MERCATO OBBLIGAZIONARIO, TITOLI DI STATO E SPREAD
Questa analisi tratta argomenti riguardanti il mondo obbligazionario, in particolare i titoli di stato nominali e reali, la curva dei rendimenti e lo spread più conosciuto, ossia quello tra i rendimenti dei titoli di stato a 10 e 2 anni. Il tutto sarà accompagnato da tanti grafici in maniera tale da rafforzare i concetti espressi. Buona lettura.
I TITOLI DI STATO
I titoli di Stato sono delle obbligazioni emesse periodicamente dal Ministero dell'Economia e delle Finanze di uno Stato che hanno la funzione di finanziare il proprio debito pubblico o direttamente il deficit pubblico (in generale il fabbisogno di un Paese). Uno Stato, quindi, non si finanzia solo attraverso le tasse applicate ai cittadini, ma anche attraverso queste obbligazioni. Quando gli investitori credono nella salute di uno Stato, possono acquistare tali titoli che hanno delle scadenze: esse possono essere brevissime (1-2 mesi) o molto lontane nel tempo (30 anni). A seconda dell’arco temporale scelto dall’investitore, esso riceverà un interesse: tale sarà basso qualora acquistasse titoli a brevissima scadenza (in quanto tali titoli sono considerati a bassissimo rischio in quanto è facile prevedere quale sarà lo stato di salute economico di uno Stato nei mesi immediatamente successivi all’acquisto dell’obbligazione) mentre avrà un valore molto più alto qualora scegliesse una scadenza più lunga (5-7-10-20 o 30 anni, per fare un esempio) in quanto le stesse vengono considerate ad alto rischio (sono più rischiose perché, ad esempio, un picco dell’inflazione potrebbe ridurre il valore dei pagamenti di interessi; inoltre, esse hanno un alto rendimento in quanto non è facile per nessun investitore prevedere quale sarà lo stato di salute economico dello Stato a 10,20 o 30 anni dall’acquisto dell’obbligazione stessa). Ora vi illustro in una grafica i vari titoli di stato americani e il loro andamento:
Avendo appurato cosa sono i titoli di stato e le relative scadenze, possiamo andare a focalizzare l’attenzione sulla curva dei rendimenti.
LA CURVA DEI RENDIMENTI
Essa è la rappresentazione grafica della relazione fra le varie scadenze dei titoli di Stato e il relativo rendimento. Nei grafici che tra poco condividerò avremo sull’asse delle ordinate i rendimenti che il titolo assume in corrispondenza di ciascuna scadenza, e sull’asse delle ascisse le relative scadenze. La curva dei rendimenti può essere essenzialmente di 3 tipi:
- Crescente (o “steepening”)
- Piatta (o “flattening”)
- Invertita Qualsiasi libro di economia e finanza che tratti tali argomenti vi mostrerà in letteratura le stesse curve che vedrete in questa grafica:
Tuttavia, come vedremo più avanti con esempi, esse non hanno la medesima forma, nonostante siano molto simili. Come vi spiegherò tra poco, le diverse scadenze della curva rispondono a dinamiche diverse: · Le parti a scadenze brevi (soprattutto la scadenza a 2 anni) sono influenzate dalle scelte di politica monetaria della Federal Reserve · Le parti a scadenze più lunghe (dalle scadenze a 10 anni in poi) rispondono a dinamiche quali crescita economica, inflazione e legge di domanda e offerta
1. CURVA DEI RENDIMENTI “STEEPENING”: Abbiamo una curva dei rendimenti “normale” o “crescente” quando i rendimenti sono via via crescenti man mano che ci si avvicina a scadenze sempre più lontane nel tempo. Si ha una curva di questa forma quando ci sono aspettative di crescita economica e i tassi di interesse sono relativamente bassi. Esiste un rapporto inverso tra le obbligazioni e i relativi rendimenti: se gli investitori vendono titoli di stato, il relativo rendimento va a crescere; quindi, se la curva dei rendimenti è crescente, significa che gli investitori vendono obbligazioni di tutte le scadenze per andare a spostare i loro capitali in strumenti a più alto rischio, ossia le azioni o le materie prime, considerando anche il tipico clima di risk on dei mercati tipici di quella fase economica. Voglio ricordare che in periodi di ripresa/espansione economica l’inflazione si fa sempre via via più alta fino a raggiungere un punto in cui agisce la banca centrale che, alzando i tassi di interesse, cerca di calmierarla. Proprio per questo motivo la curva è crescente: pensandoci, che senso ha tenere un’obbligazione che ha, ad esempio, un rendimento dell’1,7% se poi ci ritroviamo con un inflazione del 2%/3%? Avrebbe poco senso, in quanto l’inflazione andrebbe ad erodere i futuri rendimenti agli stacchi delle cedole; quindi, cosa fanno gli investitori? Vendono le obbligazioni, facendo aumentare i rendimenti e dando alla curva la tipica forma “steepening”. Vi mostro ora l’esempio di due curve crescenti calcolate rispettivamente nelle riprese-espansioni economiche post-crisi 2008 e più recentemente dopo la recessione indotta dal Covid-19:
*le curve sono state costruite utilizzando i rendimenti dei titoli di stato a 1,2,3,5,7,10,20 e 30 anni.
Vi indico nella grafica che segue l’andamento del Pil statunitense al momento della costruzione delle curve:
2. CURVA DEI RENDIMENTI “PIATTA”: Abbiamo una curva di questa forma quando i rendimenti dei vari titoli di stato iniziano ad avvicinarsi tra loro in valore percentuale. Una curva assume questa forma in periodi economici di transizione, in particolare in rallentamenti economici. Perché ciò accade? La spiegazione è semplice: Una ripresa e una successiva espansione economica causano sempre un aumento dell’inflazione. Questo accade poiché ,in periodi economici forti e stabili, la domanda dei consumatori aumenta: dal momento che i prezzi dei beni si basano sulla legge della domanda e dell’offerta, più essi vengono richiesti, più i loro prezzi aumentano e di conseguenza l’inflazione (che non è altro che un aumento generalizzato di un loro paniere) và ad aumentare. A questo punto, quando essa inizia a diventare un problema (un’inflazione sana è da considerare al 2% dal momento che al sopra di tale percentuale un sistema economico non è stabile) la banca centrale alza i tassi di interesse, con lo scopo di andare a “calmierarla”: come ho detto prima, la parte breve della curva risponde alle decisioni di politica monetaria. In particolare, sé gli investitori si aspettano un aumento di essi, tendono a vendere titoli di stato a breve scadenza, facendo aumentare i relativi rendimenti: questo causa uno “steep” nella parte corta. Contemporaneamente gli investitori acquistano titoli di stato a lunga scadenza, per un motivo semplice: se è vero che essi vendono titoli a lunga scadenza per il fatto che, se le acquistassero, le stesse obbligazioni verrebbero erose da un’alta inflazione, è altrettanto vero il contrario: se i tassi di interesse vengono aumentati, ciò nel lungo periodo (dopo 7,10 anni) andrebbe a limitare l’inflazione, per cui sarebbe più conveniente detenere titoli a lunga scadenza in quanto i relativi rendimenti non sarebbero più erosi da essa. Questo causa l’effetto dell’appiattimento nella parte lunga. Sono stato chiaro? Con una grafica vi spiego il rapporto esistente tra crescita/espansione economica, surriscaldamento inflazionistico e successivo rialzo dei tassi di interesse:
Nel grafico c’è da notare una piccola eccezione: dopo la crisi del 2008, la successiva ripresa ed espansione economica e il relativo rialzo dell’inflazione, non ci fu subito un rialzo dei tassi, bensì venne applicata la manovra di quantitative easing per irrobustire ancora di più l’economia. L’applicazione di tassi di interesse più alti arrivò solo dopo qualche anno, nel 2015. Vediamo invece negli altri due casi (post crisi dot-com del 2000 e durante la pandemia Covid) ciò che ho descritto a parole poche righe fa. Vediamo ora l’esempio di una curva “piatta”:
*la curva è stata costruita combinando rendimenti di titoli di stato diversi. Come potete osservare, la curva si dimostra più ripida a scadenze brevi mentre si appiattisce a scadenze dai 10 ai 20 anni.
3. CURVA DEI RENDIMENTI INVERTITA: Una curva è invertita quando i rendimenti dei titoli di stato a più brevi scadenze sono più alti rispetto ai rendimenti dei titoli a scadenza più spostata nel tempo. Una curva invertita è anticipatrice di una recessione. Perché? Provo a spiegare il motivo, analizzando il comportamento degli investitori obbligazionari. Se i rendimenti delle scadenze brevi (a 1,2,3,5 e 7 anni) sono più alti delle scadenze lunghe, significa sostanzialmente che essi vendono obbligazioni a bassa scadenza (facendo quindi aumentare i relativi rendimenti) e comprano la stesse a lunga scadenza (facendo quindi abbassare i relativi rendimenti). Che senso avrebbe ciò? Vendono obbligazioni a breve termine quando, nello stesso arco temporale, non hanno una buona visione dell’economia (chi è che compra i titoli di stato di un Paese che potrebbe nei prossimi tempi trovarsi in recessione economica?) mentre vanno a comprare le obbligazioni a lunga scadenza in quanto scontano il fatto che poi in futuro (in un futuro a 10,20 e 30 anni), dopo l’intervento delle banche centrali (con interventi di politica monetaria come il quantitative easing) l’economia sarà migliorata. Questo è il motivo per cui si ha una curva dei rendimenti di questo tipo prima di una recessione! Perché gli investitori, operando sul mercato obbligazionario, ci anticipano tutto. Ho chiarito il concetto? Facciamo un esempio grafico:
*le curve dei rendimenti sono state ottenute utilizzando diverse scadenze, tra le quali anche brevissime (3 mesi).
Come potete osservare, i rendimenti a più brevi scadenze valgono più di quelle a lunga scadenza. L’andamento del PIL al momento della costruzione delle due curve:
Come potete vedere, le curve sono state costruite prima di una recessione; ciò significa che gli investitori, operando in quel modo sul mercato obbligazionario, avevano previsto tutto. Quindi, in definitiva, cosa ci comunica la forma di una curva dei rendimenti? La salute di un’economia. Se essa è ripida, sappiamo di trovarci in un periodo economico di ripresa ed espansione economica. Se essa si sta appiattendo, il rallentamento economico è iniziato; se invece si inverte, sappiamo essere prossimi a una recessione. E’ proprio per questo motivo che è fondamentale conoscere questo strumento.
LO SPREAD TRA I RENDIMENTI DEI TITOLI DI STATO A 10 E 2 ANNI
Nel grafico notiamo con la linea blu lo spread tra i rendimenti dei titoli di stato a 10 anni e i rendimenti dei titoli di stato a 2 anni. Cos’è uno spread? Niente di complicato. E’ una differenza (una sottrazione) tra due asset, in questo caso particolare tra il rendimento del decennale americano e quello a due anni. Per poterlo visualizzare, occorre battere nella tastiera la dicitura “US10Y-US02Y” e selezionarlo come ticker. Questo spread è un altro modo di visualizzare la curva dei rendimenti. La forma e il trend danno le stesse informazioni fornite dalla curva che ho appena spiegato: aspettative relative all’economica presente e futura. Uno spread con un trend rialzista, come quello visto tra la fine di febbraio 2020 e fine marzo 2021, va ad identificare una curva dei rendimenti “steeping” o “inclinata positivamente”; si ha uno spread questo tipo quando i rendimenti delle varie obbligazioni a diversa scadenza salgono, creando appunto un inclinazione positiva. Viceversa, quando si prevede un rallentamento economico (in particolare, quando la banca centrale alza i tassi di interesse per calmierare l’inflazione venutasi a creare in ripresa/espansione economica) lo spread va a restringersi. Perché lo spread si restringe? Perché in linea teorica gli investitori scaricano obbligazioni a breve scadenza (questo perché non conviene tenere un’obbligazione quando il tasso di guadagno reale, ossia quello aggiustato all’inflazione, è praticamente nullo) facendo di conseguenza salire i rendimenti, e comprano obbligazioni a più lunga scadenza, scontando un’economia stabile nel futuro e non nel presente, facendo di conseguenza scendere i rendimenti e andando, quindi, a restringere lo spread. Quando si è prossimi a una recessione, invece, lo spread scende al di sotto dello 0% (ciò matematicamente significa che i rendimenti a 2 anni hanno valori più alti rispetto a quelli a 10 anni e quindi, essendo i rendimenti a due anni il sottraendo mentre quelli a 10 anni il minuendo, si ottiene come differenza un numero percentuale negativo). Vediamo una grafica in cui cerco di spiegare il tutto:
I punti importanti da cogliere, a parer mio, sono questi: · Uno spread al di sotto dello 0% ha sempre anticipato una recessione · La dilatazione dello spread ha sempre anticipato la successiva ripresa economica Con questo cosa voglio dire? Che gli investitori obbligazionari, in un modo o nell’altro, anticipano sempre tutto, prima che ciò accada. Diventa quindi fondamentale conoscere questi asset in maniera da avere un vantaggio rispetto al mercato.
I TIPS: LE OBBLIGAZIONI CHE PROTEGGONO DALL’INFLAZIONE
Fino a questo momento ho analizzato i diversi titoli di stato, i loro rendimenti e il relativo spread, spiegandovi come esista una forte correlazione tra essi e l’inflazione; in particolare, in determinati periodi economici, è poco conveniente detenere dei titoli con un determinato rendimento se poi lo stesso è eroso dall’inflazione (esempio: se detenessimo titoli di stato con rendimento al 2% e l’inflazione fosse al 3%, tutto il rendimento sarebbe eroso). Quando si intende investire in titoli obbligazionari è quindi necessario prestare attenzione non solo al valore nominale dell’obbligazione stessa (il 2% dell’esempio precedente) ma anche a quello reale, ossia al rendimento nominale indicizzato all’inflazione. Facendo riferimento all’esempio precedente, se il rendimento nominale di un’obbligazione pagasse il 2% mentre l’inflazione si attestasse al 3%, avremmo un rendimento reale del -1%, ossia negativo. Esistono delle obbligazioni che proteggono da un aumento generalizzato dei prezzi: queste sono i Treasury Inflation-Protected Security, meglio conosciuti come TIPS. Come funzionano essi? Vi faccio un esempio semplice: Immaginiamo voglia comprare TIPS a 10 anni con rendimento al 2%. Nello stesso periodo abbiamo un livello di inflazione al 2%, ossia 200 punti base. Immaginiamo che, al ritiro della cedola, l’inflazione sia salita a 230 punti base, ossia al 2,3%. Come rivaluto l’obbligazione indicizzandola all’inflazione? Immaginiamo abbia pagato l’obbligazione 1000€: (1000€ x 230/200) = 1150€ La conseguenza di ciò è che il rendimento del 2% che mi era riconosciuto sui 1000€ ora mi verrà riconosciuto su 1150€, ossia non più sul mio capitale nominale (quello non indicizzato al livello di inflazione), bensì sul mio capitale reale (reale in quanto i 1000€ sono stati appunto riaggiustati all’inflazione allo stacco della cedola). Nel grafico sottostante, ad esempio, vi mostro i rendimenti del decennale americano indicizzato all’inflazione.
Questa è la prima di tante “guide”, per qualsiasi curiosità o concetto poco chiaro commentate e chiariremo il tutto insieme.
MATTEO FARCI