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La bolla è scoppiata ma non ce ne siamo accorti

Pubblicato 14.11.2022, 15:47
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Il diavolo sta nei dettagli. O nelle piccole variazioni dei decimi percentuali. Come è avvenuto lo scorso giovedi con il dato sui prezzi al consumo in America sceso al 7,6% rispetto all’ 8% previsto che ha provocato una ondata di sollievo tra gli investitori e ha trascinato gli indici azionari alla migliore performance giornaliera da 2 anni a questa parte alimentata sicurante anche dalla chiusura delle posizioni al ribasso.  Ora il dato dimostra che l’inflazione rimane a ridosso dei suoi massimi assoluti ma che ha forse raggiunto un picco e questo potrebbe indurre la Fed a rallentare la sua corsa al rialzo dei tassi, attesi a fine anno intorno al 5% rispetto allo zero iniziale. 

Un dato singolo è decisamente troppo poco per cantare vittoria ma tuttavia ha contribuito a fornire quel senso di sollievo di cui gli investitori avevano decisamente bisogno dopo un anno contrassegnato da batoste cocenti sul mercato azionario, in cui ogni rialzo è stato una opportunità per liquidare le posizioni dopo che per oltre 10 anni era accaduto esattamente il contrario cioè il “buy on the dip” si era rivelata la migliore strategia per cavalcare il rialzo sulle borse. Il resto l’ha fatto l’abbondante liquidità non impiegata che ha trovato immediatamente una sua collocazione

Al di là del cambiamento di strategia per operare sui mercati, con il ritorno spettacolare del comparto obbligazionario dopo un decennio ai box proprio grazie al repentino aumento dei tassi, sono le prospettive negative sul comparto tecnologico ad essere adesso al centro del proscenio. I numerosi licenziamenti sia di Twitter e di Meta (ex facebook), per non parlare delle difficoltà di Apple (NASDAQ:AAPL) e Amazon (NASDAQ:AMZN), tanto per restare sui big, dimostrano come questo settore dopo il momento di espansione legata anche alla “stay at home” economy derivante dalla pandemia abbia ora raggiunto il suo momento di “maturità” come tipico nel ciclo di vita di una azienda. Il rialzo della scorsa settimana è stato consistente (oltre 7% di guadagno) ma il settore tecnologico rimane duramente colpito nel 2022, di fatto correggendo parecchio eccessi derivanti dalla possibilità di una crescita eterna dei multipli e di uno spostamento netto degli investimenti nel ramo digitale, alimentati da una copiosa liquidità disponibile. 

Non cè dubbio che società importanti e fortemente capitalizzare come i famosi FAANG sono qui per restare ma tuttavia la loro deludente performance ben esemplifica la bolla vista sui titoli tecnologici, in particolare negli ultimi tre anni post pandemia, che a differenza di quella dot.com del 2000 e quella dei Mutui Subprime del 2008 non è esplosa fragorosamente coinvolgendo tutto il sistema. Ma addirittura ha visto un rally dell’indice Dow Jones proprio grazie al buon andamento dei titoli finanziari ed energetici e addirittura dei listini della vecchia Europa nonostante una guerra e la conseguente stretta energetica. 

Il crollo del Bitcoin visto nelle ultime settimane, legato alla mancanza di liquidità della piattoforme di scambio e manovre fraudolente, è un’altro caso di scoppio di bolla da manuale.  Il movimento da 4000 dollari di marzo 2020 fino ai 65000 dollari di aprile 2021, ritoccato poi a 69000 a novembre 2021 coincidente “casualmente” con la quotazione della piattaforma Coinbase (NASDAQ:COIN) è stato sicuramente alimentato dalla convinzione di facili guadagni, in presenza di una fortissima liquidità, che si è autoalimentata sospinta da un'altra caratteristica della bolle che è la paura di perdere una opportunità la famosa FOMO (Fear of missing opportunity). Spingendo questa asset class, difficile definirla valuta, alle stelle senza avere la più pallida idea di quanto fosse il suo vero valore in particolare quello legato alla tecnologia Blockchain.

Con il paradosso che il Bitcoin, nato per essere uno strumento di scambio al di fuori del sistema finanziario regolamentato, è diventato uno strumento finanziario a tutti gli effetti e che per poter continuare nel suo percorso avrà bisogno anche esso di dotarsi di una regolamentazione al fine di togliersi quella patina di opaticità che fino a questo momento è stato uno degli elementi del suo successo. E come nel caso dei titoli tecnologici, cresciuti troppo in fretta più sulla moda del momento che su basi solide e riconosciute, necessita di una profonda pulizia rispetto alle circa 17000 cryptovalute attualmente presenti. In altre parole come nel caso del settore tecnologico deve decidere se diventare grande, anzi maturo.

Fed Bubble

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