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Payrolls robusti e Fed-speak hawkish il Treasury resta sotto pressione

Pubblicato 08.10.2018, 12:57
Aggiornato 09.07.2023, 12:32
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Lunedì 8 Ottobre

 I Payrolls, pur nell’ambiguità del loro variegato messaggio, hanno confermato un quadro occupazionale statunitense robusto. Con l’accompagnamento di altre voci hawkish provenienti dal FOMC (Bostic e Williams) è stato fornito ancora un po’ di carburante alla salita dei rendimenti. Gli indici azionari stanno iniziando a mostrare qualche sofferenza a curve più alte e più ripide, soprattutto nella componente reale dei tassi.

 Non-Farm Payrolls. Il rapporto sull'occupazione di settembre è stato meno lineare di altre occasioni ma il messaggio complessivo resta comunque quello di un mercato del lavoro robusto e in grado di generare guadagni salariali più rispettabili man mano che i lavoratori inattivi diventano sempre più scarsi. L’headline dei nuovi posti di lavoro (non agricoli) creati (134.000) è rimasta nettamente sotto le attese che Bloomberg riportava a 185.000 ma che erano presumibilmente più alte dopo le rilevazioni molto buone contenute negli indici ISM e nell’ADP. La delusione è stata però controbilanciata con forza da due fattori: a) una forte revisione netta positiva per gli ultimi due mesi (87.000); b) la presenza, analizzando i dati in dettaglio, di chiari segnali di come la debolezza del numero di settembre fosse dovuta all’impatto temporaneo dell'uragano Florence (il forte calo dell’occupazione nel settore tempo libero e ospitalità e il cospicuo numero di persone non a lavoro a causa del maltempo). Forse l'aspetto più sorprendente del dato è stato il visibile calo del tasso di disoccupazione dal 3,9% al 3,7% (con maggiore precisione, dal 3,89% al 3,66%), ora il più basso da dicembre 1969, arrivato con un tasso di partecipazione invariato e quindi senza la scorciatoia di fuoriuscite dalla popolazione considerata ‘forza lavoro’. Le attesissime retribuzioni medie orarie, in linea con le attese degli economisti, sono aumentate dello 0.3% m/m. Il numero y/y è sceso da 2.9% a 2.8% ma per un effetto base. Un dato anche modesto in ottobre porterà la progressione annuale salire sopra il 3%. D’altro canto, annualizzando il tasso di crescita dell’ultimo trimestre otteniamo un notevole 3.4%. Un anno fa lo stesso calcolo produceva un più modesto 2.75%. Scavando nella relazione si trovano altri indizi di come la forza lavoro ancora disponibile (e di pronto utilizzo) sia sempre più ridotta al lumicino: il tasso di disoccupazione per la categoria disoccupata da relativamente poco tempo (meno di sei mesi, logicamente quella più facile da re-inserire) è sceso al 2.8%, il più basso dagli anni 50.

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 A questo punto i dubbi sull’azione della Fed a dicembre (quarto e ultimo rialzo per il, 2019) si stanno riducendo sempre di più. Le probabilità che la curva sconta di un hike di 25bp, con la finestra dei Fed Funds portata a 2.25%-2.50%, sono ormai superiori all’80%. Inoltre la forza del mercato del lavoro, confermata nel rapporto di venerdì, contribuirà a spingere il mercato ad avvicinare le proiezioni dei DOTs che vedono altri 3 rialzi nel 2019, dopo I 4 di quest’anno (la curve ne prezza al momento circa 2 in aggiunta a quello presumibile di dicembre 2018). Da notare anche la proattività con cui, dopo le recenti esternazioni di Powell, altre voci del FOMC si stiano spostando su toni più hawkish. Così il governatore della Fed di Atlanta Raphael Bostic: “the central question in my mind is whether the apparent strength in GDP and job growth is a signal that I have materially underestimated the underlying momentum of aggregate demand. If that's the case, the potential for overheating would require a higher path for rates than what I had been thinking." E così John Williams, fresco nominato a quello che è tipicamente uno dei ruoli più pesanti dopo quello del Presidente del comitato (i.e. Powell), governatore della Fed di New York: DOT PLOT ESTIMATES DON'T SIGNAL TIGHT FED POLICY / WE HAVE A WAYS TO GO TO GET LEVEL NEAR NEUTRAL… anche se ha poi precisato… DOESN'T BOTHER ME IF INFLATION FEW TENTHS ABOVE GOAL.

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I Payrolls e il cosiddetto Fed-speak di venerdì hanno tenuto vivo il movimento rialzista sui tassi americani, iniziato da qualche settimana (dai minimi) ma che aveva subito una notevole fiammata nelle sessioni centrali della settimana passata. Il movimento di mercato più interessante è stata la correlazione positiva (tra bond e equity) che ha iniziato ad affermarsi con l’arrivo dell’accelerazione rialzista sui rendimenti, in grado di generare qualche visibile fastidio agli indici azionari. In tanti nei mesi passati hanno certato di stabilire dei livelli a cui la normalizzazione dei tassi, specialmente americani, avrebbe potuto generare forti venti contrari per i corsi azionari. In generale secondo la maggior parte delle analisi i rendimenti che storicamente tendono ad ‘uccidere’ i cicli rialzisti delle borse sono superiori a quelli attuali (diciamo > 4% per il 10Y US). Senza stare a sottolineare uno scetticismo di fondo sull’estrapolazione di situazioni passate in quello che è un ciclo indubbiamente atipico (per la sua lunghezza e per l’estremo supporto monetario utilizzato per combattere l’ultima crisi) ribadisco che dal mio punto di vista, molto spesso, è corretto quello che dicono i grandi viaggiatori: conta più il viaggio della destinazione. A gennaio lo strappo rialzista dei rendimenti aveva probabilmente contribuito alla feroce correzione di febbraio, anche se il livello era ben più basso (partivamo da circa 2.40% sul 10Y US). Pur lungi dal pronosticare una debacle simile, la correzione potrebbe però continuare se l’avvenuta rottura di certi livelli sull’obbligazionario, con il contributo di dati economici forti (attenzione al CPI giovedì), portasse ad un ulteriore estensione della salita delle curve, specialmente nella componente reale dei tassi. Non è un caso che le difficoltà dell’azionario, settimana scorsa, siano iniziate quando il tasso reale implicito a 10Y è salito sopra quota 1.00%.

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 Nella settimana appena conclusa l’indice S&P 500 ha lasciato sul campo un modesto 1.1% ma le perdite dal suo picco infra-settimanale sono state quasi del 2%. Evidente poi la sotto-performance del Nasdaq (-3.0%). Le perdite in Europa e nei mercati emergenti sono state meno visibili ma hanno comunque spinto questi indici ai minimi delle ultime 3 settimane. Possiamo naturalmente contestualizzare il tutto, nel caso di Wall Street, come una modesta correzione. Dopotutto il Q3, con il suo +7.3% per l’S&P 500, era stato il miglior trimestre degli ultimi 5 anni.

 A livello geografico e settoriale i dibattito tra US e Resto del Mondo e tra Value e Growth (e Momentum) appare in questa fase più acceso che mai. Tipicamente l’impatto di una significativa salita dei rendimenti si vede nella rotazione in uscita da azioni che hanno caratteristiche ‘obbligazionarie’ (volatilità più bassa e dividendo più alto) e dai nomi più speculativi nel mondo ‘Growth’, e nella miglior performance di azioni ‘Value’ e di ciclici a buon mercato.

 Un po’ di notizie assortite in uscita dal week-end… Italia, Brexit, Corte Suprema US, Brasile, Cina…

 Italia. I toni tra Roma e Bruxelles rimangono conflittuali. Quello che si sa per ora della manovra piace molto poco all’Europa. La risposta che avrete tutti letto sui giornali di ieri da parte di Di Maio (“tra sei mesi ‘questa’ Europa non ci sarà più”) non è stata particolarmente conciliante. Mentre aspettiamo qualche dettaglio in più, soprattutto sulle coperture, sembra possibile che la volatilità ribassista possa ripresentarsi in apertura di settimana.

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 Brexit. Negli ultimi giorni della settimana passata era trapelata qualche indiscrezione e qualche dichiarazione di ‘apertura’ europea (dopo la doccia fredda di Salisburgo) sulla possibilità di trovare un compromesso sul ‘back-up plan’ per la frontiera irlandese da inserire nell’accordo di divorzio. L’effetto positivo sulla sterlina è infatti apparso evidente nelle ultime sessioni. In aggiunta, durante il fine settimana, è emersa una potenziale offerta che Unione starebbe formulando nell’impostare i pur vaghi paletti che la dichiarazione di intenti sull’assetto futuro dovrà contenere. Si tratterebbe di una accordo di libero scambio particolarmente vantaggioso (“a super-charged free-trade deal”) anche se con barriere doganali da rispettare (una situazione quindi più simile quindi all’attuale rapporto con il Canada che a quello con la Norvegia, per fare riferimento ai trattati tipicamente citati come quadro di riferimento). Per la May un piano simile sarebbe più facilmente vendibile ai ribelli-Tory (gli hard-Brexiteers che rappresentano l’ala più oltranzista del suo partito) ma naturalmente renderebbe ben più difficile andare a cercare voti tra i laburisti. https://www.bloomberg.com/news/articles/2018-10-05/eu-is-said-ready-to-offer-u-k-super-charged-free-trade-deal

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 Brett Kavanaugh. La partita che ha polarizzato gli Stati Uniti negli ultimi giorni si è chiusa con una vittoria di Trump, pur con margine limitatissimo. Il discusso giudice (per accuse di comportamenti sessualmente violenti in tempi ormai lontanissimi) ha passato l’approvazione del senato per 51 voti a 49. Due i senatori repubblicani che hanno rotto le righe (votando contro la nomina), Jeff Flake e Lisa Murkowski. Fondamentali i voti favorevoli di Susan Collins (repubblicana a lungo indecisa) e dell’unico democratico che ha votato a favore, Joe Manchin.
 Brasile. Il candidato di destra radicale, l’ex-capitano dell’esercito Jair Bolsonaro ha portato a casa il 46% dei voti, non abbastanza per ottenere la presidenza al primo turno ma posizionandosi come nettissimo favorito nei confronti del concorrente del ballottaggio (secondo turno tra 3 settimane il 28 ottobre) Fernando Haddad, il candidato del PT che ha sostituito Lula, impossibilitato (in carcere) a candidarsi. Haddad ha ottenuto il 29% dei voti e appare quasi impossibile che il tentativo che farà di raccogliere il consenso di altri candidati (più facile per quelli a sinistra come Ciro Gomes, molto più difficile per quelli centristi come Alckmin), riesca ad impedire la vittoria finale di Bolsonaro. I mercati nelle ultime due settimane hanno salutato positivamente l’ascesa nei consensi del candida di destra, considerandolo potenzialmente più ‘market-friendly’ di Haddad. È quindi probabile che questa netta vittoria favorisca inizialmente gli asset carioca anche se bisognerà vedere se i guadagni reggeranno quando il mercato inizierà a focalizzarsi sulle capacità implementative di una forza politica con un manifesto così ‘divisivo’ come quello portato avanti dall’ex-militare. Da questo punto di vista va sottolineato che il suo partito (PSL) ha ottenuto 52 seggi (secondo gruppo parlamentare) alla Camera, fatto che gli analisti interpretano come positivo in termini di governabilità.

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 La Cina ha tagliato la riserva obbligatoria (RRR) di un corposo 100bp. Il consenso era che potesse arrivare una riduzione di circa 50bp a trimestre nei prossimi 12 mesi. La portata dell’intervento è quindi, almeno in parte, inattesa, anche se la banca centrale ha specificato che circa il 40% dell’iniezione di liquidità che ne conseguirà servirà a controbilanciare l’effetto restrittivo di alcuni prestiti MLF (Medium-term Lending Facility) in scadenza. La proattività cinese potrebbe essere interpretata positivamente dai mercati ma c’è viceversa il rischio che la si possa leggere negativamente come un segnale che le autorità sono preoccupate per un rallentamento che ai loro occhi sta diventando più preoccupante del previsto.

 La prima sessione asiatica settimanale ci ha portato una forte flessione degli indici cinesi (Shanghai Composite -3.7%) e un marginale indebolimento dello yuan (USD/CNH a 6.9050 vs 6.8900 di venerdì) ma è difficile distinguere l’effetto dell’inatteso taglio dell’RRR dal fatto che la Cina ha riaperto i battenti dopo una settimana di vacanza dei mercati domestici con la necessità di dover somatizzare l’ulteriore peggioramento nei rapporti con gli Stati Uniti (sanzioni su forniture militari, le accuse di spionaggio industriale, il discorso del vice-Presidente Pence) resosi evidente negli ultimi giorni.

 Da seguire nella settimana entrante. Oltre a numerosi interventi di membri del FOMC (un flusso copioso quasi tutti i giorni) avremo I PMI cinesi (già pubblicati stanotte, PMI servizi nettamente migliore delle attese a 53.1 vs 51.5 exp.), il CPI americano (giovedì), la bilancia commerciale cinese (venerdì) e l’attesa sentenza da parte della giustizia turca sull’eventuale rilascio del pastore americano Brunson accusato di spionaggio (venerdì). Venerdì partiranno anche le trimestrali US e inizieranno, proseguendo durante il w/e, le riunioni annuali di Worldbank e IMF.

Buona settimana.

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