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Le materie prime nel 2018: rimbalzi e tonfi tra i tweet e un omicidio

Pubblicato 27.12.2018, 11:40
Aggiornato 02.09.2020, 08:05

Da un Presidente che scrive tweet ad un giornalista assassinato, i prezzi delle materie prime sono stati influenzati proprio da tutto, dalla strana politica agli eventi macabri nel 2018. Dai prezzi del greggio a quelli del succo d’arancia, si sono susseguiti dei fattori sorprendenti e probabilmente ne arriveranno altri fino alla campanella di chiusura del 31 dicembre.

Dominick Chirichella dell’Energy Management Institute di New York, che ha assistito praticamente quasi a tutto ciò che c’era da vedere sul mercato del greggio negli ultimi quattro decenni, non avrebbe potuto spiegarlo meglio quando ha scritto, una settimana fa nella sua analisi finale dell’anno che “la fine del 2018 non potrebbe essere più diversa dalla fine del 2017”.

E proprio la netta differenza della performance delle materie prime negli ultimi due anni basta a supportare questa tesi.

Grosse perdite per greggio e metalli, forti oscillazioni del gas

Nel 2017, il greggio USA ha chiuso con un rimbalzo del 13%, con il movimento giornaliero massimo che non ha superato il 3%, malgrado il mercato si stesse difendendo dal primo eccesso di scorte dovuto allo scisto. Quest’anno, con un esubero dello scisto “2.0” meno pronunciato, il mercato sembra destinato ad un crollo del 40% dopo aver subìto il peggior ribasso della storia: un selloff ininterrotto di ben 12 giorni.

Ma la volatilità del greggio verso fine anno è stata altrettanto intensa, con 7 giorni al ribasso contro 9 giorni al rialzo che potrebbero tenere i trader col fiato sospeso fino all’ultima seduta.

NatGas Weekly Chart

Parlando di volatilità, non c’è niente di paragonabile alla mossa del 18% di quest’anno del gas naturale in un solo giorno: tre volte di più rispetto al picco del 2017. Le oscillazioni hanno fatto perdere al gas la corona della performance delle materie prime per il 2018, spingendolo al terzo posto dopo il cacao e il frumento al momento della scrittura, malgrado le basse scorte invernali di combustibile che hanno ridotto i guadagni annui che solo un mese fa erano a ben il 60% portandoli a circa il 16%.

La storia dei metalli è altrettanto straordinaria. Cosa strana, i future di quasi tutti i metalli scambiati a Londra e New York sono destinati a chiudere l’anno con perdite a doppia cifra, nonostante il principale acquirente, la Cina, abbia sospeso la battaglia dei dazi con gli Stati Uniti, nelle aspettative di un imminente accordo tra le due superpotenze economiche. Il rame, in testa al complesso dei metalli globali, crolla del 17% mentre zinco e piombo registrano tonfi di oltre il 20%.

Per quanto riguarda l’agricoltura, la soia è vicina a perdite a doppia cifra, ridimensionando l’ottimismo derivante dalla stessa tregua commerciale USA-Cina, dopo che i dazi proibitivi all’inizio dell’anno hanno soffocato le vendite della soia americana in Cina.

(Per gli utenti desktop, cliccare qui e andare su “performance” per vedere i ritorni delle materie prime sul 2018).

Attori bizzarri stravolgono il copione

Ma la storia delle materie prime nel 2018 non si riduce solo all’azione di prezzo. Ha visto coinvolti anche strani attori che non avrebbero dovuto far parte del copione.

Tutti sanno che il Presidente USA Donald Trump ama twittare sull’immigrazione, il commercio, i cambiamenti climatici e persino sui licenziamenti alla Casa Bianca. Ma nessuno si aspettava che la sua passione per i post da 140 caratteri portasse ad uno sconvolgimento di un mercato del greggio che si era appena ripreso da uno dei peggiori esuberi delle scorte mai registrato.

L’account Twitter @realDonaldTrump ha fatto il suo debutto sul mercato del greggio in primavera, subito dopo la cancellazione da parte del Presidente dell’accordo sul nucleare iraniano dell’era Obama e la minaccia di applicare sanzioni sulle esportazioni petrolifere da Tehran. Quando i prezzi del greggio sono schizzati in conseguenza dei timori di una riduzione delle scorte per via delle sanzioni, Trump si è scatenato su Twitter, chiedendo più greggio all’Arabia Saudita e agli altri fornitori dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di petrolio (OPEC). C’erano in gioco le imminenti elezioni di metà mandato USA di novembre e la possibile rabbia degli elettori contro Trump e il suo partito Repubblicano se i prezzi del greggio fossero rimasti alti.

WTI Weekly Chart

Dopo che il gruppo allargato OPEC+, che comprende la Russia, ha aperto completamente i rubinetti, il Presidente ha annunciato inattese esenzioni sulle esportazioni di greggio iraniane che, combinate con la produzione statunitense da record, hanno preparato il terreno ad un altro mercato in esubero, dopo l’eccesso del 2014-2017. Quando i prezzi del greggio sono crollati, l’OPEC ha deciso di tagliare le scorte ma Trump ha nuovamente twittato che il cartello non avrebbe dovuto farlo, mettendo ulteriori pressioni sul mercato.

Se Trump è stato un intenzionale (sebbene insolito) partecipante nell’arena del greggio quest’anno, persino più strano è stato il ruolo postumo giocato dal giornalista saudita residente negli Stati Uniti Jamal Khashoggi che per più di due mesi dopo il suo brutale omicidio a inizio ottobre è stato un incubo per il principe ereditario saudita e per i tori in tutto il mondo. L’omicidio di Khashoggi presso il consolato saudita in Turchia ha fornito a Trump l’arma di cui aveva bisogno per continuare a twittare a proposito del fatto che il regno e l’OPEC non dovrebbero tagliare la produzione o spingere i prezzi.

Attuali punti di pressione: timori per la recessione, blocco delle attività amministrative USA

È stata così efficace la battaglia di Trump contro i prezzi del greggio alti che l’annuncio dell’OPEC di una riduzione da 1,2 milioni di barili al giorno delle scorte globali fino al giugno 2019 ha sollevato appena il mercato.

Sebbene la strana impennata del 9% suggerisca la probabilità di una netta ripresa dei prezzi una volta raggiunto un fondo, i timori di una recessione globale potrebbero pesare sulla ripresa, affermano gli analisti. Per il momento, il parziale blocco delle attività amministrative USA (per la richiesta di Trump che i suoi rivali Democratici al Congresso approvino il finanziamento da 5 miliardi di dollari per costruire un muro che secondo lui terrà alla larga i messicani che entrano illegalmente nel paese) potrebbe tenere i mercati sulle spine.

Trump non è stato l’unico politico ad avere un impatto esagerato sui prezzi delle materie prime quest’anno.

Soybeans Weekly Chart

Partecipando al botta e risposta sui dazi con Trump, il Presidente cinese Xi Jinping ha contribuito al tonfo dei prezzi del rame e della soia, due delle principali importazioni cinesi dagli Stati Uniti.

Nel frattempo, il Presidente brasiliano Javier Bolsonaro è stato responsabile dell’impennata di due mesi a inizio anno registrata da zucchero, caffè arabica e succo d’arancia, tutte e tre importanti esportazioni del paese latino americano che segnano ora cali a doppia cifra, con gli speculatori che scommettono sul successo delle promesse elettorali riformiste di Bolsonaro. Soprannominato ironicamente “il Trump tropicale”, Bolsonaro è sopravvissuto ad un accoltellamento durante il periodo elettorale che ha brevemente aumentato la sua popolarità, spingendo i guadagni di queste materie prime.

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