L’Europa come leviatano burocratico: bersaglio ideale per il neo populismo di sinistra e di destra (G. Sapelli).
Inflazione YoY di agosto della Francia in uscita oggi alle 8:45 (stima 4,8% contro 4,3% di luglio) e YoY sempre di agosto dell’Italia alle 10:00 (stima 5,5% contro 5,9% di luglio). Sul fronte USA, alle 15:15 è attesa la variazione MoM della produzione industriale di agosto (stima 0,1% contro 1% di luglio) e alle 16:00 la fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan di settembre (stima 69,2 punti contro 69,5 di agosto).
Ieri le richieste USA di sussidi settimanali alla disoccupazione sono risultate leggermente più basse delle attese (220k contro 225k stimate), ma in aumento rispetto alla scorsa settimana. I prezzi alla produzione MoM di agosto, previsti stabili al +0,4%, sono invece cresciuti dello 0,7%. In crescita maggiore rispetto alle attese anche le vendite al dettaglio sempre USA di agosto (+0,6% contro +0,2% stimato e +0,5% di luglio).
Come era nelle attese, ieri la BCE ha aumento di ulteriori 25 bp i tassi di interesse, portando il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali al 4,5%, quello sulle operazioni di rifinanziamento marginali al 4,75% e quello sui depositi presso la banca centrale al 4%.
La cosa importante che si legge nel comunicato stampa, ma che va interpretata, è che il Consiglio Direttivo “ritiene che i tassi di interesse di riferimento della BCE abbiano raggiunto livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale al tempestivo ritorno dell’inflazione al target”. La lettura dei mercati è quella di una BCE che sembra ritenere che i tassi abbiano sostanzialmente raggiunto il picco e che a questo livello rimarranno per tutto il tempo necessario al fine di riportare l’inflazione al 2%. La nostra interpretazione è diversa: crediamo infatti che la BCE si voglia legare le mani ma voglia capire se effettivamente l’inflazione sarà definitivamente domata.
I mercati non sembra che l’abbiano presa poi tanto male, nonostante la BCE abbia rivisto in peggio le proiezioni macroeconomiche di settembre per l’area dell’euro che vedono:
· l’inflazione media in aumento al 5,6% nel 2023, al 3,2% nel 2024 e al 2,1% nel 2025. Si tratta di una revisione al rialzo per il 2023 e il 2024 (a causa di una dinamica più elevata del prezzo dell’energia rispetto alle previsioni precedenti) e una revisione al ribasso per il 2025;
· una riduzione della crescita economica che nella zona euro è attesa aumentare dello 0,7% nel 2023, dell’1,0% nel 2024 e dell’1,5% nel 2025, quale effetto dell’inasprimento delle condizioni di finanziamento che stanno avendo un deciso impatto sulla domanda interna e sull’indebolimento del contesto commerciale internazionale.
Negli ultimi tempi, l'indebolimento dei dati economici è stato visto in modo un po' controintuitivo e come un segnale per lo più positivo per le azioni, sia in Europa che negli USA. Al centro di questa dinamica c’è la convinzione che un indebolimento dell’economia porterà ad un raffreddamento dell’inflazione, che sarà soddisfatto da una politica più accomodante delle banche centrali e da tassi di interesse più bassi.
Un esempio recente lo abbiamo avuto nel corso dell’ultima settimana di agosto. I dati JOLTS (Job Openings and Labour Turnover Survey) hanno mostrato che le opportunità di lavoro negli USA sono diminuite a luglio più del previsto, raggiungendo il minimo di oltre due anni. Il numero di posizioni disponibili è inoltre sceso a 8,8 milioni, in calo rispetto ai 9,2 milioni del mese precedente, segnando il sesto calo negli ultimi sette mesi. Anche il rapporto sulla situazione occupazionale del Bureau of Labor Statistics, che ha mostrato che il tasso di disoccupazione è salito al 3,8% con la retribuzione oraria media che è aumentata solo dello 0,2% mese su mese, segnando l’aumento più contenuto da febbraio 2022. Anche i dati della fiducia dei consumatori hanno sorpreso al ribasso in agosto, invertendo la rotta dopo i guadagni consecutivi di giugno e luglio.
Questi dati avrebbero potuto essere interpretati come un segnale preoccupante, visto che i due pilastri più forti dell’economia (il mercato del lavoro e il consumo) iniziano a mostrare alcune crepe. Ma la reazione degli investitori alla notizia è stata ampiamente positiva. L’S&P 500 ha registrato un rally del 2,5%, registrando il rendimento totale settimanale più elevato da giugno, e il rendimento dei titoli del Tesoro a due anni, sensibili alla politica, è crollato.
Sebbene non si possa attribuire a nessun singolo dato il merito di aver mosso il mercato, generalmente questo fa parte di un modello più ampio in cui le azioni hanno sfidato un messaggio lento proveniente dagli indicatori economici. Siamo tuttavia convinti che la tendenza secondo la quale le cattive notizie sono buone notizie non durerà per sempre.
Abbiamo tracciato una serie di scenari che potrebbero svilupparsi nei prossimi mesi e che, al verificarsi di uno o dell’altro, potrebbero potenzialmente causare un’inversione di tendenza nella percezione dei mercati.
Secondo il primo scenario, l’inflazione si avvicina al target della FED e gli investitori rimangono concentrati sulla dinamica dei prezzi. I mercati potrebbero tuttavia aver bisogno di vedere ulteriori prove di moderazione per convincersi che l’inflazione raggiungerà effettivamente il 2% di target.
Il secondo scenario vede il percorso dei tassi di interesse diventare più chiaro, ovvero tassi di interesse più elevati più a lungo. Generalmente questo è visto come sfavorevole per gli asset rischiosi come le azioni, poiché rendono i profitti futuri delle aziende meno preziosi in termini di valuta odierna. Pertanto, i dati recenti che suggeriscono che i tassi potrebbero scendere sono stati generalmente considerati positivi. Sebbene il consenso preveda che la FED e la BCE si stiano avvicinando alla fine del loro ciclo di rialzi, esiste ancora la possibilità che i tassi salgano o rimangano elevati. Gli investitori scontano per esempio una probabilità del 45% circa di un ulteriore aumento del tasso di 25 bp nel meeting delle FED di novembre. Inoltre, le banche centrali hanno ribadito il rischio che i tassi possano rimanere “più alti per un periodo più lungo”, raddoppiando ripetutamente la loro posizione dipendente dai dati. Una volta che il tasso raggiungerà definitivamente il suo picco ciclico e gli investitori diventeranno più fiduciosi che la politica monetaria sarà allentata, le preoccupazioni per i tassi di interesse più elevati potrebbero iniziare a svanire e gli investitori potrebbero iniziare a interpretare i dati economici stagnanti come nuovamente sfavorevoli.
Il terzo scenario vede il mercato spostare l’attenzione sugli utili. Se è vero che un’economia più debole può portare a una minore inflazione e a tassi più bassi, è altrettanto vero che tende anche a tradursi in una minore domanda dei consumatori e in minori profitti per le aziende. Da questo punto di vista, il quadro economico ha già iniziato a peggiorare in un contesto di generale rallentamento della dinamica economica, soprattutto in Europa. Sebbene per esempio in USA i risultati siano stati ampiamente migliori del previsto, gli utili per azione dell'S&P 500 sono comunque diminuiti del -4,0% nel secondo trimestre, segnando il terzo trimestre consecutivo di calo su base annua e spostando ulteriormente l'indice nella cosiddetta recessione degli utili. Anche i margini di profitto hanno continuato a diminuire costantemente nel secondo trimestre, scendendo all’11,6% dal 12,2% di un anno fa, e potrebbero rimanere sotto pressione con l’affievolirsi del potere di fissazione dei prezzi da parte delle aziende. Crediamo che il ciclo dei profitti non abbia ancora toccato il fondo e le stime degli analisti siano ancora troppo elevate per il 2023 e il 2024. Una volta che l’attenzione si sposterà sui fondamentali più deboli per gli utili, gli investitori potrebbero iniziare a rallegrarsi delle notizie economiche positive.
L’ultimo scenario vede invece un aumento dei rischi di recessione. Abbiamo notato un crescente ottimismo sul fatto che gli USA e l’Europa possano evitare una grave recessione economica, con un numero crescente di analisti che vedono un atterraggio morbido. Tuttavia, permangono rischi al ribasso poiché gli effetti ritardati della politica monetaria più restrittiva stanno gradualmente filtrando attraverso l’economia. Se le aspettative per le prospettive economiche peggiorassero e se la preoccupazione di una recessione iniziasse a farsi più concreta, qualsiasi ulteriore brutta notizia sull’economia inizierà probabilmente a tradursi in cattive notizie per gli asset rischiosi.
In altre parole, non è facile individuare esattamente quando svanirà la dinamica di cattive notizie sono buone notizie. Certo, vediamo che il potenziale per lo sviluppo di alcuni scenari che potrebbero alterare il modo in cui i dati economici verranno interpretati nei prossimi mesi. Crediamo che questo potenziale cambiamento costituisca uno dei tanti fattori che potrebbero aumentare l’instabilità del mercato e quindi aumentare la volatilità dei mercati durante il resto dell’anno.