesta a $1845 all’oncia. Un movimento sotto questo livello dovrebbe segnalare un’inversione ribassista del trend e spianare la strada a una correzione ribassista più marcata verso i $1500 all’oncia.
Poiché al momento l’oro è fuori gara, gli investitori cercheranno rifugio nel franco svizzero. L’USD/CHF risente di maggiori pressioni al ribasso, ma la Banca Nazionale Svizzera (BNS) probabilmente interverrà per impedire un ulteriore rafforzamento del franco.
La direzione delle coppie EUR/USD e GBP/USD continua a essere determinata soprattutto dalla propensione per l’USD. Tuttavia, visti i lunghi eccessivi su euro e sterlina contro il biglietto verde, i rischi rimangono inclinati al ribasso.
Il greggio WTI si attesta ancora sul livello cruciale vicino ai $43 all’oncia, pari alla media mobile a 200 giorni. I tori continuano a credere che la ripresa della domanda globale di petrolio, pur rivista al ribasso, continuerà a sostenere il mercato. Tuttavia, un progresso legato alla domanda è un po’ illusoria, considerando l’incremento dei casi di Covid e le incertezze legate al ritmo della ripresa economica globale. L’incapacità di superare la media mobile a 200 giorni potrebbe dunque innescare una flessione di medio termine verso il livello dei $40 e ancora più giù.
Calendario economico scarno di appuntamenti in avvio di settimana: lunedì gli investitori monitoreranno l’indice Empire State sul manifatturiero e martedì i verbali della riunione della banca centrale australiana (Reserve Bank of Australia, RBA).