"Non è ciò che non sai che ti mette nei guai. È ciò di cui sei sicuro che non è come credi" (Mark Twain).
Le Borse mondiali sono calate la scorsa settimana, sebbene i principali indici abbiano recuperato dai minimi dopo le forti perdite di lunedì, quando l'S&P ha registrato il peggior calo giornaliero dal settembre 2022 e il Nasdaq il peggiore dall'ottobre 2022. La causa è stato il deludente rapporto sui salari non agricoli di luglio, pubblicato all'inizio di agosto, ma le discussioni di mercato su un atterraggio soft rispetto a uno hard, le possibili risposte della Fed (come una riunione d'emergenza per decidere un taglio anticipato) e altri fattori, come lo smantellamento delle operazioni di carry trade globali, hanno alimentato le preoccupazioni per gran parte della settimana. Tuttavia, alla fine della settimana, l'S&P era ancora a meno del 6% al di sotto della chiusura record del 16 luglio. Dopo la tempesta, gli analisti hanno iniziato a considerare uno scenario alternativo, in cui la crescita economica degli Stati Uniti rimane solida e il rapporto sui salari potrebbe essere interpretato come un riflesso di fattori transitori, come il meteo. Alla fine della scorsa settimana, ci sono state anche reazioni da parte dei membri della Fed. Goolsbee di Chicago è stato tra i primi a intervenire, sostenendo che la Fed non dovrebbe reagire eccessivamente a un singolo dato economico, ma restare guidata dalla totalità dei dati, pur riconoscendo che la Fed sta osservando attentamente le condizioni del mercato del lavoro. Daly di San Francisco ha suggerito che non è il momento di parlare di tagli d'emergenza dei tassi e ha invitato alla pazienza. Come risultato, la volatilità è tornata su livelli più normali, intorno ai 20 punti. Questa settimana il calendario macro prevede la diffusione di importanti statistiche sull'inflazione di luglio: martedì alle 14:30 l'indice dei prezzi alla produzione negli USA, mercoledì alle 14:40 l'indice dei prezzi al consumo negli USA, e venerdì l'inflazione in Italia. Giovedì sarà importante anche la statistica sulle vendite al dettaglio di luglio negli Stati Uniti.
E se tornano i dazi?
Il possibile ritorno dei dazi sotto un'amministrazione Trump potrebbe mettere a rischio le prospettive economiche in Europa. Gli analisti di Capital Economics avvertono che queste tariffe potrebbero avere un impatto negativo sull'economia europea, specialmente in settori cruciali come quello automobilistico e delle macchine utensili, i cui prodotti dipendono in gran parte dall'export verso gli Stati Uniti. Le conseguenze potrebbero includere costi più elevati per le aziende europee che esportano, riducendo la loro capacità di competere a livello globale. Questo potrebbe portare a una riduzione della domanda di beni europei negli USA, con una possibile diminuzione della produzione e una perdita significativa di posti di lavoro nei settori più colpiti. L'effetto complessivo potrebbe essere un rallentamento della crescita del PIL europeo e un calo della fiducia degli investitori nella regione. L'incertezza legata alle politiche commerciali potrebbe inoltre scoraggiare nuovi investimenti nei settori chiave, ostacolando ulteriormente la ripresa economica. Anche la Banca Centrale Europea potrebbe trovarsi in difficoltà a gestire l'inflazione, che potrebbe aumentare a causa dei costi delle importazioni più alti. Un contesto che i mercati non stanno ancora scontando, ma che potrebbe favorire una rotazione settoriale dai titoli growth verso i value.
Attenzione al carry trade
La yen carry trade è una strategia che ha guadagnato attenzione di recente, con alcuni che la ritengono responsabile dell'instabilità nei mercati finanziari globali. Questo approccio consiste nel prendere in prestito denaro in Giappone, dove i tassi d'interesse sono molto bassi, per investirlo in mercati che offrono rendimenti più alti, come il dollaro statunitense, i mercati emergenti o le aziende tecnologiche a livello globale. Tuttavia, quando molti investitori decidono di ritirarsi rapidamente da questi investimenti, i mercati finanziari in varie parti del mondo ne risentono. Questo meccanismo ha contribuito ai recenti cali significativi nei mercati azionari mondiali. Secondo gli esperti di UBS, diversi fattori hanno reso più rischioso il carry trade sullo yen. La decisione inaspettata della Banca del Giappone di alzare i tassi d'interesse il 31 luglio ha generato timori di ulteriori aumenti, mentre le preoccupazioni per una possibile recessione negli Stati Uniti e l'aspettativa che la Federal Reserve possa ridurre i tassi hanno diminuito l'attrattiva di questa strategia. Anche la fiducia degli investitori nei titoli tecnologici statunitensi è diminuita, in particolare riguardo al futuro dell'intelligenza artificiale. Sebbene i media abbiano parlato di somme enormi in gioco, gli esperti di UBS ritengono che queste cifre siano esagerate. Probabilmente, sono state chiuse le operazioni più speculative, note anche come “fast money,” ma quelle più di medio-lungo periodo sono rimaste invariate. Niente panico, quindi.