Dopo giorni dal “flash crash” (crollo lampo) che ha fatto scendere la coppia GBP/USD sotto il livello 1,2000 prima di rimbalzare, preoccupa che ancora non se ne sia trovata la causa.
Molti danno la colpa agli algoritmi, ma quale sarebbe la giustificazione per una tale ondata di vendite durante la seduta asiatica? Altri ritengono che dietro a questo movimento violento ci sia stato un errore di digitazione umano (“fat finger”).
Anche se questi temi sono preoccupanti, sopratutto perché sollevano dubbi sulla microstruttura del mercato dei cambi, essi non modificano la nostra impostazione di base sulla sterlina.
Crediamo che questa sia una buona opportunità per ricaricare i lunghi. Le conseguenze della Brexit sono state ampiamente sopravvalutate e lo scenario da incubo profetizzato sulla scia del referendum sulla Brexit non si è dimostrato così terribile come previsto.
La Brexit non è la fine del mondo. Inoltre, la sterlina sottovalutata darà slancio alle esportazioni britanniche nei prossimi mesi e il paese sta vivendo la fase di crescita dei prezzi delle case più bassa degli ultimi tre anni.
Ciò nonostante, rimaniamo prudenti perché una Fed più falco del previsto potrebbe far scendere il cable.
Ciò non è successo negli ultimi decenni, ma la ricerca di credibilità della Fed potrebbe cogliere i mercati di sorpresa.
Non seguite l’USD o il petrolio al rialzo
Al Congresso Mondiale sull’Energia di Istanbul, il presidente russo Vladimir Putin ha lasciato intendere di essere disposto a coordinarsi con l’OPEC per gestire la produzione.
L’Arabia Saudita ha segnalato che altri paesi non-OPEC sono disposti ad unirsi all’accordo sulla riduzione e il ministro dell’Energia saudita ha affermato che fra qualche mese i prezzi del petrolio potrebbero aggirarsi intorno ai 60 USD.
Infine, l’attività manifatturiera cinese ha mostrato una crescita solida, dando un ulteriore slancio al rally delle materie prime.
L’aumento dei prezzi del Petrolio Greggio ha fornito ai mercati azionari la giustificazione necessaria per salire, il settore petrolifero e del gas hanno trainato il rally generalizzato.
I commenti russi e sauditi hanno generato prospettive positive, consentendo al greggio WTI di portarsi sopra il manico dei 51 dollari al barile per la prima volta da giugno.
Sui mercati valutari, l’aumento dei prezzi del petrolio ha innescato acquisti diffusi di USD, sostenuti anche dall’accentuata domanda di titoli USA dagli investitori.
Sospettiamo, però, che l’attuale rally dell’USD non sia sostenibile. In primo luogo, abbiamo sentito più volte questi commenti sulla riduzione della produzione e poi gli accordi sono falliti poco prima della loro attuazione. Considerando la debolezza dei fondamentali macroeconomici per il petrolio, facciamo fatica a rincorrere al rialzo questo rally.
È più probabile che tensioni militari o un conflitto alimentato dallo Yemen allo Stretto di Bab-el-Mandeb spingano al rialzo i prezzi.
In secondo luogo, prezzi del petrolio più elevati hanno un effetto di restringimento indiretto sul consumatore USA.
La Fed probabilmente non restringerà ulteriormente la politica attraverso un rialzo ufficiale del tasso d’interesse se si consoliderà il rialzo del prezzo del WTI.
Se permanesse la minaccia di prezzi dell’energia più elevati, la Fed dovrebbe smorzare i toni della retorica del rialzo del tasso, cosicché gli investitori in cerca di rendimenti liquiderebbero l’USD.
In questo contesto di inflazione bassa e crescita debole, rimaniamo costruttivi sulle valute dei mercati emergenti; vediamo nel recente rally rialzista dell’USD/ZAR e nell’odierna impennata solitaria dovuta all’accusa di frode per il ministro delle Finanze Gordhan, come un’opportunità per ricaricare i corti.