Il sereno dopo la tempesta.
A leggere i quotidiani finanziari, sembra quasi inspiegabile il rally ieri di Wall Street, un giallo legato alle solite situazioni di ipervenduto ancora tutto da verificare nei prossimi giorni. Scopriamo cosa si nasconde dietro questo giallo e, soprattutto, se nel breve sarà sostenibile.
Noi crediamo che quando si muovono miliardi, di gialli ce ne siano pochi, non è sempre facile capire, ma è bello, stimolante, aiuta a non trovarci spiazzati la prossima volta e si impara sempre qualcosa. Proviamoci.
Boom
Ieri l’S&P500 ha messo a segno un rally intraday che non si vedeva dal 2020 passando da un -2,48% per chiudere a +2,6%. La parte da giallo è che era appena uscito uno di quei dati pessimi che avrebbe dovuto, ancora una volta gettare a ko i mercati. E in un primo momento è proprio quello che è successo. La cronaca: inflazione alle stelle, mercati al tappeto, Treasury pericolosamente al 4%, la Fed non può e non deve mostrarsi indulgente contro la fiammata dei prezzi. Questo il clima di ieri all’apertura di Wall Street.
Inflazione da paura
La parte peggiore arrivava, non tanto, da quell’inflazione passata dall’8,2% dell’inflazione all’8,3% del mese precedente, le stime erano all’8,1%. Ma dalla parte core, il cuore stesso dell’inflazione, quella escludendo il contributo della componente energetica e degli alimentari, che, ancora una volta, lo abbiamo visto anche il mese scorso, saliva al posto di scendere! Il Cpi anno su anno, escluso energia e alimentari è salito dal 6,3% al 6,6%, mese su mese ha segnato un +0,6% invariato mentre le stime erano per uno 0,4%.
A fronte di questi dati la Fed non potrà fare altro che mantenere una politica monetaria restrittiva, si pensava.
Dietro alle quinte dei numeri
Gli addetti ai lavori, però sono andanti molto più in profondità. Sono andati a scorporare il dato l’inflazione e tutte le sue componenti, e quello che hanno trovato, è un dato sull’inflazione legate agli shelter, tradotto in maniera letterale sono “i rifugi”, eccessivamente alto. La migliore traduzione sarebbe “l’affitto equivalente dei proprietari”, come se i proprietari, anche quelli che non affittano, si trovassero ad affittare e, a questa stima, si aggiungono anche i prezzi delle utenze.
Ebbene, questa voce pesa per un terzo nel paniere dell’inflazione, ci insegna il Wall Street Journal ed è un dato sempre in ritardo. Il dato solo sugli affitti, come li intendiamo noi, pesa il 7%.
La Fed e gli addetti ai lavori lo sanno bene, per guardare i dati sugli affitti si affidano ad altre statistiche, per non rimanere “imbrogliati”, e guardano i dati di Zillow, di CoreLogic e RealPage e tutti dicono la stessa cosa: gli affitti si stanno raffreddando negli Usa.
L'inflazione appiccicosa
Sempre gli stessi esperti, però, ci dicono di non cantare vittoria troppo presto. L’inflazione Usa rimane alta, la Fed proseguirà la sua strada e il rialzo di ieri può essere l’ennesimo fuoco di paglia legato a fortissimi ipervenduto e posizioni short che si chiudono.
Siamo andati a vedere quanto tempo in più ci impiega l’inflazione appiccicosa, quella legata ad affitti e salari ad andare via, rispetto a quella più scivolosa, risposta da 12 a 24 mesi.
Oggi sarà la volta delle trimestrali Usa: attesi dati positivi ma dovremmo concentrarci sulle guidance.