Ha ragione Powell. La politica di aggressivo rialzo dei tassi ha portato ad una riduzione dell’intensità di crescita dell’inflazione, che ad ottobre è risultata del 7,7%, ben al di sotto dell’8% stimato (e dell’8,2% di settembre). Il dato positivo si aggiunge a quello sostanzialmente stabile dei sussidi alla disoccupazione della scorsa settimana (due indizi fanno una prova).
Nel prenderne atto, i listini USA sono scattati all’insu sulla convinzione degli investitori che questo possa aiutare Powell a rallentare il ritmo dei rialzi: 50 bp a dicembre invece di 75 bp. Decisamente importante soprattutto il dato core, la cui crescita in ragione d’anno è pure risultata in decrescita al 6,3% (6,5% la stima).
I prezzi dell'energia sono saliti dell'1,8% (2,1% a settembre), mentre i prezzi dei generi alimentari hanno registrato un rialzo dello 0,6% (0,8% in settembre). In frazionale ma costante flessione la media degli stipendi, scesa dello 0,1%, come in settembre e agosto.
La minore inflazione rispetto alle attese ha indebolito il dollaro, tornato intorno alla parità contro l’euro, cosi come ha fatto flettere il rendimento del Treasury a 10 anni, sceso dai massimi dei mesi precedenti, al 3,8%. In calo anche le scadenze brevi con il biennale al 4,3% e il rendimento a tre anni al 4,2%. La curva rimane comunque ancora invertita.
I dati seguono le elezioni di metà mandato e sono una boccata di ossigeno per Biden, la cui campagna elettorale è stata condizionata proprio dal caro-vita e dai timori di una profonda recessione il prossimo anno in seguito ai rialzi dei tassi di interesse.
In forte crescita anche le Borse UE che, dopo una partenza in rosso, avevano già invertito la rotta dopo che il Consiglio direttivo della BCE ha aumentato da 150 a 250 miliardi il limite di obbligazioni che può prestare in cambio di contanti (misura per allentare la pressione sul mercato).
E’ quindi tutto finito? Certo che no, soprattutto perché con un’inflazione core al 6,3% significa che i prezzi sono cresciuti in gran parte dei settori produttivi. E si sa che l’inflazione è un razzo a salire e una piuma a scendere. Per vedere un’inflazione “equilibrata” e compatibile con la crescita economica sono diverse le condizioni necessarie. Per citarne alcune: la fine del conflitto tra Russia e Ucraina, una distensione dei commerci internazionali, una riorganizzazione delle catene di approvvigionamento. Crediamo che il tempo necessario non possa essere inferiore a due/tre anni.
Questo non significa nemmeno che il mercato orso sia finito. Sicuramente, come abbiamo argomentato diverse volte, dati economici positivi aiutano le quotazioni, soprattutto alla luce del fatto che le vendite dei mesi scorsi hanno portato gli investitori ad essere sottopesati di azionario. Il trend ha infatti bisogno di essere costantemente alimentato da dati positivi. E sappiamo per esperienza, ma anche per la statistica, che non può essere così.
Saranno dunque i dati, ma soprattutto l’interpretazione che da questi si potrà trarre per il futuro, a dare la direzione alle Borse nei prossimi mesi. Quando questi vengono resi noti infatti, si riferiscono ad eventi passati, mentre le Borse guardano invece al futuro. Di conseguenza cercare di prevedere la direzione del mercato significa misurare le aspettative future.
Con un quadro economico e inflattivo in fase di distensione, quali sono gli investimenti che salvaguardano la redditività del capitale investito?
Sono investimenti mirati nei titoli di quelle società che presentano alcune caratteristiche fondamentali:
- i managers devono aver gestito razionalmente i soldi degli azionisti;
- l’impresa e i managers devono aver realmente aumentato nel tempo i guadagni degli azionisti;
- al momento dell’acquisto il prezzo deve essere almeno inferiore del 25% al valore intrinseco;
- i manager devono essere in grado di convertire le vendite in profitti;
- l’impresa deve evitare l’eccesso di debito;
- l’impresa deve mantenere nel tempo un ROE superiore a quello medio del proprio settore.
Da queste poche regole, ben si capisce che investire è semplice basta avere denaro per farlo, ma non è facile (la frase non è mia ma di W. Buffett).