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Occhi puntati su scorte di greggio USA

Pubblicato 22.04.2020, 13:04
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Martedì le borse in Europa e negli USA hanno ceduto il 3-4% circa, perché il crollo dei prezzi del petrolio ha intaccato la propensione all’acquisto degli investitori. In Asia sono continuate le vendite, anche se a un ritmo più lento.

L’attività sui futures di FTSE (+0,18%) ed Eurostoxx (+0,22%) suggerisce un avvio da piatto a positivo in Europa per la seduta di mercoledì, tuttavia i titoli del comparto energetico continueranno a essere poco allettanti, vista l’allarmante volatilità dei mercati petroliferi.

Ieri gli elevati volumi di scambio hanno provocato notevoli oscillazioni dei prezzi sui contratti del WTI con consegna a giugno. Anche se la crisi dei rollover è superata, le pressioni al ribasso si sono diffuse oltre i contratti con consegna a maggio che scadevano ieri e le apprensioni per l’eccedenza di petrolio sono destinate a persistere. Ieri il trading a New York è stato fermato tre volte per contenere le oscillazioni selvagge. Mentre scriviamo, i contratti per il WTI in consegna a giugno si sono stabilizzati intorno ai $10 al barile.

Poiché la crisi dello stoccaggio sui mercati petroliferi continua a occupare le prime pagine dei giornali finanziari, i dati EIA sulle scorte settimanali USA oggi saranno inevitabilmente l’appuntamento più atteso. Dai dati diffusi dall’inizio di aprile emerge che, nelle ultime tre settimane, le scorte di greggio USA sono aumentate di circa 50 milioni di barili. Gli analisti prevedono un altro incremento di 16,13 milioni di barili per la scorsa settimana, cifra che confermerebbe l’acuirsi della crisi dello stoccaggio negli USA e frenerebbe il potenziale di una ripresa positiva dei mercati petroliferi, gravemente danneggiati dalla crisi. Giacché le speranze di un intervento sul fronte dell’offerta sono andate ormai completamente in frantumi, andare corti sullo spread fra Brent e WTI in previsione di una convergenza del prezzo potrebbe aiutare a proteggersi dall’effetto contango durante i futuri rollover, ma probabilmente ci vorranno mesi prima che il mercato petrolifero USA si rimetta in piedi. S’intensificano le voci su un altro interevento dell’OPEC ma, a questo punto, qualsiasi cosa che non sia un fermo completo della produzione non sarebbe sufficiente.

A proposito di dati, ieri il tasso di disoccupazione nel Regno Unito ha mostrato un incremento inaspettato al 4% nel mese di febbraio, mentre le retribuzioni sono cresciute meno del 3% a/a. La notizia positiva è arrivata invece dalla cifra, molto più bassa del previsto, del numero di richieste di disoccupazione di marzo. Dai dati si evince che 12,100 cittadini britannici hanno fatto richiesta di sussidi di disoccupazione, rispetto ai 172.500 stimati dagli analisti, rassicurando dunque gli investitori che, il mese prossimo, il deterioramento sul mercato del lavoro non dovrebbe essere così devastante come molti prevedono. Stamattina, il dato sull’inflazione primaria nel Regno Unito ha confermato un calo della crescita dei prezzi al consumo, dall’1,7% all’1,5%, come previsto per il mese di marzo, perché il notevole rallentamento dell’attività economica ha avuto forti ripercussioni sulla domanda globale. E, con i prezzi del petrolio bassissimi, al danno si è aggiunta la beffa. L’inflazione più debole e l’indebolimento del mercato del lavoro fanno stare vigili le colombe della Banca d’Inghilterra (BoE) e potrebbero incoraggiare una flessione più marcata del cable, verso quota 1,20. Per ora, tuttavia, non si prevede un altro intervento monetario alla riunione del CPM del 7 maggio.

In Germania, il sondaggio ZEW ha segnato un nuovo minimo, pari a -91,5 punti, ad aprile, ma l’indice sul sentiment è risultato inaspettatamente positivo, suggerendo che il calo dei nuovi casi di coronavirus e la prospettiva di misure di confinamento meno restrittive danno speranza agli investitori, anche se, nei prossimi trimestri e anni, i paesi europei dovranno fare i conti con il debito gravoso dovuto all’attuale crisi economica.

Anche l’indice sul sentiment dei consumatori nell’Eurozona, che sarà diffuso oggi, potrebbe mostrare una certa resilienza rispetto all’ulteriore calo previsto, pari a -19,6 punti ad aprile, rispetto ai -11,6 del mese precedente. Tuttavia, anche un miglioramento del sentiment di consumatori e investitori potrebbe non bastare a stimolare l’appetito per l’euro in vista del vertice dell’Eurogruppo di giovedì. Le incertezze sul piano congiunto dell’EU, o su un mancato accordo, potrebbero offuscare l’ottimismo che eventualmente trapelerà dai dati economici e mantenere l’euro offerto sotto il livello a 1,09, la media mobile a 200 giorni.

Sul fronte degli utili, Netflix (NASDAQ:NFLX) ha battuto le stime degli analisti nel primo trimestre del 2020, con 9 milioni di abbonati in più rispetto a quanto promesso, perché l’isolamento causato dal coronavirus ha fatto aumentare l’audience. Il balzo del 28% nei ricavi, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, sarebbe stato superiore senza l’apprezzamento del dollaro USA. Ciò nonostante, la società è rimasta cauta sulle previsioni future. Nel complesso, l’overperformance degli utili di Netflix non ha sorpreso, perché si prevedeva che società tecnologiche come Netflix, Amazon (NASDAQ:AMZN) e Microsoft (NASDAQ:MSFT) uscissero trionfanti dal diffuso lockdown globale.

Altrove, c’è stato poco movimento sui mercati dei cambi. L’indice del dollaro USA annaspa appena sopra i 100 punti, mentre i rendimenti dei decennali USA sono scesi ancora, allo 0,55%.

L’oro testa al ribasso i $1680 all’oncia.

Infine, dai verbali dell’ultima riunione della banca centrale australiana (Reserve Bank of Australia, RBA) emerge che la banca ha ridotto gradualmente gli acquisti giornalieri di bond, optando per una strategia attiva di controllo dei rendimenti piuttosto che per un importo fisso di acquisti giornalieri per sostenere l’economia. A marzo le vendite al dettaglio australiane sono balzate dell’8,2% m/m, il livello più forte mai registrato, perché le famiglie si sono affrettate a fare acquisti prima che le misure di confinamento colpissero il continente. L’AUD/USD continua a vendere un supporto vicino alla media mobile a 50 giorni (0,6274), ma le nuove pressioni al ribasso sul rame probabilmente argineranno il potenziale al rialzo nei pressi di quota 0,65.

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