Se la storia passata fosse tutto ciò che serve per giocare al gioco del denaro, le persone più ricche sarebbero i bibliotecari (W. Buffett).
Settimana che, con pochi dati, inizia un po’ in sordina. Tra giovedì e venerdì usciranno i PMI dell’Europa e degli Stati Uniti, oltre che il PIL del 1Q24 della Germania.
In alto più a lungo è il mantra attuale che i mercati azionari e obbligazionari sembrano abbracciare con entusiasmo. Non lo avremmo mai detto un anno fa, poiché i mercati finanziari si aspettavano tagli significativi dei tassi di interesse da parte della Fed non più tardi di gennaio e una continua e rapida diminuzione del tasso di inflazione.
Nessuna di queste cose è accaduta, eppure l’indice S&P 500 continua ad aggiornare i massimi storici, mentre il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni è rimasto più alto di quanto molti si aspettassero, strisciando da un livello inferiore al 4% all’inizio dell’anno e stazionando ora nell’intorno del 4,5%.
Questa mentalità di rialzo più a lungo sarebbe stata probabilmente un grosso ostacolo per le azioni 12 mesi fa. Oggi gli investitori continuano a privilegiare i temi del calo dell’inflazione nel tempo e di una Fed che vuole tagliare i tassi di interesse. Anche se probabilmente lo farà non prima del quarto trimestre.
Il fatto che l’economia e gli utili continuino a crescere ad un ritmo tutto sommato modesto rispetto alla crescita dei prezzi delle azioni, non ha danneggiato i mercati azionari. Uno sguardo ai contratti futures sui fondi federali mostra che il mercato sta attualmente scontando solo uno o due tagli quest’anno, ben lontani dai sei-sette tagli che gli investitori si aspettavano all’inizio del 2024. Per ora, i banchieri centrali sono in una fase verbale che dura da più mesi. La narrazione è spingere per far sapere ai mercati finanziari che i tagli dei tassi sperati probabilmente tarderanno a concretizzarsi.
Ciò non vuol dire che i tagli dei tassi non arriveranno affatto, ma sembra improbabile che la Fed si muoverà in modo aggressivo. Il ritmo della disinflazione sembra sostanzialmente in fase di stallo, ma stimiamo che l’inflazione dell’indice dei prezzi al consumo diminuirà man mano che ci avviciniamo alla fine dell’estate e all’autunno, consentendo due tagli quest’anno.
Successivamente, nel 2025, riteniamo invece possibile che ci possa essere un solo taglio, il che porterebbe il tasso obiettivo dei fondi federali nell’intervallo compreso tra il 4,5% e il 4,75% entro la fine del prossimo anno.
In questo scenario, ci sono un paio di implicazioni per gli investitori. In primo luogo, quelli che hanno investito in CD devono tenere presente che probabilmente otterranno tassi di interesse più bassi quando andranno a rinnovare i loro CD. Con il calo dei tassi, è improbabile che il rendimento derivante dal mantenimento dei risparmi in CD tenga il passo con l’inflazione dei prezzi in settori come l’istruzione e l’assistenza sanitaria. Pertanto, è improbabile che i CD sostituiscano altri investimenti in un portafoglio a lungo termine.
In secondo luogo, considerando le scadenze da 5 a 30 anni, i rendimenti sono quasi gli stessi. Non vediamo quindi attualmente gli investitori pagati per assumersi il rischio di scadenze più lunghe. Questo non significa che no si possa allungare la duration in modo opportunistico.