Dopo oltre due anni, gli investitori retail, noti anche come “dumb money” (inesperti), sono tornati quasi in pareggio.
Un recente grafico di Vanda Research mostra che il portafoglio dell’investitore retail “dumb money” medio rivela ancora un calo nonostante i mercati registrino nuovi massimi storici.
Non sorprende, dato che gli investitori retail spesso sono vittime del comportamento psicologico noto come “FOMO” (“fear of missing out”, la paura di restare tagliati fuori).
Il grafico sotto mostra l’indice “dumb money index” rispetto all’S&P 500. Ancora una volta, gli investitori retail sono molto long sull’azionario rispetto agli operatori istituzionali, definiti “smart money.”
La differenza tra investitori “smart” e “dumb money” rivela che, il più delle volte, i “dumb money” investono vicino agli apici di mercato e vendono vicino ai bottom.
Possiamo confermare l’analisi “smart/dumb money” considerando le allocazioni degli investitori retail in azioni, bond e liquidità.
Con i mercati sopravvalutati e vicini ai massimi storici, non sorprende che le allocazioni azionarie degli investitori retail siano a livelli storicamente altissimi, con pochi possedimenti di liquidità e bond.
Ovviamente, non è il fatto che gli investitori retail inseguano i mercati al rialzo; è cosa inseguono i “dumb money” ad essere interessante.
Inseguire il Russell 2000
La scorsa settimana, ho parlato del rapporto tra i dati NFIB e l’indice Russell 2000. Come ho detto:
“Il recente entusiasmo per i titoli small-cap non sorprende nemmeno, dato il lungo periodo di performance inferiore rispetto all’indice S&P 500 pesato sulla market cap.
La speranza di un trade di “recupero” come “marea che solleva tutte le barche” è una scommessa perenne degli investitori e, come si nota, i titoli small e mid-cap in effetti sono schizzati in ritardo rispetto ai large-cap”.
Vediamo questo entusiasmo negli afflussi di capitale nelle compagnie small-cap dopo gli assegni di stimolo del 2020, che hanno alimentato un’intera generazione di trader di”meme stock” su Reddit e Robinhood.
Le speranze di soldi facili da parte di un titolo small-cap “che va alle stelle”, insieme a tutto l’entusiasmo sui social, ha fatto aumentare la febbre speculativa.
Allo stesso tempo, per sfruttare le loro scommesse, questi trader retail si sono riversati nelle opzioni call.
Il rischio con le opzioni call speculative è che sono o vincenti oppure un totale fallimento. Pertanto, il rischio speculativo nel trading delle opzioni è decisamente maggiore rispetto all’acquisto delle compagnie sottostanti.
Tuttavia, gli investitori retail stanno accumulando denaro direttamente sui titoli delle small-cap, come dimostrano i crescenti afflussi settimanali.
In particolare, nelle small-cap growth rispetto alle value, con una sostanziale accelerazione a partire da novembre 2023, in aumento nel 2024.
Come abbiamo detto, questo livello di propensione al rischio speculativo da parte degli investitori retail è sempre finito male. Ecco perché il mercato finanziario li considera “dumb money”.
Ovviamente, questo ci porta a chiederci se gli investitori non stiano rifacendo gli stessi errori.
Un problema piccolo potrebbe rivelarsi grande
Nell’ultimo decennio, gli interventi della Fed hanno portato ad un enorme aumento della leva finanziaria delle aziende USA.
Ovviamente, con i ripetuti interventi finanziari insieme ad una politica di interessi a zero, perché le aziende dovrebbero aumentare l’utilizzo di debito economico?
L’aumento del carico di debito non costituisce un rischio intrinseco per le società large-cap con ricavi ingenti.
Tuttavia, per le small-cap, le cose sono diverse. Una crescita economica più debole continua ad aumentare il numero delle cosiddette “aziende zombie”. Cos’è uno “zombie” nel mondo finanziario?
Gli “zombie” sono aziende i cui costi di servizio del debito sono superiori ai loro profitti, ma che si mantengono in vita grazie a un’incessante attività di prestito.
È un problema macroeconomico, perché le aziende zombie sono meno produttive. La loro esistenza riduce gli investimenti e l’occupazione nelle aziende più produttive.
In breve, un effetto collaterale dei tassi bassi per un lungo periodo è che tengono in vita più aziende improduttive, portando ad un calo del tasso di crescita a lungo termine dell’economia”. – Axios
Il grafico sotto dai nostri amici di Kailash Concepts mostra il problema dei “dumb money” che si affollano nelle small-cap.
Con quasi il 40% dell’indice Russell 2000 che riporta utili negativi, molti hanno emesso debiti per sostenere le operazioni.
Al contrario di molte compagnie nell’S&P 500 che hanno rifinanziato il debito a tassi decisamente bassi, molte del Russell 2000 non ci sono riuscite. Il rischio è che se i tassi di interesse più alti resteranno quando il “debt wall” maturerà, ciò potrebbe ostacolare ancora di più la sopravvivenza.
Dall’inizio dell’anno, stiamo vedendo un ritorno dei debitori sul mercato per il rifinanziamento.
Come si è visto, c’è stata un’impennata di debitori con rating B- (junk), che si stanno già indebitando a tassi più alti per rifinanziare il vecchio debito. Sebbene siamo ancora all’inizio del ciclo, il rischio per i bilanci aumenta.
Come abbiamo concluso precedentemente:
“Ci sono rischi che impediscono di ipotizzare una solida ripresa economica e occupazionale nei prossimi due trimestri.
Con i consumatori a corto di risparmi, il rischio di un’ulteriore delusione delle aspettative sulle vendite continuerà probabilmente a pesare sui proprietari di piccole imprese. Ecco perché teniamo d’occhio i report NFIB”.
Al momento, i “dumb money” stanno inseguendo lo slancio con la frenesia bullish. Sfortunatamente, ciò si rivelerà probabilmente di nuovo deludente, quando le aspettative alla fine si scontreranno con le realtà fondamentali.