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L'azionario soffre. Politica e Micro

Pubblicato 13.11.2018, 09:31
Aggiornato 09.07.2023, 12:32

Martedì 13 Novembre

I fattori geopolitici, Brexit e Trade War con le scadenze italiane che incombono, sono staticentrali nelle vendite che ieriha provocato una significativa estensione del ribasso iniziato venerdì. A questo si sono aggiunte fonti di incertezza idiosincratiche su singoli nomi particolarmente in vista a Wall Street (Apple,General Electric (NYSE:GE), Goldman Sachs). Il tutto condito dalla sotto-performance dei tecnologici, dalla forza del dollaro e dall’incapacità di rimbalzare (complice un tweet di Trump) del petrolio nonostante le dichiarazione OPEC su un potenziale taglio della produzione. Un risk-off dichiarato che si è poi stemperato nella appena conclusa sessione asiatica che ha alimentatole speranzeche la macchina negoziale cino-americana abbia ripreso a muoversi in vista del G20.

A livello macro è,come quasi sempre di questi tempi,stata la politica a spadroneggiare (in negativo). All’aumentare dell’incertezza nella saga Brexit (trattata in dettaglio più avanti) e all’incombere della deadline (oggi) per la risposta del governo italiano a Bruxelles si è aggiunto in serata la notizia su come alla Casa Bianca si stia tornando a discutere di imporre sanzioni (per motivi di sicurezza nazionale, Sezione 232) sugli autoveicoli di importazione. Gli export di Europa (e Giappone)tornerebbero a rischio, rivelando la temporaneità della tregua negoziata qualche mese fa da Juncker.

Apple e General Electric. Vendite di iPhones sotto tono (AAPL -5%) e un ulteriore avvitamento al ribasso di General Electric (non solo equity ma anche il suo voluminoso debito obbligazionario) con voci che il dossier sia all’attenzione di Goldman (anch’essa sotto pressione ieri per gli scandali malesi) e JP Morgan (NYSE:JPM) per vendite di asset (con un grosso fondo di Private Equity potenziale compratore, https://thefly.com/landingPageNews.php?id=2822498&headline=GE;BX-GE-working-with-Goldman-JPMorgan-on-banking-scenarios-FBNs-Gasparino-reports) sono state gli highlights mediatici sul fronte micro che hanno alimentato i ribassi azionari.

Fonte: Holger Zschaepitz

Livelli. I venditori sembrano tornati in controllo a Wall Street. Avevamo segnalato dopo le elezioni di metà mandato che l’euforia avrebbe potuto avere vita breve se contenuta dalla resistenza importante individuata nel grafico seguente (S&P 500: media mobile a 100 giorni e Fibonacci 61.8% della discesa di ottobre).

Il livello ha in realtà lavorato magistralmente e il mercato, con una discesa impulsiva in due sole sessioni,ha lasciato ben poco tempo per ragionarein prossimità del nostro target tattico (media mobile a 200 giorni e fibo 50%), attraversandolo di slancio per portarsi a ridosso di un area da monitorare con attenzione (2700-2710) delimitata dal minimo iniziale di ottobre (11 ottobre) e dai minimi di fine giugno.

Concediamo pure il beneficio del dubbio a una price action forse condizionata dalla scarsa liquidità e dai volumi ridotti di ieri (Wall Street formalmente aperta ma desk probabilmente sguarniti per il Veterans Day). In ogni caso un’estensione della discesa e una chiusura sotto questi livelli (2700-2710) potrebbe dare una preoccupante conferma di fragilità a investitori che solo un paio di sessioni fa era pronto ad abbracciare con entusiasmo il mito sempreverde del ‘rally di fine anno’.

Brexit: riassunto delle puntateprecedenti. Il thriller sale di livello. Per mesi lo scenario più probabile (almeno per il sottoscritto) è sembrato poter essere quello del raggiungimento di una accordo (ricordiamolo, formato da due parti, un accordo di uscita e una dichiarazione di intenti sugli assetti futuri) tra il governo May e l’Unione Europea che sarebbe poi stato votato, probabilmente in circostanze tutt’altro che serene, nel Parlamento inglese di fronte allo spauracchio/alternativa del caos generato da un’uscita senza accordo (‘no del’ Brexit). In particolare l’ala oltranzista dei conservatori (gli ‘hard Brexiteers’), non sufficientemente forte da mettere in discussione la leadership di Theresa May ma cio nonostante una corrente necessaria per mantenere in vita la risicata maggioranza del governo conservatore, si è crogiolata per mesi nell’impressione che l’accordo avrebbe potuto articolarsi in una sorta di ‘blind’ Brexit, ovvero nel riuscire a finalizzare l’agognata uscita rimandando la definizione del rapporto futuro a dopo il famigerato 29 marzo 2019 con ancora tutte le carte negoziali da giocare. La questione irlandese e la rigidità di Bruxelles nel trattarla si sono rivelate nelle ultime settimane la vera spina nel fianco di questo scenario. L’accordo sul tavolo in questo momento (e su cui l’Europa potrebbe concedere qualche miglioramento ma credo a questo punto marginale) prevede la permanenza UK in una unione doganale (necessaria per evitare una frontiera tra Irlanda e Irlanda del Nord) per un periodo provvisorio fino al raggiungimento di un nuovo accordo senza che ci sia alcuna possibilità unilaterale d’uscita da questa ‘trappola’ (uno status quo in cui Londra e dintorni dovranno rimanere totalmente passivi a qualsiasi cambiamento regolamentare UE). Un periodo, transitorio mapotenzialmente infinito, di virtuale ‘vassallaggio’ nei confronti dell’Europa e conseguente scarso potere negoziale nel definire il futuro, fino a qualche tempo fa sembrava evitabile grazie a qualche stratagemma legal-burocratico. Ora rappresenta il peggiore dei mondi possibili sia per gli hard-Brexiteers, che preferiscono piuttosto affrontare il caos di un ‘no deal’ Brexit, sia per i Remainersche ottimisticamente pensano che dall’opporsi all’accordo potrebbero ricavare un polverone forse utile sotto forma della caduta del governo May e/o nuove elezioni e/o un nuovo referendum (questa sembra davvero un ipotesi da fantascienza per molti motivi ma che in tanti hanno interesse a tenere almeno mediaticamente viva). Il catalizzatore di questo cambio di regime sono state le dimissioni di Jo Johnson, ministro dei Trasporti e fratello, di vedute ben più moderate, di Boris Johnson, arrivate inaspettatamente venerdì. La sua lettera aperta (https://medium.com/@JoJohnsonUK/why-i-cannot-support-the-governments-proposed-brexit-deal-3d289f95f2bc) vale la pena di essere letta per dare l’idea dello scoramento con cui anche figure fedeli per mesi al piano previsto dal governo May stanno facendo i conti.

Brexit: l’agenda. Intanto si continua a lavorare 24 ore su 24per riuscire a trovare un accordo (si vedrà poi quanto appetibile per il governo in primis e per il Parlamento inglese in seconda, e più importante, battuta). L’obiettivo è un documento definitivo,riguardante l’accordo di uscita, concordatoentro domaniche l’esecutivo londinese e i governi europei possano analizzare e approvare entro la fine di questa settimana. La settimana successiva sarebbe dedicata al fine-tuning della dichiarazione programmatica riguardante gli assetti futuri, in tempo per avere un documento finale da far approvare al Consiglio europeo (da fissare ad-hoc su questo tema) il 24-25 novembre (il fine settimana successivo è già occupato dal G20 di Buenos Aires, quello con i riflettori puntati sull’incontro Trump-Xi). Il voto del Parlamento inglese(che resta l’evento chiave di tutta questa storia) potrebbe arrivare tra fine novembre e la prima settimana di dicembre. Se non si riescea trovare una quadra entro domani sera lo slittamento al ConsiglioEuropeo del 13-14 dicembre con un voto al Parlamento inglese appena prima di Natale o, più probabilmente, a gennaio. In questo caso Forse si cercherà di forzare un Consiglio Europeo ad-hoccon una settimana di anticipo per evitare di scadere nel 2019 per il tentativo di ratifica di Westminster.Il percorso è diventato più difficile ma l’obiettivo (un accordo con l’Europa ratificato dal Parlamentoinglese entro fine marzo 2019) è ancora raggiungibile. Consiglierei comunque chi volesse comprare sterline di attendere livelli migliori.

La forza del dollaro. Il differenziale dei tassi continua ad allargarsi e questo, insieme all’incertezza politica che in questa fase sembra avere un chiaro epicentro europeo (Italia e Brexit), ha provocato la rottura di un range (1.1300) che aveva limitato la forza del biglietto verde negli ultimi mesi. Anche se ci sono motivi per aspettarsi un ritorno del trend di indebolimento per il medio lungo periodo, per il momento non sembra il caso di contrastare questo movimento. Sarebbe necessario un ritorno convinto sopra il supporto da poco violato per neutralizzare la pressione ribassista che ha come target di breve periodo l’area 1.1100.

EUR/USD

DXY

La sessione asiaticaha portato un moderato sollievo. Ha aiutato la notizia di una telefonata tra Liu He, il plenipotenziario su temi economici del regime di Pechino, e il Ministro del Tesoro Mnuchin. Qualcosa si starebbe muovendo quindi per iniziare a preparare l’incontro difine mese al G20 tra Trump e Xie l’indiscrezione che Liu starebbe programmando una visita a Washington sembrerebbe confermarlo. Come sapete sono scettico sul fatto che quest’amministrazione americana possa avere unatteggiamento negoziale genuinamente costruttivo con la Cina, al limitestrumentaleper raggiungere altri obiettivi (come sostenere il mercato nei momenti più difficili). D’altro canto ieri il tono negativo aveva accelerato sulla notizia di un ritorno alle ostilità mercantili nei confronti di alleati storici come Giappone e Europa dove,specularmente,credo invece che l’aggressività abbia una natura tattica e strumentale, quando si tratta di nazioni storicamente vicine a Washington. Il -2.0% del Nikkei è in realtà un (modesto) recupero da livelli più bassi(oltre -3%), che inizialmente avevano somatizzato la sessione difficile di ieri a Wall Street, mentre le piazze cinesi mostrano un tono esplicitamente positivo(Shanghai Comp +0.9) e il future dell’S&P 500 si è allontanatodaiminimi di ieri sera (+0.5%). Anche sulle valuteappare visibile il ‘tamponamento’ del dichiarato risk-off di ieri: dollaro più debole al margine, AUD più tonico così come l’EUR/JPY.

La politica(Brexit. Italia, Trade War) continuerà a monopolizzare il palcoscenico, al cospetto di un’agenda macro poco incisiva (CPI tedesco finale per ottobre, occupazione UK) che si ravviverà però durante la prossima sessione notturna (dati mensili cinesi, GDP giapponese). Buona giornata.

Il desk rimane come sempre a disposizione per ulteriori approfondimenti.

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