Gentili lettori di Investing.com,
la settimana scorsa è stata sostanzialmente poco mossa per i principali listini azionari mondiali, da un lato appesantatiti dall'ennesimo calo del prezzo del greggio, che ha inciso negativamente sul settore Oil&Gas, dall'altro sostenuti dal diffuso apprezzamento del settore Healthcare grazie soprattutto ai rumours di una minor pressione esercitata da parte del presidente americano Trump, sull'eccessivo prezzo dei farmaci.
Anche il settore tecnologico, recentemente oggetto di imponenti folate di vendite dovute all'accrescersi di dubbi circa la sostenibilità delle valutazioni stellari dei FAAMG's (Facebook (NASDAQ:FB), Apple Inc (NASDAQ:AAPL), Amazon (NASDAQ:AMZN), Microsoft (NASDAQ:MSFT), Google (NASDAQ:GOOGL)), ha contribuito positivamente alla crescita dei listini.
Sono proseguite, inoltre, le comunicazioni Hawkish (cioè poco accomodanti e volte ad un rialzo dei tassi d'interesse) da parte di membri delle principali banche centrali (in particolare FED e BCE) nonostante l'inflazione attuale e, soprattutto, le aspettative inflazionistiche dei prossimi anni, siano estremamente depresse.
Il problema, come spesso accennato, non risiede solo nel calo persistente del prezzo degli energetici e degli alimentari (decisamente volatili negli ultimi anni), ma (ed è decisamente più preoccupante) nella pressochè totale assenza della crescita dei salari, nonostante il mercato del lavoro, almeno nelle principali economie sviluppate, stia attraversando una fase di ottima salute...rialzare i tassi quando l'economia cresce è appropriato ma quando la ricchezza personale è ampiamente sotto trend è estremamente deleterio.
Il prezzo del petrolio, (sia il Brent sia il WTI, sono ufficialmente in Bear Market, avendo ceduto più del 20% del suo valore dai prezzi massimi del 2017, rappresenta una delle principali cause delle pressioni deflazionistiche degli ultimi tre anni.
Attualmente in fase di stabilizzazione rispettivamente sui valori di 46$ e di 43$ al barile, BRENT e WTI, stanno nuovamente agitando le notti degli operatori di mercato; nonostante lo storico accordo tra 11 dei 13 membri dell'OPEC e 13 grandi Paesi Produttori per ridurre del 2% la produzione giornaliera di greggio (1,8 milioni di barili al giorno)
Da ora e sino ad almeno Marzo 2018, una serie di fattori (spesso poco attinenti alla dinamica domanda/offerta ma legati a mere speculazioni) hanno spinto, spingono e spingeranno, gli operatori di mercato a ridurre significativamente il nuovo prezzo di riferimento dell'oro nero.
Tenendo conto di stime in crescita per l'economica globale e dello sforzo congiunto di Paesi come Arabia Saudita e Russia (che solo due anni fa erano in aperto contrasto tra loro) per ridurre il presunto eccesso di offerta, un tracollo del prezzo del BRENT dai circa 57$ di fine Febbraio 2017, agli attuali 46$ al barile (-20%), non può assolutamente essere spiegato solo dall'aumentata offerta proveniente dai produttori americani di shale oil (che man mano che il prezzo cala vedono ridursi ampiamente i margini di profitto dato il maggior costo della tecnologia necessaria alla trivellazione orizzontale) o da un incremento (temporaneo) dell'offerta di Paesi come Libia e Nigeria...
Si tenga presente che 1 barile su 9 di petrolio è prodotto dall'Arabia Saudita che, esercitando una potenziale grande influenza sulla determinazione del prezzo del greggio sopra i 60$ dollari al barile, potrebbe decidere di intervenire in modo deciso, quando e se volesse realmente farlo!
Il nuovo erede al trono saudita (Mohammed Bin Salaman) nel 2018 guiderà la quotazione del fondo Sovrano Saudi Aramco che si stima abbia un valore complessivo di 2.000 miliardi di dollari
Un'offerta pubblica di acquisto del 5% del fondo, equivarrebbe alla più grande quotazione iniziale della storia (100 miliardi di $!) e ovviamente, un prezzo del greggio più elevato garantirebbe una maggiore raccolta di denaro sul mercato ed il successo dell'IPO.
Il vero motivo alla base della pressione ribassista violenta ed "orchestrata" da una serie di operatori collusi è facilmente comprensibile osservando il grafico sotto riportato...la speculazione ribassista aggressiva dei maggiori attori nel mercato finanziario del petrolio, ha raggiunto il valore massimo dal 2012!
Le scommesse al ribasso (attraverso posizioni corte sul mercato dei futures) sono pari a ben 160 milioni di barili giornalieri.
La settimana dal 26/06 al 30/06 non sarà caratterizzata dalla divulgazione di dati macroeconomici particolarmente rilevanti, fatta eccezione per :
- mercoledi 28 Giugno : ore 16.30 i dati sulle scorte di greggio su base settimanale delle imprese americane
- giovedi 29 Giugno : ore 14 inflazione (preliminare) per il mese di Luglio in Germania. Le attese sono di +1,4% su base annua in ulteriore lieve ritracciamento dal +1,5% di Giugno.
- venerdi 30 Giugno: ore 03.00 indicatori PMI ufficiali manifatturieri e del settore terziario in Cina per il mese di Luglio; le attese sono di un lieve ritracciamento nel comparto manifatturiero da 51,2 di Giugno a 51 (un valore superiore a 50 indica comunque un'espansione dell'attività) e di un consolidamento nel terziario (54,5 come a Giugno).
ore 14.30 : inflazione americana (calcolata dall'indicatore PCE che non considera le variazioni di prezzo di alimentari ed energetici) prevista pari al +1,4% nel mese di Maggio
FOCUS AZIONARIO
Eccezion fatta per la pressione ribassista sul comparto Oil&Gas, la settimana ha fornito scarsi punti di interesse.
Con la volatilità azionaria calcolata dall'indice VIX per il mercato americano e dal VSTOXX per quello europeo prossima (nuovamente) ai minimi storici, gli operatori di mercato sembrano attendere i prossimi sviluppi circa il processo di normalizzazione della politica monetaria da parte delle Banche Centrali, oltre all'inizio della divulgazione dei dati economici e reddituali relativi al secondo trimestre 2017 delle Big Comapanies USA da metà Luglio in poi, prima di posizionare il flusso di capitali dentro o fuori dal mercato azionario.
Da segnalare il rimbalzo del Nasdaq dopo le vendite delle ultime due settimane ed il consolidamento degli indici europei (in particolare del DAX) sui valori massimi da inizio anno.
VALUTE/MATERIE PRIME/MERCATO OBBLIGAZIONARIO
In ambito valutario, degna di nota è la volatilità della sterlina britannica (GBP), dopo essere sprofondata ai minimi da inizio anno a seguito del caos politico generatosi dopo le elezioni del 8/06.
In particolare, il balzo dell'inflazione nel mese di Maggio (+2,7% su base annua) ben al di sopra del target del 2%, sta orientando la Bank of England a procedere ad un rialzo dei tassi d'interesse (ora pari al +0.25%)...un intervento rialzista sui tassi avrebbe un effetto propulsivo sulla valuta, depressa dallo stallo circa le negoziazioni sul Brexit.
L'Euro rimane relativamente forte rispetto alle principali controparti (1,12$) mentre lo YEN relativamente debole, raffigurando una situazione del mercato finanziario complessivamente tranquilla.
Eccezion fatta per i movimenti bruschi ed irrazionali che stanno riguardando il prezzo del petrolio, degno di menzione è l'apprezzamento del rame (+2,34% nella settimana) ed il calo generalizzato del prezzo degli alimentari.
Stabili su valori lontani dai massimi del 2017 i preziosi con l'Future Oro che quota 1251$ l'oncia e l'Future Argento 16,62$.
Il mercato obbligazionario nell'ultima settimana, è tornato a ritenere "poco probabile" un'accelerazione processo di normalizzazione dei tassi d'interesse (così come paventato dalla FED) e di eliminazione degli stimoli monetari in Eurozona e Giappone, alla luce della perdurante assenza di inflazione.