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Inverte la curva dei rendimenti USA a 3 mesi e 10 anni. Brutto segnale

Pubblicato 25.03.2019, 11:46

I mercati stanno oscillando da settimane, tra alti e bassi, ma è innegabile che la propensione al rischio abbia registrato un’improvvisa impennata subito dopo la FED. Il FOMC è stato più accomodante di quanto ci si potesse aspettare e la reazione fu più che giustificata. Tuttavia alcuni analisti iniziarono a interpretare i toni FED come “preoccupanti”, ovvero qualcuno iniziò a leggere la paura di una recessione ciclica globale. La Fed è accomodante o sta diventando ribassista?

I PMI di venerdì hanno confermato reali preoccupazioni nell'area dell'euro, ma anche i dati degli Stati Uniti hanno anche perso terreno. I mercati da quell momento in poi sono andati sotto pressione di vendita e le asset class rifugio hanno improvvisamente ripreso smalto. L'oro e lo yen giapponese su tutti, mentre i rendimenti obbligazionari si sono ulteriormente contratti. Tra l’altro le implicazioni dell'inversione della curva dei rendimenti negli Stati Uniti sono sempre un argomento molto dibattuto e la discussione si è riaccesa nel momento in cui lo spread tra il 3 mesi e il 10 anni è diventato negativo. Ora costa di più impegnarsi sui titoli trimestrali che decennali.

Mentre alcuni guardano il differenziale 2/10 anni, il 3 mesi/10 anni è lo spread che la Fed considera l'indicatore più affidabile nel prevedere una recessione negli Stati Uniti ed è qualcosa di cui sentiremo molto parlare nei prossimi giorni. La paura si è riversata improvvisamente anche sull’azionario, che venerdì chiudeva una sessione nettamente ribassista.

L’S&P 500 chiudeva il venerdì perdendo -1,9% a 2801 punti e il futures USA scendeva di un altro -0,6%. Andamento che ha avuto evidenti ripercussioni sui mercati asiatici con il Nikkei -3,0% e lo Shanghai Composite -1,9%. Anche l’Europa apriva in negative, per poi provare a recuperare terreno in seguito all’IFO Tedesco delle ore 10. Sul fronte valute, superfluo dirvi che la Sterlina continua a essere preda delle notizie provenienti dal Regno Unito, dove le dimissioni della May sembrano essere cosa fatta. Passando alle materie prime c’è da segnalare anche la discesa del petrolio quale risposta alle vendite dell’azionario di venerdì e quale conseguenza del raggiungimento della resistenza dei 60 dollari al barile.

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Per quanto riguarda il calendario economico oggi sarà una giornata sostanziale “flat”, eccezion fatta per l’IFO relativo al clima imprenditoriale in Germania. Dato che è stato rilasciato alle 10 e che è risultato superiori alle attese non distante da quota 100 (99,6 rispetto a 98,5 atteso).

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